Sapir Englard
Non mi fu difficile trovarla; l'allettante profumo di Sienna era come un faro che mi indicava la sua direzione.
Raggiunsi il bagno delle donne e stavo per aprire la porta quando la sentii gemere. Il suono era pieno di così tanto bisogno e frustrazione che sapevo esattamente cosa stesse desiderando.
Sienna non aveva ancora trovato un partner per la stagione.
Imprecai sottovoce, aprii la porta ed entrai.
Che cazzo sto facendo? Questa è una cattiva idea.
Lei doveva avermi sentito entrare perché si era fatta improvvisamente molto silenziosa. Il suo profumo da acquolina in bocca mi avvolse e quando parlai la mia voce era tesa e profonda.
"Posso sentire la tua eccitazione, donna".
Lei non rispose. La sua mitezza mi fece venire voglia di buttare giù la porta del bagno, ma repressi l'istinto.
Se fosse stata una sottomessa, non sarebbe stata bene con il mio tipo di aggressività.
Dovevo scegliere con cura le parole, così, con tono casuale e divertito le dissi: "Il calore può colpirti nei posti più imprevedibili".
Mi aspettavo che dicesse qualcosa di educato per cercare di placare il grande e cattivo Alfa. Invece sbottò: "Che vuoi dire?"
Sbattei le palpebre, le orecchie del mio lupo interiore si drizzarono per lo stupore. Non era una sottomessa, dopotutto. Perché nessuno, nemmeno un pazzo in calore, mi avrebbe mai parlato in quel modo. Semplicemente non ne avrebbero avute le palle.
Ancora più incuriosito, decisi di testare le acque con un approccio diverso. "Allora, donna? Perché non fai qualcosa a riguardo?" Le dissi severo.
Doveva aver sentito il comando nella mia voce, il tono che usavo con i miei subordinati quando esigevo rispetto.
La domanda successiva era: come avrebbe reagito? Si sarebbe ritirata? Mi avrebbe sfidato? O avrebbe perso la calma in presenza del suo Alfa?
Ebbi la mia risposta. "Cosa ti dà il diritto di parlarmi in quel modo?" Sibilò. "Entrare nel bagno delle donne e dirmi come devo comportarmi? Chi diavolo ti credi di essere?"
Non appena mi sfidò, il calore mi inghiottì completamente, consumandomi interamente, mandandomi in fiamme la pelle, sparandomi elettricità nelle vene, facendomi gonfiare l'uccello così tanto che pensai mi sarebbe esploso.
I momenti successivi furono di confusione totale. Un momento prima la porta del cubicolo era lì, quello dopo era stata scardinata e Sienna era seduta di fronte a me, gli occhi spalancati e le gambe rivolte all'interno.
Era così bella, con gli occhi blu fiammeggianti, la pelle liscia e madida di sudore, i capelli che le incorniciavano lo splendido viso.
Quando mi uscirono le parole, erano tese e grondanti di desiderio per lei. "Chi penso di essere?" Le chiesi, osservandola da capo a piedi, la mia compagna. "Hai bisogno che te lo ricordi?"
Non avevo bisogno di annusarla per sapere che il suo calore era tornato in piene forze; lo sentivo in ogni fibra del mio essere.
Era affamata di ciò che voleva così tanto, ciò di cui aveva bisogno e che io volevo darle, per soddisfare la sua fame.
Entrai nel bagno come se fossi in trance. Lei ansimò e balbettò: "C-cosa stai facendo?"
"Tu sai chi sono", le dissi, facendo un altro passo, il mio bisogno di lei era quasi insopportabile. "Dillo".
Sienna deglutì a fatica. "Tu sei... l'Alfa".
Ringhiai. In quel momento, l'ultima cosa che avrei voluto era essere il suo Alfa, il suo superiore, il suo capo. Lì, con lei, avrei voluto solo essere il suo compagno.
"Il mio nome".
Lei scosse la testa, gli occhi spalancati, poi cercò di scansarmi per uscire dal cubicolo, ma io alzai le braccia e le bloccai l'uscita.
Io ero in calore. Lei era in calore. Non era una sottomessa. Avrebbe potuto gestirlo. Allora perché stava scappando dai suoi desideri, dai suoi istinti?
"Di cosa hai paura?" Le chiesi.
Lei cercò di allontanarmi una mano e quel piccolo tocco fu sufficiente a far gonfiare ancora di più il mio calore. Le afferrai istintivamente il polso.
"Ti prego... lasciami andare".
La sua voce tremante attraversò il mio desiderio. Per qualche ragione stava combattendo, ci stava negando il piacere e la liberazione che entrambi ovviamente bramavamo.
Rapidamente, persi ogni grammo di pazienza. "Osi dare ordini al tuo Alfa?" Ringhiai.
"Ho detto per favore, no?" Ribatté lei.
Era vero. Aveva detto per favore. Mi aveva implorato di lasciarla andare. Ma il desiderio nei suoi occhi mi attirava come un fiume in piena.
Per l'amor del cielo, avrei dovuto darmi una calmata, ma ero così affamato, avevo bisogno di assaggiarla, solo di un dannato assaggio.
Provai a prendere fiato, ma fu una cattiva idea. Sentii l'odore dei suoi succhi sulle sue dita, che probabilmente erano state dentro di lei prima che io interrompessi.
Come in un sogno, le presi la mano ancora umida e me la portai al naso, poi inspirai a fondo quell'odore. Il mio calore per poco non implose.
Mi ritrovai a mormorare: "Stavi..."
Lei se ne accorse in fretta. "Cercando di occuparmene. Come hai detto tu".
"Perché, quando un uomo può fare molto di più?" Le chiesi, il calore completamente al comando mentre i miei occhi scendevano sulla sua bocca. L'aprì e come se non potesse farne a meno... gemette.
Sarò anche un Alfa, ma quel gemito mi ridusse a semplice uomo.
Non sarei riuscito a sopportare oltre. Avere la mia compagna a pochi centimetri di distanza, eccitata e in calore, senza poter fare nulla per alleviare la sua fame e anche la mia, mi faceva uscire fuori di testa.
In un lampo, l'immobilizzai contro la parete del bagno. Mi avvolse le gambe intorno alla vita senza esitare.
Mi spinsi più vicino a lei, ingabbiandola tra il mio petto e il muro, poi poggiai il mio rigonfiamento doloroso contro le sue gambe aperte, ringhiando profondamente di petto.
Lei lottò contro la mia presa, non per allontanarsi ma per evitare di cedere. Non potevo permetterlo.
I suoi occhi erano pieni di piacere puro, volevo che lo accettasse.
Che soccombesse a esso.
La mia mente si spense. I miei pensieri erano scomparsi da tempo. Facevo fatica a mettere a fuoco.
Tutto ciò che riuscivo a vedere era un punto tra il suo collo e la spalla, quella pelle delicata ed esposta, che si prendeva gioco di me, chiedendomi di reclamarla.
Premetti le labbra su quel punto dolcissimo e leccai assaporando ogni goccia salata del suo sudore come se potesse placare la mia sete di lei.
Disse qualcosa, ma era così senza fiato e io così concentrato che mi sfuggì.
Spinsi la mia erezione rigida contro la sua biancheria umida ed entrambi ansimammo.
Le mie mani sembravano avere vita propria e si spostavano dal polso giù per i lati del suo corpo lussurioso, fino sotto al vestito, fino a raggiungere la pelle morbida del suo fondoschiena.
Cominciò a spingere contro di me e mi cinse il collo con le braccia, come se non potesse più controllarsi.
Era esattamente dove volevo che fosse, esattamente come volevo che fosse e sorrisi soddisfatto.
Era alla mercé del calore, lo eravamo entrambi; lei non poteva più negarlo e io stavo per...
Il suo improvviso ringhio furioso mi fece sbattere le palpebre, mi si schiarì abbastanza la vista da farmi rendere conto che non stava più spingendo contro di me, tra le mie braccia, ma si contorceva come se volesse porre fine a quelle sensazioni travolgenti.
Tuttavia, il suo calore era implacabile.
"Qual è il problema, donna?" Le chiesi, con un leggero ringhio nella voce, frustrato ma divertito dalle sue buffonate.
Lei mi guardò male. "Lasciami", disse, stringendo i denti. "Questa volta dico sul serio".
"Sei sicura?" Chiesi, premendomi di nuovo contro di lei.
Sembrava essere visibilmente combattuta. "So che sei l'Alfa. So che dovrei sottomettermi. Ma..."
"Non lo farai", finii io per lei, un sorriso si fece strada sulle mie labbra, senza il mio consenso. "Lo so. È questo che mi piace".
Il modo in cui mi sfidava era come un gioco. Uno in cui lei era maledettamente brava. Avevo decisamente trovato un'avversaria in Sienna.
Lei si accigliò, insicura, così capii che il momento era passato.
Anche se il calore mi stava ancora cavalcando con forza e il lupo interiore mi stava implorando di prenderla, un istinto ancora più primordiale mi disse che mi sarei dovuto tirare indietro.
Così mi allontanai, sopprimendo la mia fame disperata, poi aprii la porta, gesticolando verso l'uscita libera.
Potevo aver perso quel round, ma non avevamo ancora finito. Neanche per sogno. E quando lei catturò il mio sguardo per un breve momento, mi assicurai che lo vedesse nei miei occhi.
Abbassò lo sguardo un istante dopo, pudica come la sottomessa che mi aveva quasi fatto credere di essere.
Faceva tutto parte del suo gioco, aveva l'Alfa in pugno, ero stato lasciato lì a desiderare di più e da quel momento in poi non avrei pensato ad altro che al suo profumo, al suo sapore, al suo tocco.
La guardai andare via e il mio lupo interiore ringhiò. Sentivo la sua assenza ancora più di prima e non avevamo nemmeno finito quello che eravamo venuti a fare.
Contrariamente a quello che poteva pensare, non mi sarei mai imposto su di lei. Non le avrei mai fatto del male. Aveva voluto andarsene e le era stata data una via d'uscita. Anche se il suo calore raccontava una storia diversa.
Ma non era solo il sesso che il mio lupo interiore desiderava maggiormente. La nostra compagna era senza marchio, in pericolo di essere reclamata da un altro.
Il calore era troppo forte e la stagione degli accoppiamenti avrebbe fatto uscire i lupi in massa, tutti desiderosi di farla propria.
Ogni mio istinto primitivo mi spingeva a fare l'unico gesto che avrebbe protetto la mia compagna.
Marchiarla.