Il CEO - Copertina

Il CEO

Jessica Morel

Hai bisogno di respirare

DOMINIC

"Cosa ci facciamo ancora qui?" Chiedo. Di solito noi quattro frequentiamo il locale di mio fratello, Pensieri Sporchi, ma stasera Luke ha insistito per fare le cose in 'maniera convenzionale'.

I miei amici non mi rispondono. Eric è già al bar a chiacchierare con una bionda vestita in modo vivace e Matt e Luke gli sono subito dietro.

"Luke!" Lo chiamo e il mio migliore amico si gira verso di me con un'alzata di spalle. "Che ci facciamo qui?" Ripeto.

"Te l'ho già detto. Che divertimento c'è al locale di Mitch senza le ragazze che ci piacciono davvero? L'hai detto tu stesso che le sottane lì stavano diventando stantie".

"E tu pensi che qui troverò una sottomessa?" Lo interrogo.

"Forse incontrerai solo una bella ragazza", suggerisce.

Alzo gli occhi al cielo. Ne dubito. Nessuna "brava ragazza" potrebbe mai essere sufficiente a soddisfare le mie pulsioni selvagge e dominanti: ecco perché sono stato un assiduo frequentatore del club di mio fratello per tutta la mia vita adulta.

"Senti", dice, "se non altro cambiare la routine sarà una buona distrazione. Stai praticamente impazzendo con questa storia della fusione con la Roberts Enterprises. Ti meriti una serata libera".

"E va bene", sospiro. "Farò il bravo. Ma mi lamenterò comunque".

"Non mi aspettavo nulla di diverso", mi risponde Luke con un sorriso.

Arriviamo al bar ed Eric si rivolge a noi con un sorriso da far paura: "Ragazzi, questa è Claudia". Avvolge un braccio intorno alla vita della bionda e aggiunge: "e ha tre amiche".

Certo che le ha.

Eric affascina Claudia a sufficienza da far sì che ci conduca al suo tavolo per presentarcele. Ordino un whisky: ho la sensazione che ne avrò bisogno se dovrò passare la serata a chiacchierare con ragazze semplici e vanitose in un esperimento destinato a fallire.

Poi raggiungo i miei amici giusto in tempo per vedere che si sono già organizzati in coppie.

I miei occhi scorrono sulle ragazze sedute nel separé: una brunetta dall'aria timida, una rossa focosa. Ma la mia attenzione si ferma sulla bionda nell'angolo, con lo sguardo perso nel vuoto.

Mi ritrovo a voler sapere cosa le passa per la testa.

Parliamo, facciamo le presentazioni, ci fissiamo intensamente negli occhi: non so cosa ci sia in questa ragazza che mi attrae così tanto, ma il magnetismo è innegabile.

Prendi il controllo della situazione, ordino a me stesso. ~Sii dominanti ma non prepotente. Chiedile di ballare. Stringerla a te dovrebbe bastare a soddisfare il tuo desiderio.~

Scarlett cerca di discutere, ma io non accetto un no come risposta. Sulla pista da ballo, tenendola stretta a me, contro ogni previsione, mi ritrovo a desiderare una serata alla 'vaniglia' con questa ragazza.

Quando la sua amica chiama, la conduco all'ingresso del locale, pronto ad assicurarmi che torni a casa sana e salva.

Le darò il mio numero. Forse potrei chiederle un appuntamento prima di...

I miei pensieri sono interrotti da delle labbra: le labbra di Scarlett contro le mie. Quando le sue braccia mi avvolgono il collo, la sollevo senza sforzo e tutte le mie migliori intenzioni svaniscono. Non la lascerò andare a casa da sola.

***

Faccio scivolare Scarlett nella limousine che mi aspetta senza interrompere il bacio, facendo segno al mio autista Rob con la mano libera. Lui si allontana dal marciapiede senza fare commenti.

Premo il pulsante per il divisorio, una piccola tenda nera di privacy. Di solito non mi ritroverei a limonare nel retro di una limousine: di solito la mia accompagnatrice, la mia sottomessa, dovrebbe guadagnarsi questo privilegio, e il viaggio verso a casa sarebbe pieno di suppliche e rifiuti.

Invece non riesco a staccarmi da Scarlett. L'idea di deluderla, di staccarmi e di vedere il suo viso rattristarsi, mi spinge a baciarla con ancora più passione.

Il fatto che sia entrata all'interno della limousine con le gambe avvolte intorno alla mia vita significa che al momento mi è seduta direttamente sul cazzo e che sta strusciando la sua figa su di me. Quando raggiungiamo il mio appartamento, ce l'ho già duro come una roccia e un'erezione enorme nei pantaloni.

Lasciamo la limousine ancora avvinghiati l'uno all'altra e prendiamo l'ascensore privato che porta al mio appartamento. "Via i jeans", le ordino a metà bacio mentre le porte dell'ascensore si aprono per rivelare il mio attico.

"Eh?" Mi fissa, confusa.

La prendo in braccio in stile sposa, la porto in camera da letto e la posiziono non troppo delicatamente al centro del letto.

"Se non vuoi che te li strappi. Via i jeans... per favore". Mi turba dirle "per favore" in un momento come questo: di solito le sottomesse implorano e i dominanti comandano.

La vista successiva mi fa stringere i pugni per evitare di venire direttamente nei miei calzoni. Si sbottona i jeans prima di girarsi e mettersi a quattro zampe per farli scivolare sul sedere, rivelando un perizoma nero e un sedere davvero da schiaffi.

Oh, cosa farei a una delle mie sottomesse per avermi stuzzicato in questo modo. Ma Scarlett non è una sottomessa: è abituata alle cose in maniera convenzionale e non voglio spaventarla.

"Nic?" La voce di Scarlett interrompe il mio monologo interiore, e quando i miei occhi tornano a concentrarsi, mi dimentico della frustrazione che avrei potuto provare.

Steso sul mio letto, c'è un regalo da scartare: e io sono bravo a farlo. Per prima cosa, mi sfilo la giacca e mi tolgo la cravatta dal collo. Poi, lasciandoli entrambi sul pavimento, striscio tra le sue gambe e faccio scorrere le mani sulle sue cosce ormai nude.

Afferro la parte inferiore del suo top e lo strappo. Scarlett sussulta. La stoffa si strappa a metà senza sforzo, rivelando un reggiseno rosso a pois. Quel reggiseno non aspetta altro che fare la stessa fine del suo top.

Tiro con forza, e una delle coppe si strappa quasi a metà, mettendo a nudo un seno della grandezza del palmo di una mano. Capendo che non mi fermerò, Scarlett mi mette una mano sul petto, spingendomi all'indietro mentre allunga l'altra dietro la schiena per slacciarsi il reggiseno e farlo cadere per terra.

"Perfetto", dico, prendendole entrambi i seni nelle mani. "Così fottutamente perfetto".

"Nic, io..." Prova a interrompermi Scarlett.

"Lo so, è bellissimo". Le massaggio il seno, titillandole delicatamente i capezzoli. Il mio lato dominante è eccitato all'idea di scoprire se sia in grado di sopportare il tocco del dolore, e con mia grande gioia la vedo gemere e inarcarsi nel mio tocco. "So di cosa hai bisogno".

Mentre le mie mani sono su di lei, ~le sue ~mani sono su di me. È una sensazione insolita. Non riesco a ricordare l'ultima volta che ho fatto sesso con qualcuna che non fosse legata.

Le sue mani mi esplorano la schiena, tirandomi più vicino a sé. Mi afferrano e mi stringono sotto la camicia. La immagino ammanettata alla testiera del letto, incapace di esplorarmi così liberamente. Vulnerabile e alla mia completa mercé.

Poi prendo un respiro profondo, lasciando andare i miei pensieri dominanti: restiamo nel mondo della vaniglia. Lo stiamo facendo in maniera tradizionale.

Le bacio il ventre mentre le sue mani avventurose mi si spostano tra i capelli. Le sue dita mi premono sul cuoio capelluto e di tanto in tanto sento che mi tirano le ciocche. Ringhio per la sensazione che provo, inaspettata ma non sgradita.

Inizia a spingermi la testa verso il basso e io lo faccio volentieri, senza preoccuparmi più del fatto che non sia una mia decisione: in ogni caso, quando annuso il tessuto rosso del suo perizoma e sento l'odore della sua eccitazione, non vorrei essere in nessun altro posto al mondo.

Le mie mani afferrano i lati dei suoi slip, strappandoli in due e facendola sussultare.

Poi le sfugge una risatina dalle labbra. "Indossi più vestiti di me", afferma. Alzo lo sguardo e vedo che mi sta sorridendo con un sopracciglio sollevato.

Così mi siedo sui talloni e fissò la sua splendida forma nuda, cominciando a sbottonarmi lentamente la camicia.

Lei geme.

"Problemi?" Chiedo.

"Non puoi andare più veloce?"

Rido. "Pazienza, tesoro. Le cose belle arrivano a chi sa aspettare".

Mi tolgo la camicia per poi alzarmi e abbassarmi i pantaloni. Scarlett è pronta e in attesa, i suoi occhi fissano senza vergogna la mia erezione. Si muove per mettersi in una posizione migliore e allunga una mano verso di me.

"No", la avverto, allontanandomi. "È ancora il tuo turno".

"Mio? Cosa? Oh!" Grida quando le mie dita le passano sul clitoride. È bagnata, anzi, sta gocciolando. I suoi grugniti di piacere mi spronano. Inserisco un dito e la sua mano mi si aggrappa a una spalla. "Oh, Dio!"

Mi lecco le dita prima di inserirgliele dentro un'altra volta, e, buon Dio, quasi vengo solo al sapore che sento sulla lingua. "Nic, io... Cosa... Ah..." Mette insieme una serie di parole formulando una frase senza senso.

"Hai un sapore fantastico", le sussurro, assaporando il suo gusto dolce-salato sulla mia lingua.

Poi passo dalle dita alle labbra, e inizio a baciarle le pieghe umide della figa. Dopo averla stuzzicata per un po', ringhio contro di lei e sento i suoi gemiti diventare sempre più forti, inserendole tutta la lingua dentro e facendola venire.

Il suo corpo si scuote, liberando l'orgasmo che aveva accumulato, cosa che per un momento mi spaventa, costringendomi a tornare alla realtà della situazione: non le avevo dato il permesso di venire. E lei non me lo aveva chiesto. Non mi aveva implorato.

È… semplicemente... venuta.

Questo è il sesso alla vaniglia, ricordo a me stesso.

"Nic?" La voce di Scarlett mi riporta indietro. "È tutto..."

"Sono pulito", dico, interrompendola.

"Come?" Chiede lei, chiaramente sorpresa.

"Mi sono fatto gli esami, sono sano", chiarisco.

"Oh, giusto. Anch'io".

"Posso?" Realizzo di desiderarne di più: di voler prendere tutto quello che posso da lei.

"Cosa?"

"Niente preservativo", chiarisco, "soli io e te".

Scarlett mi prende il viso tra le mani e me lo avvicina al suo. Le sue labbra si impadroniscono delle mie in un bacio appassionato.

"Fallo", mi sussurra contro le labbra. Così le entro dentro, senza bisogno di ulteriori incoraggiamenti, inghiottendo il suo sussulto con un altro bacio.

Il mio unico pensiero è compiacerla. Soddisfarla. Le sue mani mi esplorano ancora una volta, e le sue unghie mi scorrono sulla schiena mentre trovo il mio ritmo: questa volta le sue mani avventurose non mi danno fastidio, anzi, le apprezzo.

Scendo con le mie dita sulle sue pieghe, giocherellandoci e stuzzicandole mentre pompo dentro e fuori, mentre Scarlett mi bacia sul collo. Tra le sue mani, i suoi baci e la sua figa stretta intorno alla mia erezione, sono a pochi secondi dall'esplodere.

"Devo venirti fuori?" Chiedo, cercando di non rompere l'atmosfera.

"Prendo la pillola", mi risponde lei ansimando.

Il mio cazzo si muove dentro e fuori ancora un paio di volte, prima di sentire le sue pareti interne stringerglisi intorno con forza: emette un urlo e viene di nuovo. Mi stacco pochi secondi dopo.

Mi lascio cadere, appiattendo il mio corpo sul suo, soddisfatto e spossato.

"Adesso dovrei andarmene. Giusto?" Dice Scarlett dopo un breve silenzio post-coitale.

"Andartene?" Gli faccio eco. Credo che quell'orgasmo mi abbia fatto saltare il cervello. Si dimena come se volesse sedersi e io mi aggrappo a lei più forte. "Resta", ringhio. È tutto quello che riesco a fare per evitare di aggiungere la parola "schiava" al mio comando.

Si blocca e mi chiedo se ho esagerato. Ma poi si affloscia, tornando a rilassarsi tra le mie braccia. "Ok", dice assonnata.

È troppo bello vederla obbedire a un ordine, anche semplice come questo.

Potrei essere nei guai.

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