
Durante il viaggio di ritorno al mio appartamento, rimasi in silenzio. Dopo l'iniziale gioia di rivedere Jonathan, ripensai a come se ne fosse andato senza dirmi nulla.
Mi tornò in mente l'ansia che mi aveva quasi paralizzata. Se Peter non mi avesse offerto da bere, sarei stata proprio in crisi.
Me ne stavo rigida sul sedile, braccia incrociate, lo sguardo fisso fuori dal finestrino.
«Sei silenziosa oggi», disse Jonathan preoccupato. «C'è qualcosa che non va?»
Non risposi. Ero arrabbiata con lui e volevo che lo capisse. Sapevo di comportarmi in modo infantile non parlandogli, ma non m'importava.
Il mal di testa mi rendeva ancora più scontrosa. Non credevo di aver bevuto così tanto la sera prima da sentirmi così male. Ma non avevo mai toccato alcolici prima.
«Ce l'hai con me?» chiese con dolcezza dopo il mio silenzio.
Continuai a tenere la bocca chiusa, guardando fuori dal finestrino.
«Rosalie, mi dispiace», disse sinceramente guardandomi prima di tornare a fissare la strada.
«Mia madre ha preso troppe pillole per dormire e mi sono spaventato. Non ho pensato di avvisarti prima di andarmene e ho fatto male il mio lavoro di bodyguard. Mi dispiace davvero».
Stavo per guardarlo, ma qualcosa mi trattenne dall'accettare le sue scuse. Invece, chiesi solo: «Come sta tua madre? Si è ripresa?»
«Sì, ora sta bene. L'hanno dimessa dall'ospedale stamattina senza problemi».
«Sono contenta», dissi, tornando in silenzio.
Arrivammo all'appartamento e scesi troppo in fretta dalla macchina. Mi girava la testa e dovetti aggrapparmi allo sportello per non cadere.
Aspettai che le vertigini passassero e la vista tornasse a posto.
Jonathan mi si avvicinò e mi prese per il gomito. «Stai bene? Cosa c'è che non va?»
«Niente». Mi sottrassi al suo tocco ed entrai nell'appartamento. Lo sentii sospirare dietro di me, ma feci finta di niente.
Una volta chiusa la porta, mi raggiunse rapidamente e mi afferrò il braccio, fermandomi. «Rosalie. Ti ho chiesto scusa. Ti prego, dimmi qualcosa. Il tuo silenzio mi sta facendo impazzire».
Mi voltai e dissi arrabbiata: «Sono ancora arrabbiata con te. Mi hai lasciata completamente sola a cavarmela da sola. Se Peter non fosse stato così gentile con me, non so cosa avrei fatto».
I suoi occhi si strinsero quando nominai Peter, ma continuai a parlare.
«Stavo quasi per chiamare mio padre per farmi mandare un autista che mi riportasse a casa così non sarei dovuta restare sola in un appartamento vuoto. Ma non l'ho fatto perché non volevo che mio padre mi assegnasse un nuovo bodyguard al posto tuo».
Gli occhi mi si riempirono di lacrime che minacciavano di cadere. Cercai disperatamente di non battere le palpebre per non farle scendere.
Jonathan mi attirò a sé, circondandomi la vita con un braccio e premendomi la testa contro il suo petto forte e rassicurante con l'altra mano. Potevo sentire il suo cuore battere forte contro il mio orecchio mentre le mie mani stringevano la sua camicia.
«Non voglio un altro bodyguard, solo te», mormorai contro il suo petto.
All'improvviso, senza preavviso, mi lasciò andare. Le sue mani salirono a prendermi il viso mentre le sue labbra si schiantavano sulle mie sorprese.
Sgranai gli occhi per lo shock mentre le mie dita stringevano più forte la sua camicia.
Superata la sorpresa iniziale, cominciai a concentrarmi su ciò che stava facendo alle mie labbra. Sentii un turbinio di emozioni agitarsi nel mio stomaco mentre mi rilassavo contro di lui.
Le uniche cose che mi tenevano in piedi erano le mie mani sulla sua camicia, e anche quelle stavano iniziando a cedere.
Emisi un piccolo gemito mentre continuava a baciarmi, assaporando le mie labbra. Mi morse delicatamente il labbro inferiore prima di avvolgerlo con le sue labbra, giocandoci ancora con la lingua.
Non riuscivo a respirare mentre mi rubava tutto l'ossigeno, ma non m'importava. Era tutto così bello che non volevo che finisse.
Stavo baciando Rosalie con passione finché lei sussurrò dolcemente: «Jonathan».
Al suono del mio nome, mi fermai e mi allontanai. Le sue labbra erano rosse e gonfie, ancora socchiuse come se desiderasse che continuassi a baciarla.
Spesso perdo la testa quando le sono vicino. Agisco d'istinto e ci rifletto solo dopo.
L'avevo appena baciata con intensità. I miei baci e le mie relazioni precedenti erano stati superficiali, ma questo era tutt'altra cosa.
Mi terrorizzava.
La lasciai andare. I suoi occhi castani mi guardavano con vulnerabilità. Sembrava fragile e mi faceva venir voglia di stringerla di nuovo.
Non lo feci e me ne andai senza dire nulla.
Sapevo che avrei dovuto sentirmi in colpa per averla baciata, vista la sua innocenza, ma non provavo alcun rimorso.
Mi sentivo una persona orribile per non essere pentito. Come potevo esserlo quando volevo rifarlo? Anche se sapevo che non avrei dovuto.
Dopo, cercai di evitarla per tutto il giorno. Se era in cucina, andavo in soggiorno; se era in soggiorno, mi rifugiavo in camera o uscivo a prendere una boccata d'aria.
Finalmente arrivò la sera e mi sentii sollevato - starle lontano era estenuante. Non pensavo di poter resistere ancora a lungo.
. . Jonathan mi aveva evitato per tutto il giorno dopo avermi baciata. Era riuscito a tenersi alla larga da me persino in questo spazio ristretto.
Ho fatto finta di niente e ho cercato di comportarmi normalmente, come se il suo ignorarmi non mi desse fastidio. Ma dentro di me ero molto triste. Mi sentivo completamente rifiutata.
Faceva male quando si allontanava, come se pensasse che baciarmi fosse stato un grosso errore da non ripetere, qualcosa di cui si pentiva o che voleva evitare a tutti i costi.
Ora, mentre ero a letto, mi chiedevo se avremmo continuato a trattarci così - come due perfetti sconosciuti - d'ora in avanti.
Ma questa situazione era persino peggiore che essere estranei; almeno in quel caso non ci sarebbe stato tutto questo imbarazzo. Lui si stava impegnando così tanto per starmi alla larga.
Ho sospirato pensando ai vari modi in cui avrebbe potuto comportarsi la mattina dopo. Anche se non mi piaceva come si stava comportando ora, non volevo comunque prendere in considerazione l'idea di cambiare guardia del corpo.
Mi sono addormentata prima di poter rimuginare ulteriormente sul nostro problema.