
"Grazie", sussurrai guardandolo.
"Per cosa?" chiese lui, aggrottando le sopracciglia e voltandosi verso di me.
Avevamo appena finito di cenare e Gio e io eravamo in camera sua, lui sul letto e io seduta alla scrivania.
"Per esserti preso cura di me. Nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me da molto tempo", accennai un sorriso.
Lui mi fissò intensamente e annuì. "Non c'è di che. Se vuoi, posso accompagnarti a casa", si offrì, alzandosi per guardarmi.
Mi morsi il labbro mentre riflettevo. "Non voglio disturbare, quindi sì, per favore".
"Non stai disturbando e, dopo quello che hai visto, preferirei che rimanessi per la notte", obiettò lasciandomi perplessa.
"Allora perché chiedermelo?" domandai mentre lo guardavo entrare nella cabina armadio.
"Volevo lasciarti la possibilità di scegliere", spiegò porgendomi una delle sue magliette e dei pantaloni della tuta.
Mi morsi il labbro e annuii prima di entrare in bagno. Ridacchiai guardandomi allo specchio. I suoi vestiti sembravano volermi inghiottire.
La maglietta mi arrivava alle ginocchia e i pantaloni continuavano a cadere nonostante avessi arrotolato la parte superiore. Mi tolsi la tuta e mi affacciai timidamente alla porta.
Lui mi guardò mentre uscivo dal bagno. Mi scrutò lentamente da capo a piedi, mantenendo lo sguardo sulle mie gambe per un minuto prima che i suoi occhi si alzassero verso i miei.
"I pantaloni della tuta erano troppo grandi", borbottai, tendendo la mano per restituirglieli.
Lui annuì lentamente e li prese prima di riporli nella cabina armadio. Tornò fuori e mi fissò con curiosità.
"Hai intenzione di startene lì impalata?" mi chiese con un sorriso. Mi mancò il fiato a quella vista e, prima che potessi fermarmi, mi ritrovai in piedi di fronte a lui, a tracciare il contorno delle sue labbra.
"Dovresti sorridere di più", sussurrai. Alzai lentamente lo sguardo sul suo viso per notare che mi stava fissando con gli occhi spalancati.
"Non ho mai avuto un motivo per farlo prima", ammise, strofinandosi la nuca.
Annuii e il mio sguardo tornò alle sue labbra. Mise delicatamente le mani sui miei fianchi e mi avvicinò a lui prima di iniziare a sporgersi.
Avrei dovuto respingerlo e andare a letto, ma ovviamente la vita non era mai così semplice. Rabbrividii di piacere quando le nostre labbra si incontrarono muovendosi perfettamente in sincronia l'una con l'altra.
I miei occhi si allargarono al pensiero di Barbie Malibu e mi staccai dal bacio, allontanandomi da lui. Sembrava ferito, ma lo mascherò subito.
"Merda, merda, merda", borbottai sottovoce, passandomi una mano tra i capelli mentre camminavo su e giù davanti a lui.
"Cosa?" chiese, facendomi fermare.
"La tua ragazza", sbottai. Gemetti, non solo per quanto sembrassi gelosa, ma anche per quanto mi sentissi stupida. Probabilmente mi stava solo usando, soprattutto perché la sua fidanzata non era qui.
"Non è la mia ragazza", replicò a denti stretti.
"Allora cos'è per te, perché mi hai portato a un appuntamento e il giorno dopo la stavi baciando. O forse semplicemente non era un appuntamento e non avrei dovuto dare per scontato le cose".
"È questo che pensi?"
Lo guardai negli occhi e riuscii a vedere solo due emozioni: rabbia e dolore. Mi morsi di nuovo il labbro e abbassai lo sguardo.
"Non so cosa pensare".
"Come vuoi", sbuffò.
Sospirai e mi diressi lentamente verso il letto prima di sdraiarmi.
"Perché te ne vai?" gli chiesi mentre prendeva un cuscino e si avviava verso la porta.
"Perché ti interessa?"
Mi morsi il labbro e giocherellai con le dita.
"Ti prego, non andartene". Rabbrividii per quanto sembrassi bisognosa e alzai lentamente lo sguardo per vederlo in piedi sulla soglia.
"Bene". Gettò il cuscino sul pavimento e io lo fissai con gli occhi spalancati.
"Puoi dormire sul letto, sai".
"Preferisco dormire sul pavimento", rispose lui da terra.
"Allora perché chiedermelo?" domandò, alzandosi con un sorrisetto, sapendo dove la conversazione stava andando a parare.
"Volevo lasciarti la possibilità di scegliere", ridacchiai, scrollando le spalle mentre citavo le sue parole. Lui sorrise, scuotendo la testa, e si sdraiò accanto a me.
"Buonanotte, peperino", sussurrò, chiudendo gli occhi.
"Buonanotte, uomo di ghiaccio", risposi, riferendomi ai suoi occhi.
Sorrise, capendo, e io chiusi gli occhi, scivolando lentamente nel sonno.
"Oh, guardali".
Percepii un clic e un flash, ma tenni gli occhi chiusi. Gemetti e mi accoccolai sul cuscino. Sentii un altro clic e aprii lentamente le palpebre.
La mia testa era appoggiata al petto di Giovanni, i nostri piedi erano intrecciati e le sue braccia erano saldamente avvolte intorno alla mia vita.
"Gio", lo chiamai piano. I suoi genitori erano sulla porta con un cellulare e una macchina fotografica puntati su di noi. Lui grugnì e si strinse a me.
Sua madre strillò e scattò rapidamente una foto. Giovanni aprì gli occhi e cercò di allontanarsi, ma, dato che eravamo avvinghiati, cadde sul pavimento, portandomi con sé.
Gemette e mise le mani sui miei fianchi. Sentii un altro scatto prima che la porta si chiudesse.
"Mi dispiace tanto", mi scusai, cercando di alzarmi. La sua presa su di me si rafforzò, tenendomi sopra di lui.
"Non muoverti". Feci un cenno con il capo e lentamente appoggiai di nuovo la testa sul suo petto. Si irrigidì per un attimo, ma si rilassò subito.
"Grazie", sussurrai, alzando lo sguardo.
Lui aprì lentamente gli occhi e annuì.
Restammo a fissarci e non mi resi conto che ci stavamo avvicinando finché le nostre labbra non si incontrarono. Si tirò su a sedere senza interrompere il bacio e io gli passai le dita tra i capelli.
Sentii un altro scatto e mi irrigidii.
"E comunque, la colazione è pronta", ci informò sua madre prima di uscire di nuovo dalla stanza. Mi staccai da lui e mi morsi il labbro gonfio.
"Dobbiamo smetterla di farlo", sussurrai, sfiorandomi le labbra.
"Perché?"
"Perché hai una ragazza".
Si appoggiò al letto e ridacchiò senza allegria. "Te lo ripeto, non è la mia ragazza", ringhiò, passandosi una mano tra i capelli.
"Mi dispiace", sussurrai.
"Non importa. C'è uno spazzolino in bagno per te", disse entrando nella cabina armadio.
Mi morsi il labbro e mi infilai nel bagno per lavarmi i denti. Quando uscii lui entrò, chiudendosi la porta alle spalle.
Mi avvicinai al letto per notare che aveva lasciato dei vestiti per me. Una delle sue magliette e un paio di jeans che non potevano essere suoi.
Mi tolsi la maglia che indossavo e mi bloccai quando la porta del bagno si aprì.
Mi morsi il labbro e mi girai per vedere che mi stava squadrando da capo a piedi, fermandosi sul mio seno prima di incontrare i miei occhi. Trattenne il respiro e si avvicinò lentamente a me.
"Perché indossi il pizzo?" mi chiese piano, leccandosi le labbra.
"Mi… mi piace", balbettai, seguendo il movimento della sua lingua. Alzai lo sguardo verso i suoi occhi e mi accorsi che stava fissando la mia bocca.
Gemetti mentre cedevo al mio bisogno e avvolgevo le braccia intorno al suo collo, facendo incontrare di nuovo le nostre labbra. Sorrise contro la mia bocca e si chinò in avanti, posandomi delicatamente sul letto.
Trascinò con lentezza la mano verso il basso, fermandosi sulle mie mutandine. Mi leccò il labbro, chiedendomi di entrare, ma io glielo negai. Mugugnò, facendomi sorridere.
Tirò adagio i miei slip di lato prima di spingere un dito dentro di me. Io sussultai e lui ne approfittò per infilarmi la lingua tra le labbra.
Gemetti nella sua bocca mentre continuava a far scorrere il dito dentro e fuori e a sfregare lentamente il mio clitoride.
"Ragazzi, la vostra colazione si raffredda", ci avvisò la mamma di Gio dall'altro lato della porta.
"Arriviamo", gridò lui mentre ci staccavamo l'uno dall'altra.
Il mio viso bruciava e sapevo che era in fiamme mentre mi rivestivo velocemente. Lui uscì e io lo seguii in silenzio.
Mi sedetti a tavola, tenendo gli occhi sul cibo e iniziando a mangiare con calma. Alzando lentamente la testa, vidi che tutti mi stavano fissando.
"Sei rossa come un pomodoro, tesoro. Stai bene?" mi chiese sua madre con uno sguardo preoccupato.
Annuii con un rapido cenno e mi morsi il labbro mentre Giovanni cercava di trattenere una risata.
"GIO!" sentii una voce urlare. Vidi una bambina correre verso di lui e poi saltargli in braccio. La cameriera portò via i nostri piatti e io la ringraziai sottovoce.
Sua sorella sembrava la copia esatta di Giovanni, solo che i suoi capelli erano castani. Mi sorrise e io la ricambiai, accennando un saluto.
"È la tua ragazza? È molto carina", commentò guardandolo.
Mi morsi il labbro e scossi la testa. "Non sono la sua ragazza. Ma grazie. Anche tu sei molto carina".
Lei sorrise e fece in modo che lui la mettesse giù prima di correre da me e sedersi sulle mie ginocchia. Felice, appoggiò delicatamente la testa sul mio petto.
La abbracciai e alzai lo sguardo per vedere che tutti mi stavano sorridendo.
"Gio", sentii esclamare da un'altra voce. Mi bloccai quando riconobbi che era quella di Barbie Malibu.
Abbassai lo sguardo sulla bambina tra le mie braccia, sperando che il pavimento si aprisse e mi ingoiasse o che sparissi.
"Cosa ci fai qui?" ringhiò Giovanni. Avvertivo la rabbia e la tensione nella sua voce.
"Cosa ci fa lei qui?" replicò mentre sentivo il suo sguardo su di me.
Alzai lentamente gli occhi verso il suo viso mentre la sorellina di Gio si stringeva a me. Le accarezzai la schiena con dei cerchi rilassanti tenendo gli occhi puntati su Barbie.
"Hai rovinato la mia macchina", risposi con calma.
Lei fece una smorfia di soddisfazione e incrociò le braccia sul petto. "E?" mi schernì.
Iniziai a scuotere la gamba, facendo rimbalzare la piccola sulle mie ginocchia. Lei ridacchiò e cominciò a lanciare dei gridolini.
"Sai come ho avuto quella macchina?" chiesi piano nel tentativo di trattenere la rabbia.
Gio si avvicinò a sua sorella, ma lei si allontanò da lui, cercando di rimanere tra le mie braccia.
"Qualcosa che riguarda un fratello, ma d'altronde non mi interessa davvero", rispose Barbie guardandosi le unghie.
Mi alzai lentamente e mi diressi verso di lei. Vidi la paura che cominciava ad annebbiare i suoi occhi e indietreggiò come se temesse che la colpissi.
"Possiamo andare a vedere un film?" chiese sottovoce la sorellina di Gio. Abbassai lo sguardo su di lei e mi calmai un po'.
"Ogni volta che vedi questa bambina, faresti meglio ad adorarla, perché se non fosse per lei..." mi interruppi e scossi la testa.
"Come vuoi", concluse Barbie, cercando di fare finta di niente, ma con la paura ancora evidente nei suoi occhi.
"E se ti dà fastidio che io sia qui, dovresti seriamente dire al tuo ragazzo di tenere la bocca e le mani per sé", le sussurrai all'orecchio con un sorrisetto.
Mi allontanai ma mi fermai quando lei iniziò a urlare contro Giovanni.
Mi girai per vedere lui e i suoi genitori che mi fissavano con orgoglio, ma io mantenni lo sguardo su Gio, sentendomi vagamente fiera di me stessa.
Mi strinsi nelle spalle prima di voltarmi e lasciare che la sorellina di Gio mi guidasse in salotto. Allestii un fortino mentre lei sceglieva un film.
"Fatto", esclamammo contemporaneamente. Ridacchiammo mentre ci arrampicavamo sul fortino e iniziavamo a guardare il film.
Abbassai lo sguardo per vedere la testa della piccola sulle mie ginocchia e gli occhi chiusi mentre il suo respiro si regolarizzava.
Le baciai dolcemente la fronte e la spostai di lato, appoggiandole con delicatezza il capo su un cuscino e coprendola con una coperta.
"Grazie per esserti preso cura di mia sorella".
Scrollai le spalle e mi passai le dita tra i capelli. "È un tesoro", borbottai, tenendo gli occhi puntati sulla TV.
Mi mise delicatamente una mano sulla guancia e mi fece voltare per guardarlo. Mi morsi il labbro nervosamente mentre i nostri occhi si incontravano.
"Voglio davvero baciarti senza che tu ti allontani o che ci interrompano", mormorò avvicinandosi.
Il respiro mi si bloccò in gola e i miei occhi cominciarono ad abbassarsi sulle sue labbra.
"Io… non posso", balbettai, ritraendomi proprio mentre lui si chinava. Guardai il suo volto ferito prima che la rabbia prendesse il sopravvento.
"Come vuoi", borbottò irritato. Mi avvicinai alla sua mano, ma lui la allontanò e si accinse a uscire dal fortino.
"Dove stai andando?" chiesi piano, facendolo fermare.
Lo osservai mentre si voltava a guardarmi con occhi freddi e mi morsi il labbro, fissando il mio grembo, incapace di reggere l'intensità del suo sguardo.
"Perché ti interessa?" ringhiò prima di andarsene.
Un paio di secondi dopo, sobbalzai quando sentii la porta sbattere.
Mi si strinse il cuore, guardai la sorellina di Gio che piagnucolava e la tirai a me, coccolandola dolcemente per farla riaddormentare mentre lacrime silenziose scorrevano sulle mie guance.
"Stupidi sentimenti", mormorai cominciando ad addormentarmi anch'io.