Alfa ribelli - Copertina

Alfa ribelli

Renee Rose

Capitolo Sei

Jackson

Ho la pelle d’oca mentre mi dirigo verso la Range Rover, nel parcheggio ricoperto di pannelli solari. Alzo il naso al cielo e inspiro, ma l’unico odore che sento è quello dell’aria fresca del deserto in primavera.

La luna ammicca mentre la guardo, mi fa venire voglia di trasformarmi e dare la caccia a Kylie.

Raggiungo l’auto e mi fermo.

C’è una testa scura visibile nel sedile del passeggero della mia auto. So subito che è lei.

Il mio corpo si contrae, mettendosi in modalità di emergenza, pronto a mutare. Non so cosa pensare: qualcuno l’ha assassinata e messa là dentro. Oppure mi sta aspettando per ammazzarmi. Oppure si è suicidata e ha fatto in modo che trovassi il suo corpo.

So che è Kylie, e raggiungerla è una dannatissima emergenza. Apro la porta con violenza.

Non è morta. Non è neanche ferita. E non tiene una pistola in mano.

Tutto quello che trovo è un volto pallido e striato di lacrime, con due grandi occhi devastati.

Sollievo e furia si mescolano simultaneamente nelle mie vene. La tiro fuori dall’auto afferrandola per un polso e sbatto la portiera.

Non le sento addosso l’odore della paura, ma è mite, come se sapesse di meritarsi la mia ira. Ovviamente mi si è consegnata di sua spontanea volontà, il che non ha alcun senso logico, ma il lupo dentro di me approva.

“Gattina, devi essere pazza a presentarti qui stanotte.”

Una lacrima solitaria le solca il volto. Si morde il labbro e annuisce. “Sì. Sono pazza.”

“Hai trenta secondi per spiegarti.” Non mi aspetto che abbia una spiegazione da darmi – non riesco ad immaginare nulla che possa giustificare il suo comportamento – ma ho bisogno di sentire quello che ha da dire al riguardo.

“Quando sono tornata a casa ieri sera, mia nonna era scomparsa. L’avevano presa.” Altre lacrime salgono a inumidire i suoi bellissimi occhi e il loro odore fa qualcosa al mio lupo. Ogni cellula del mio corpo mi grida di proteggerla, di sistemare qualsiasi cosa l’abbia fatta piangere. “Mi hanno chiamata e una voce modificata al computer ha detto che avrei dovuto fare quello che mi avevano ordinato.” Altre due lacrime le scendono sulle guance.

Sono pronto a fare a brandelli questi fottuti stronzi con i denti. Non avrei neanche bisogno di mutare forma per farlo.

“Memé è tutto quello che ho. Stupida che sono. Ho pensato che me l’avrebbero restituita se avessi installato il codice. Ma sono sicura che sia morta. Sono del tutto pronta ad assumermi la colpa del crollo della SeCure. Mi spiace, Jackson. Ti ho ingannato, ma farò qualsiasi cosa per aiutarti a rimediare al danno. So che non hai nessun motivo di credermi. So che hai ancora meno ragioni per fidarti di me. Ma sono qui. Mi sto offrendo a te.” Mi porge i polsi come se potessi ammanettarla. “Chiama la polizia, se vuoi. Ma sai che ti sono più utile fuori dalla galera. E sono dannatamente sicura che voglio fargliela pagare per quello che hanno fatto a…” Il suo volto si contrae in una smorfia, e io sono inerme. Non posso fare altro che tirarla contro il mio petto.

La perfetta sensazione del suo corpo attaccato al mio placa il lupo.

“Può darsi che non sia morta.”

Kylie stringe in pugno la stoffa della mia camicia mentre le sue lacrime scendono implacabili. “Perché dovrebbero tenerla in vita?” chiede con voce strozzata.

L’odore della sua angoscia mi ammazza. Ha ragione. Probabilmente sua nonna è morta.

“Entra in macchina,” le dico, più brusco di quanto vorrei. Apro la portiera. “Sei mia prigioniera fino a che non risolveremo questa faccenda. Non te ne andrai dalla villa. Non farai altro che mangiare, dormire e rintracciare questo fottuto codice per fermarlo. Siamo intesi?”

Lei annuisce e si siede al posto del passeggero. “Sì, signore,” sussurra. Sembra così disperata e sperduta, ma il mio lupo prende comunque la sua obbedienza come una vittoria.

Mia.

È tornata da me. Me ne posso occupare. La posso punire.

Mia.

***

Kylie

Jackson non parla mentre guida in direzione della sua villa. Non posso credere che non abbia optato per mettermi una mano attorno al collo e stringere. O per chiamare la polizia.

Però è arrabbiato. Percepisco la sua furia, che ribolle a fuoco lento sotto un controllo misurato e precario. Ma questo non gli ha impedito di abbracciarmi stretta al suo petto e lasciarmi piangere sulla sua camicia.

Avevo ragione a voler restare in città. È la prima decisione giusta che ho preso dopo tanto tempo.

Non mi sono mai fidata di nessuno se non dei miei famigliari prima d’ora, ma qualcosa in Jackson King continua a farmi tornare da lui, mettendo le mie insicurezze alla porta e offrendo me stessa su un piatto d’argento. È una follia.

Perché adesso ha davvero la mia vita nelle sue mani. Sarebbe stato così facile per lui consegnarmi alla polizia. Avrebbe potuto perorare una causa a prova di bomba contro di me. E forse è proprio quello che farà, dopo che l’avrò aiutato a isolare i dati infetti.

Ma in qualche modo non lo credo veramente. Jackson mi sembra la salvezza. Come una casa. L’opposto della profonda solitudine che ho provato percorrendo Congress Street e pensando al mio futuro.

“Grazie,” dico con voce roca.

Lui volta il suo sguardo serio verso di me. “Sono contento che tu sia tornata.”

“Mi credi?”

“Mio malgrado, sì. Ti credo.”

Mi metto comoda contro lo schienale del sedile, esausta ma sollevata. “Farò qualsiasi cosa per aiutare. Non avrò tregua fino a che non avrò sistemato tutto. Ok? Te lo prometto.”

Lui allunga una mano e mi accarezza la guancia. “Ti aiuterò anche io, gattina. Domani assolderò un investigatore privato per indagare sulla scomparsa di tua nonna.”

È un gesto dolce, ma dubito che un detective privato sarà capace di trovare qualcosa laddove un hacker ha fallito. Ad ogni modo, lacrime di gratitudine mi scendono dagli angoli degli occhi.

Le narici di Jackson si dilatano e il suo sguardo si sposta dalla strada al mio volto. Asciuga una delle lacrime con una nocca. “Dimmi di tua nonna. Vive a Tucson?”

Faccio un respiro tranquillizzante. “Ci siamo trasferite qui insieme. Viviamo insieme. Vivo con lei da quando…” Mi fermo, perché gli ho già detto abbastanza di me. Non voglio che metta insieme tutti i pezzi.

“Da quando?” chiede bruscamente, come se già sapesse.

“Da quando i miei genitori sono morti. È tutta la famiglia che ho. Avevo.” Modifico la frase e il mio stomaco si contorce.

“È morta, gattina? Te lo dice il tuo istinto? Vai a vedere oltre la paura. Sì o no?”

No.

Il sollievo mi avvolge come una coperta. “Non penso,” dico con voce gracchiante. Sono affascinata da come Jackson si affidi allo stomaco piuttosto che alla logica. Un uomo con un cervello così? Se si fida lui, mi fido anch’io.

Jackson annuisce. “Allora dobbiamo crackare questo codice e trovarla.”

Apro le spalle. La mia sicurezza è tornata. Il mio cervello si lancia a dissezionare ciò che ho visto del malware. Tiro fuori il mio computer. “Ti spiace se lavoro in macchina?”

“Mi incazzerei se non lo facessi.”

Passiamo altri dieci minuti in silenzio, io occupata a studiare il codice non avviato che ho copiato dalla chiavetta prima. Quando arriviamo alla villa di Jackson, il cancello automatico si apre e lui imbocca il vialetto. Io chiudo il portatile e lo infilo nella borsa, sollevando lo sguardo sulla casa.

Il cane lupo nero di Jackson è davanti alla porta e ci guarda mentre l’auto passa oltre. Alla sua accoglienza manca la gioia scodinzolante di un normale cane. C’è in lui un’indifferenza e una certa sfumatura inquietante che mi fa venire la pelle d’oca.

“Non sono sicura che si possano tenere dei lupi come animali domestici,” mormoro mentre lui infila l’auto in garage.

Jackson inarca un sopracciglio. “Non gli permetterò di farti del male.”

Non gli permetterò di farti del male è piuttosto diverso da non ti farà del male. La possibilità che mi ferisca o mi sbrani è decisamente presente.

“Come si chiama?”

Jackson esita, come se il suo cane non avesse un nome, o lui non se lo ricordasse. “Lupo,” dice alla fine.

“Lupo? Originale.”

“Continua a fare l’insolente, gattina, e aumenterò la tua punizione.”

Mi sento percorsa da un brivido, anche se non penso sia paura. “Punizione?” Mi do mentalmente un bel cinque per essere riuscita a dirlo senza far tremare la voce.

“Mmm hmm. Ma ce ne occuperemo più tardi. Adesso abbiamo del lavoro da fare.”

Scendiamo dall’auto ed entriamo in casa attraverso una lavanderia che ci dà accesso alla cucina. Lupo ci viene incontro lì. Scopre i denti e mi ringhia. Fa ancora più paura alla luce. Mi arriva alla vita e la pelliccia nera attorno al collo è ritta per la rabbia, gli occhi color ambra che mi fissano.

“Basta.” Jackson non sembra preoccupato come dovrebbe, per quello che mi riguarda.

Resto immobile. “Non penso di piacergli molto.”

Jackson mi spinge avanti dalla porta, ancora del tutto imperturbato. “È solo protettivo.” Poi dice al cane: “Kylie starà con noi. Tu la sorveglierai, d’accordo?” Mette una mano sul muso di Lupo e lo spinge via. Il cane si gira ed esce dalla cucina.

Mi lascio scappare un sospiro tremante. “Puoi ripetermi perché tieni un lupo come animale domestico?”

Jackson ignora la mia domanda. “Andiamo, ti porto in camera tua.”

Spingo da parte la delusione di avere una camera mia. Ma cosa pensavo? Che Jackson mi portasse nel suo letto e mi facesse le coccole dopo quello che ho fatto alla sua azienda?

Un colpo del genere potrebbe non mettere fine alla SeCure, ma anche se isoleremo il potenziale danno, una perdita nella reputazione della società potrebbe minarne l’esistenza stessa. Anche con il mio aiuto nel fare pulizia, il danno persisterà.

Lo seguo su per le scale.

Jackson mi accompagna a una camera per gli ospiti e accende una luce. La stanza è arredata con gusto, ma come il resto della casa, le manca un qualche tocco di personalità. Ho la sensazione che abbia assoldato un arredatore. “Tu starai qui. Io vado a farmi qualche ora di sonno prima di tornare in ufficio.”

“Io sto sveglia,” dico immediatamente. Mi sarebbe impossibile riposare, soprattutto ora che credo che il mio lavoro possa aiutarmi a salvare Memé. Tiro di nuovo fuori il mio portatile. “Ho bisogno di accedere al tuo sistema, per favore. Per sapere come agisce e si diffonde questa cosa. E devo sapere cosa sta facendo il tuo team per contenerlo.”

Lui aggrotta la fronte. “Pensavo lo avessi già hackerato. Ma no, hai seguito la strada facile e hai usato il mio computer. Devo essere il più grande idiota sulla faccia della Terra per averti lasciata da sola nel mio ufficio.”

Si sta già chinando verso di me, inserendo la password del suo WiFi e dandomi poi accesso alla SeCure. Ha un profumo divino. Come di pino e... forza maschile. Sì, so che non è un profumo. Ma è quello che evoca il suo odore.

“No, non sei stato un idiota. Pensavi di poterti fidare di me. Rimedierò.”

Lui mi prende il mento tra le mani e mi solleva la testa. “Adoro quando ti prostri davanti a me, gattina.”

Una vampata mi pervade il petto e sale fino al collo. “Credo bene,” dico con tono asciutto, arrossendo ancora di più al pensiero che avrò anche una punizione.

Cosa sarà questa volta? Un’altra sculacciata? Spero che sia qualcosa di… più intenso.

Mi spiega gli ordini che ha dato al team dell’infosec per isolare in quarantena e spostare i dati della SeCure. Il suo piano mi sembra buono. “Pare che abbiano le cose bene in mano, quindi io lavorerò per risalire alla fonte del malware.”

“Bene.” Mi dà un bacio sulla fronte. “Svegliami alle sette, se non mi sarò già alzato.”

Omioddio. Sto giocando alla famigliola con Jackson King. Il suo ordine mi va dritto alle zone erogene, mentre immagino di sollevare le lenzuola dal suo corpo nudo e di eccitarlo.

Non fare la maliziosa, K. C’è del lavoro da fare.

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