
Mentre tornavo a sedermi, i tre uomini stavano finendo di bere. Li guardai: ognuno di loro aveva la stessa costituzione.
All'improvviso, un uomo si precipitò oltre le tende e venne catturato dai due colossi.
"Zane! Abbiamo un grosso problema". Era senza fiato mentre parlava.
Zane si girò e fece cenno agli uomini di lasciarlo andare. Era coperto di sudore e si sedette, nervoso.
"Qual è il problema, Michael?" Zane scrutò il suo corpo.
"I Cavalieri! Sono qui che ti cercano. Sono riuscito a sfuggirgli per un pelo, ma mi hanno dato un messaggio per te".
Si tirò su la maglietta e mostrò un enorme squarcio lungo il fianco, da cui fuoriusciva sangue. "L'ultimo tizio mi ha dato un colpo veloce mentre stavo scappando".
Un altro uomo apparve dal nulla, portando con sé bende e ogni tipo di attrezzatura medica. Mi alzai di scatto e mi precipitai al suo fianco, così presi gli oggetti e iniziai a medicare la ferita di Michael.
Con tamponi di garza, gli pulii la ferita e lo bendai rapidamente, cercando di fare pressione sull'emorragia in modo da fermare il sangue. Mi alzai e guardai le mie mani coperte di sangue.
"Dovrebbe reggere fino a quando non sarà visitato da un medico. Avrai bisogno di punti".
Michael tremava. I suoi occhi si rovesciarono e ricadde sul divano.
Era in stato di shock. Presi un asciugamano, mi pulii le mani e lo feci adagiare sul divano, sistemando dei cuscini sotto i suoi piedi.
"Zane, devi chiamare qui qualcuno, subito!" Esclamai, puntando un dito coperto di sangue in sua direzione.
Lui era già al telefono e, in pochi minuti, un medico si precipitò nella stanza. Feci un passo indietro, tremante, mentre quello prendeva il controllo.
"Ehi", mi chiamò Conner, posandomi una mano sulla spalla. "Andiamo a darci una ripulita".
Mi guidò verso il bagno ed entrò con me. Guardai i miei vestiti. Anche quelli erano sporchi di sangue.
"Come sapevi cosa fare?" Mi chiese, facendo un cenno verso la porta con un piccolo sorriso sul volto.
"Ho frequentato l'università per qualche anno. Volevo ottenere una laurea in infermieristica, ma non sono mai riuscita a finirla. Quando mia madre si è ammalata ho dovuto abbandonare gli studi, per aiutarla a prendersi cura di sé".
Mi guardò con severità. "La tua famiglia è ricca; perché tuo padre non ha assunto qualcuno?"
"Non ci fidiamo di nessuno con le sue condizioni. Ha una malattia che rende le sue ossa fragili ed è peggiorata mentre ero all'università. Nessuno poteva toccarla senza romperle un osso.
"Io ero l'unica che sapeva cosa fare con lei e come gestirla. Le sue ossa si rompevano lo stesso, ma non si sentiva così male quando lo facevo io piuttosto che con un estraneo".
Finii di lavarmi le mani e qualcuno bussò alla porta. Conner la schiuse e prese una borsa da qualcuno.
"Fatti una doccia veloce e togliti quei vestiti. I nostri uomini stanno gestendo il problema con quella banda, ma fai in fretta, in caso fossimo costretti ad andarcene da qui". Posò la borsa sul bancone e uscì.
Io mi spogliai ed entrai nella doccia, strofinando via tutto il sangue che mi ricopriva braccia e gambe.
C'erano solo prodotti da uomo, ma utilizzai lo shampoo e mi lavai velocemente i capelli e il corpo.
Una volta che l'acqua rossa smise di scorrere, chiusi il getto e presi un soffice asciugamano dorato per asciugarmi. Quindi mi avvolsi i capelli con un altra toletta.
Aprii la porta e trovai lì Conner, in piedi.
"Dobbiamo andarcene, subito! Sono al piano di sotto e vengono da questa parte. Zane ci aspetta in fondo alle scale".
Mi fissò e scosse la testa. "Lascia tutto sul pavimento. Dobbiamo muoverci, forza".
Mi sciolsi i capelli. Lui gettò l'asciugamano sul pavimento e mi condusse a un pannello, su cui appoggiò il palmo della mano perché venisse scansionato. La parete dietro il pannello si aprì e apparve una scala.
Conner mi strinse delicatamente il braccio e, insieme, scendemmo rapidamente le scale, mentre il muro tornava al suo posto dietro di noi, emettendo un segnale acustico di chiusura.
"È stato creato in modo che nessuno possa entrare in questo passaggio", disse.
Lo guardai, ricordando che Tony era di guardia alle tende. "E Tony?"
"Sta bene; gli abbiamo detto di andarsene non appena abbiamo visto che erano al piano di sotto. Ha preso un'altra uscita per mettersi al sicuro".
"E tutti quelli che erano nel locale?" Speravo che Tammy non fosse coinvolta in qualcosa di brutto.
"Stanno evacuando; la ragazza è andata al tuo armadietto e ha preso le tue chiavi, per tornare a casa con la macchina".
Quando arrivammo a un'enorme porta di metallo in fondo alle scale, lui passò la mano su di un altro lettore e fece sì che si aprisse con un bip.
Zane era lì, in piedi, e mi tirò subito tra le sue braccia, stringendomi forte.
"Bene. Sei al sicuro, amore mio. Vieni, ora dobbiamo andarcene", esclamò con tono deciso.
Mi trascinò fino a un garage protetto, fiancheggiato da tonnellate di automobili costose. Estrasse fuori una chiave con un telecomando, mise in moto la macchina e aprì la porta per farmi salire.
"Non posso..."
Lui mi afferrò un braccio e mi spinse in macchina. Chiuse la portiera, corse dall'altro lato e salì.
Premette un pulsante che aprì una porta su di una rampa verso l'uscita, così guidò velocemente fuori dal garage. Imboccammo un vicolo posteriore, che sbucava in una strada trafficata.
Zane accelerò non appena trovò un piccolo spiazzo in cui infilarsi e fu solo allora che, finalmente, potei dare un'occhiata alla grossa automobile nera e a quanto fosse davvero lussuosa.
"È una bella macchina", commentai, facendo scorrere le dita sul cruscotto placcato d'oro davanti a me.
Zane non parlò; tenne gli occhi sulla strada, cercando di districarsi nel fitto traffico. Quando, finalmente, arrivammo su una strada più tranquilla, schiacciò forte il pedale dell'acceleratore.
Mentre la macchina volava lungo la strada, un SUV nero uscì da una strada laterale dietro di noi.
"Stiamo arrivando, capo!" Urlò la voce di Conner, mentre ci muovevamo lungo la strada come un razzo.
Proprio in quel momento, dei proiettili cominciarono a sfiorare la macchina. Strillai, tirando le gambe al petto. Altri SUV neri apparvero dietro di noi.
"Saranno su di loro tra circa dieci secondi".
Zane accelerò ancora, ma i SUV neri dietro di noi tennero il passo. Sembrava che i proiettili colpissero la macchina, così io mi guardai intorno, nervosa.
"Non preoccuparti, l'automobile è a prova di proiettile. Rimbalzeranno via", esclamò Zane, lanciandomi un'occhiata di sbieco.
"Come fanno a starci dietro?" Domandai, tremando sul mio sedile. Era tutto nuovo per me.
"Devono avere un motore speciale nelle loro automobili. Questa macchina è il top della gamma e vola, ma loro lo sanno. Di sicuro avranno un motore progettato per tenere il passo della mia".
Otto auto scesero lungo la strada e si accostarono a quelle che ci inseguivano. Muovevo la testa avanti e indietro, dallo specchietto laterale al finestrino posteriore.
"Siamo arrivati, capo, cosa vuoi che facciamo?" Esclamò Noah, entusiasta.
"Falli fuori e, se qualcuno sopravvive, sai cosa farne finché non riuscirò a parlargli".
"Certo che sì! Demolition Derby, stiamo arrivando!" Conner sembrava su di giri.
Zane diede un pugno ancora più forte alla sua macchina. I fari dietro di noi, che si muovevano per tutta la strada, diventarono sempre più piccoli man mano che noi volavamo via.
Dopo un po' di tempo rallentò, premette un pulsante e svoltò in una lunga strada nera a una sola corsia.
Sembrava non finire mai. Attraversammo un enorme cancello di ferro, collegato a una recinzione che si estendeva per tutta la lunghezza di un enorme cortile e scompariva in un'area boschiva.
Attraversammo un bosco e, infine, sbucammo davanti a un altro enorme cancello di ferro, grande abbastanza per il passaggio di un camion.
Il signor Beckett digitò alcuni numeri su di un tastierino vicino al cancello e fece un cenno agli uomini in piedi al posto di guardia. Loro lo guardarono e risposero al gesto, con in mano delle armi automatiche.
Continuammo a percorrere un lungo viale, poi svoltammo a sinistra quando la strada si divise. L'altro percorso, più ampio, spariva oltre una collina.
Percorremmo la stradina fino a giungere a un'enorme villa. Mentre guardavo quella casa, la più grande che avessi mai visto in vita mia, lui mi sorrise.
"Stai ammirando la mia dimora?" Mi chiese, entrando nel vialetto circolare. Davanti a essa c'era un'enorme fontana, che cambiava colore alla fuoriuscita dell'acqua dalla casetta montata in cima.
C'erano uomini dappertutto e io mi guardai intorno, nervosa.
"Che cos'è questo posto? È una fortezza?" Chiesi, guardando Zane con il panico sul volto.
"Questa è casa mia; questi uomini rischiano la vita per proteggermi e, adesso, proteggeranno anche te".
Sorrise mentre apriva la portiera della macchina e poi si avvicinava alla mia, per fare lo stesso e tendermi la mano. La afferrai, piano.
Un giovane adolescente uscì dalla casa e si precipitò verso di lui. "Le sue chiavi, signore?"
Zane gli consegnò le chiavi e poi mi aiutò a uscire, chiudendosi la porta alle spalle. "È il figlio di un amico che lavora per me. È troppo giovane per fare la ronda, così gli permetto di parcheggiare le automobili per noi".
Intrecciò le sue dita con le mie e iniziò a condurmi verso il portone più grande che io avessi mai visto.
Mise il palmo della mano su di un lettore di impronte, quindi le doppie porte si aprirono su di un ingresso mozzafiato.