I confini della ragione - Copertina

I confini della ragione

Michelle Torlot

Capitolo 7

EMBER

Una volta chiusa la porta dell'ufficio dell'alfa, Crystal mi guarda. Se gli sguardi potessero uccidere, mi sarei spenta in un istante.

"Se ti torci un solo capello, ti picchierò fino a che non esalerai l'ultimo respiro", ringhia. "Se devo essere punita, tanto vale che sia io a commettere il reato. Se non avessi cercato di aiutarti, l'alfa avrebbe trovato un'altra povera scema a farti da balia".

Il pensiero di avere Crystal come alleata mi abbandona immediatamente. Continuerà a odiarmi, a meno che non riesca a convincerla che non farò nulla per farle provare l'ira dell'alfa.

Per stare al passo con le sue lunghe falcate devo quasi correre. È alta più o meno quanto mio fratello, mentre io sono minuscola in confronto. È sempre stata così, la mia vita. Sono più piccola di quasi tutti i lupi della mia età.

Quando le afferrò il braccio, lei rallenta e mi guarda.

"Mi dispiace", le dico. "Non volevo trascinarti in questa storia, ma ti giuro che non farò nulla per farti punire".

La sua espressione si addolcisce leggermente mentre mi scruta dall'alto in basso. "Dai, è meglio che andiamo a vedere se la madre del branco ha dei vestiti per te".

Mi rendo conto di avere addosso ancora solo il camice d'ospedale e avvampo.

Sarebbe stato bello se quello stupido dell'alfa Scopus mi avesse semplicemente abbandonata al mio destino. Invece no, aveva dovuto interferire.

Crystal mi guarda e sorride. "Secondo me, l'alfa ha un debole per te. Se fosse stato qualcun altro a sfidarlo, ieri sera, a quest'ora sarebbe già morto".

Stringo gli occhi. "Lo odio", brontolo.

Crystal si ferma di scatto e mi guarda con orrore. Mi zittisce e mi afferra per le spalle.

"Non puoi dirlo. È… È come un tradimento", balbetta lei, "e sono io quella che verrà punita, ricordi?"

Mi porto le mani al viso. "Non voglio che tu sia punita Perché non mi uccide e la fa finita?"

Sento una lacrima rigarmi la guancia, ma l'asciugo in fretta.

Quando alzo lo sguardo verso Crystal, noto che lei mi sta fissando. Probabilmente ha capito che la mia lupa ha attaccato l'alfa con un solo pensiero in testa: porre fine alla nostra miserabile vita.

Quando apre la bocca per parlare, conferma i miei sospetti.

"Volevi morire", ansima. "Non solo tu, ma anche la tua lupa". Scuote la testa incredula. "Anche oggi, quando sei scappata con quasi niente addosso…"

Non finisce la frase. Dall'espressione del suo viso capisco che è inorridita.

Mi avvolge un braccio intorno alle spalle e mi stringe finché non trasalisco, allora allenta la presa. "Mi dispiace", sussurra. "A essere onesti, Ember, questo posto non è poi così male".

Per lei è facile dirlo. È una guerriera rispettata dal suo branco, e vede l'essere qui come un'opportunità.

Come la maggior parte dei tributi, ha scelto di venire qui. E non è nemmeno costretta a restarci. Non vedo nessuno starle dietro per assicurarsi che non si faccia del male o che non scappi.

Tutti gli altri tributi sono guerrieri. Alti, muscolosi e pronti a servire il loro nuovo alfa. Io, invece, sono solo un peso. Sono piccola e fastidiosa, e non riesco nemmeno a uccidermi combinare guai.

Ora non potrò più nemmeno tentare il suicidio, perché se ci provo, Crystal sarà punita al posto mio, forse persino con la morte.

Non potrei sopportare che le venga fatto del male per colpa mia. Odio il pensiero di fare del male a qualcuno. Diavolo, non riesco nemmeno a calpestare un ragno.

Scuoto la testa. "Non sono una guerriera come te. Non ci riesco, non ne sono capace", borbotto.

Crystal ridacchia.

"Siamo capaci tutti, con gli stimoli giusti. Solo perché non ti sei mai allenata non significa che tu non possa imparare".

Crystal ha torto, ma non voglio iniziare una discussione e perdere l'unica amica che ho, al momento.

Mentre ci avventuriamo nella casa del branco, vedo gruppi di persone ridere e chiacchierare felici. Al nostro passaggio, tutti s'interrompono momentaneamente. Cammino a testa bassa.

Se non fosse per la minaccia dell'alfa nei confronti di Crystal e del mio vecchio branco, me ne andrei. Scapperei il più lontano possibile da questo posto. Non per forza per uccidermi: ho capito che non voglio ancora morire davvero.

Ma vorrei comunque essere da qualche altra parte, lontano da tutte le aspettative dei branchi. Non vi apparterrò mai. Prima quello stupido dell'alfa Scopus se ne renderà conto, meglio sarà per tutti.

Ignorando gli sguardi, Crystal mi conduce verso una donna che sembra dare ordini ad altre donne, che si apprestano a eseguire i suoi ordini senza fare domande.

Si potrebbe pensare che sia la luna del branco, ma so che non è possibile. Tutti sanno che l'alfa Scopus non ha più una compagna.

Ho sentito dire che aveva trovato la sua predestinata, ma che l'abbia uccisa perché era troppo debole. Un alfa spietato come Damon non tollererebbe mai la debolezza, ed è per questo che non riesco a capire perché non mi uccida o non mi liberi.

La donna smette con i rimproveri e ordini e rivolge lo sguardo a me e a Crystal. Capisco subito che si tratta della madre del branco.

È strano: ho sempre pensato che le madri del branco fossero dolci e premurose, come quella con cui sono cresciuta io. Lei mi piaceva. Mi lasciava accoccolarmi accanto a lei mentre distribuiva le razioni di cibo e fasciava le ferite.

Questa donna, però, sembra tutt'altro che dolce. Mi guarda con aria sprezzante.

Crystal apre bocca prima che quella abbia l'opportunità di dire qualcosa di altrettanto arcigno.

"L'alfa ha chiesto di fornire un abbigliamento adeguato a Ember. Puoi occupartene tu?"

La donna alza un sopracciglio. Sospetto che tutti gli ultimi pettegolezzi del branco riguardino me. O meglio, non la mia persona, ma il fatto che l'alfa non mi abbia uccisa quando l'ho sfidato.

"L'alfa, eh? Sei molto piccola", sogghigna, "ma dovrei avere qualche indumento da cuccioli che potrebbe andare bene".

Apre un armadio, tira fuori una pila di vestiti e me li spinge tra le braccia. "Ci sono abiti da notte, da giorno e anche qualcosa per allenarsi".

Ridacchia sull'ultimo punto, come se sapesse che qualsiasi tentativo di addestrarmi sarà un triste fallimento. Ha ragione. Sono piuttosto patetica per essere un lupo mannaro. O almeno, il mio lato umano.

La mia lupa è sempre stata forte. Se glielo permettessi, probabilmente combatterebbe, ma le poche volte che l'ho lasciata sfogarsi, ho cercato di evitare che facesse del male a qualcuno. Non ci sono riuscita molto bene, perché non ho un grande controllo su di lei.

Una volta, quando avevo tredici anni e i maschi di rango inferiore del branco della Luna Calante si erano messi a sorvegliare le femmine per un turno di luna piena, avevo deciso di farla scatenare.

Le altre femmine si erano per lo più sdraiate insieme. Alcune avevano cercato di correre, mordicchiandosi l'un l'altra, ma i nostri accompagnatori maschi avevano subito messo fine a tutto.

La mia lupa, nel frattempo, aveva cercato subito di scappare verso il bosco per unirsi ai maschi più grandi, impegnati nella caccia. Il lupo di Eric, più grande e più forte, l'aveva raggiunta facilmente e l'aveva redarguita.

La mia lupa era andata su tutte le furie, si è dimenata e agitata, e per un attimo aveva stretto le fauci intorno alla zampa destra di Eric tanto da fargli uscire del sangue. Una volta finito tutto, avevo continuato a scusarmi con Eric a lungo, ma lui aveva riso e mi aveva detto che non era niente.

Per ore, dopo l'accaduto, avevo provato una sorta di dolore simpatizzante, anche dopo che la ferita di Eric si era completamente richiusa. Quella era l'ultima volta che avevo lasciato la mia lupa.

Prima di perdermi ulteriormente tra i pensieri, Crystal mi fa allontanare e mi accompagna su per una serie di scale.

Su questo piano c'è un corridoio pieno di infinite porte. Immagino che la maggior parte del branco viva qui.

Nessuna delle porte è dotata di serratura, cosa che trovo un po' sconcertante. Ma d'altronde, trovo sconcertante l'idea stessa di vivere in una casa del branco.

Nel mio vecchio branco avevo la fortuna di vivere con mio fratello nella casa dei nostri genitori. Avevo una stanza tutta per me. Sono abbastanza sicura che qui non sarà così.

Quando Crystal apre una delle porte, mi accorgo con sollievo che ci sono solo due letti singoli, uno su entrambi i lati della stanza. Immagino che questo significhi che la dividerò con Crystal.

Se avessi dovuto condividerla con dei perfetti sconosciuti, probabilmente avrei esaudito il mio desiderio e sarei morta… d'imbarazzo. È già abbastanza brutto dover dividere uno spazio così piccolo.

Crystal indica altre due porte nella stanza. "Il bagno e l'armadio". Poi fa un gesto verso uno dei letti. "Quello è tuo. Fatti una doccia e vestiti, poi ti porterò nella sala da pranzo del branco".

La guardo inorridita. Mi piaceva l'idea di rimanere nascosta in questa stanza, prendere il cibo e mangiarlo qui. Mangiare con il resto del branco, che probabilmente già mi odia, mi sembra un vero incubo.

Crystal mi guarda e sgrana gli occhi.

"Ordini dell'Alfa. Il resto del branco cena insieme, in modo che lui possa dare il benvenuto a tutti i nuovi membri del branco. Compresa te".

Le farfalle iniziarono a farmi le capriole nello stomaco. Non sarà una bella serata.

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