
I capelli di Lilly erano tutti arruffati, e potevo intravedere i suoi capezzoli attraverso il reggiseno sportivo sotto la t-shirt oversize. Quella vista mi irritava.
Notavo ogni minimo dettaglio di una donna, e il fisico di Lilly non sembrava niente male sotto quei vestiti larghi, ma il suo stile "da artista" non lo valorizzava per niente.
Non ero sicuro del perché avessi fatto quell'offerta. Quando Henry aveva tirato fuori l'idea della finta fidanzata, non avevo preso la cosa sul serio. Ma ora, trovandomi di fronte a una donna libera e attraente, che aveva bisogno di soldi, mi resi conto di volerle dare una mano.
«Ho bisogno di un caffè prima di poterci ragionare su», affermò, precipitandosi dentro senza aspettare la mia risposta.
Beh, era comprensibile. Alzai le spalle e ripresi i manubri. Mi ritrovai a ripensare al modo in cui gli occhi di Lilly si erano soffermati su di me, al calore nel suo sguardo. Mi piaceva quella sensazione. Avrei voluto che fosse ancora lì, a osservarmi mentre finivo l'allenamento.
Quando rientrai mezz'ora dopo, Chad era appoggiato al bancone della cucina, immerso in una discussione piuttosto accesa con Lilly.
«Cosa stai facendo esattamente della tua vita, Tappetta? Non puoi restare qui in eterno. Forse la mamma...»
«Non tirare in ballo la mamma», lo interruppe lei. «Sono qui da un giorno. E ho passato la maggior parte del tempo a gestire il mio coinquilino a sorpresa, tra l'altro».
Okay, quello sembrava il momento giusto per farmi vivo. «Chad», lo salutai, chiudendo la porta scorrevole e avvicinandomi.
Lui si allontanò da Lilly e venne ad abbracciarmi. «Cosa ti è successo in faccia? Hai litigato con un giornalista?»
Lanciai un'occhiata a sua sorella. «Ah, una senzatetto che suppongo fosse strafatta mi ha colpito con una padella».
Lilly spostò il peso da un piede all'altro e mi fissò stringendo gli occhi.
Chad rise, dandomi una pacca sulla schiena. «Scotty è ancora su tutti i giornali. Chi diavolo ha passato tutte quelle informazioni su di lui alla stampa?»
Scrollai le spalle e mi passai le dita tra i capelli. «Non ne ho idea. I nostri informatici stanno cercando di scoprirlo».
«E tu, amico! Non riescono a decidere se credere che tu sia segretamente gay, un pedofilo, un protettore o chissà cos'altro. La tua reputazione ha davvero bisogno di una bella sistemata. Ehi, fammi sapere se vuoi assumere un vero professionista delle PR per risolvere i tuoi casini».
Risi divertito. Chad e io avevamo una sorta di rivalità amichevole, dato che lavoravamo nello stesso settore.
La sua agenzia se la cavava bene, ma si occupava principalmente di clienti aziendali, che non garantivano né il prestigio né i guadagni offerti dalla lista di celebrità gestita dalla Whittington-Harrod. Ecco perché aveva intrapreso un'attività secondaria affittando case vacanza.
«Ho qualche idea su come ripulire la mia reputazione», risposi, guardando di nuovo Lilly. Non riuscivo a capire cosa pensasse, così tornai a concentrarmi su Chad. «Principalmente, restare fuori dai riflettori finché le acque non si saranno calmate. Grazie ancora per avermi lasciato nascondere qui, amico».
«Quando vuoi», rispose Chad prima di controllare l'orologio. «Devo andare. È stato bello vederti, Luther. Passerò venerdì per la partita».
Annuii. «Affare fatto. Ti preparerò qualche birra».
Si voltò verso Lilly. «E tu, Tappetta... non dirò alla mamma dove sei, ma sai che sta solo cercando di aiutarti. Dio sa quanto ne hai bisogno».
Lei lo liquidò con un gesto. «Sì, certo. Ciao».
Chad ci guardò entrambi, ridacchiando. «Non entrate troppo in confidenza vivendo qui insieme, voi due. Luther, sei il mio migliore amico, ma sai che se tocchi mia sorella dovrò ucciderti».
Lo disse come se stesse scherzando, ma c'era una sfumatura seria nella sua voce. Forzai una risata. «Io e Tappetta? Neanche tra un milione di anni, amico. La virtù di tua sorella è al sicuro con me».
Chad chiuse la porta d'ingresso, lasciandomi solo con Lilly.
Si era cambiata, indossando dei leggings e una maglietta larga diversa da quella con cui aveva dormito. Si mordicchiava il labbro inferiore, guardando suo fratello andarsene, finché non si accorse che la stavo osservando.
«Immagino che la tua reputazione debba essere davvero pessima se stai considerando di fingere di uscire con me. Visto che non lo faresti neanche tra un milione di anni», commentò.
«È solo quello che Chad aveva bisogno di sentire», spiegai. «Si preoccupa per te. Lo capisco. Sei molto più giovane di me, sei in una situazione difficile...»
«Non ho bisogno che tu mi compatisca», ribatté lei seccamente.
Mi allontanai dall'armadietto. «Non ti compatisco, Tappetta», la stuzzicai.
«Ho trovato un annuncio di lavoro online», continuò lei. «È solo part-time, ma assisterei un insegnante di arte all'università pubblica locale. Ho inviato il mio curriculum e mi hanno subito ricontattata per un colloquio. Quindi forse non ho bisogno dei tuoi soldi, dopotutto».
«È fantastico», risposi, aggrottando la fronte mentre il mio cellulare vibrava in tasca. «Aspetta un attimo».
Mi portai il telefono all'orecchio e mi versai una tazza di caffè. «Henry, sono via da meno di un giorno. Qualsiasi cosa tu stia cercando di stampare, puoi farcela da solo. Credo in te».
«Non si tratta di questo», replicò lui. «C'è stata un'altra fuga di notizie».
Ascoltai in silenzio, abbandonando il caffè sul bancone, mentre le sue parole diventavano sempre più preoccupanti. «Okay. Calmati, Henry. Troverò una soluzione, in qualche modo. D'accordo. Ciao».
Mi voltai verso Lilly, che stava cercando malamente di fingere di non origliare. «Allora... se non vuoi essere la mia finta fidanzata, conosci qualcun'altra che potrebbe farlo?»
«Cos'è successo?» domandai. Luther era impallidito e stringeva il piano della cucina così forte che le nocche gli erano diventate bianche.
«È trapelata un'altra notizia», spiegò conciso. «Riguarda un'artista nostra cliente, Penelope Davis».
«Penelope Davis?» ripetei eccitata. «È fantastica! Adoro il suo stile e come si è fatta strada nel mondo dell'arte...»
Luther accennò un sorriso al mio entusiasmo, per poi tornare subito serio. «È omosessuale. Non è esattamente un segreto, ma la famiglia della sua compagna è molto tradizionalista, quindi Penelope voleva mantenere riservata la loro relazione».
«E immagino che ora non lo sia più», commentai, dispiaciuta.
«Nell'agenzia lo sapevano in pochi. Non capisco chi possa averlo rivelato». Luther scosse la testa, girando distrattamente il cucchiaino nel caffè che non aveva ancora toccato.
«Quindi...» esitai. «Cosa c'entra questo con la tua improvvisa urgenza di trovare una finta fidanzata?»
«Henry aveva ragione», rispose con impeto. «Nascondendomi qui... forse salvo la mia reputazione, ma lascio i miei clienti esposti. Se la stampa vuole sparlare di qualcuno, che sia di me».
Vederlo così, determinato a fare la cosa giusta, mi accese qualcosa dentro. Non era come la mia vecchia cotta. Era più profondo, più autentico, un misto di rispetto e attrazione.
«Lo farò», affermai d'istinto.
Lui mi guardò perplesso, rivolgendomi tutta la sua attenzione. «Non voglio farti pressione. Hai appena detto che non eri interessata. Senza contare che Chad si infurierebbe con me».
«Lascia che mi occupi io di lui», replicai. «Stai compiendo un gesto nobile. Voglio aiutarti».
Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. «Parlerò con Henry per far preparare un contratto. Se lo facciamo, voglio assicurarmi che tu sia il più possibile al sicuro; i giornalisti possono essere spietati».
«Sono in grado di gestirli», lo rassicurai.
Ma... ne ero davvero capace? Non avevo esperienza con i media o con la vita mondana di Luther. Inoltre, non sapevo quanto avrei dovuto avvicinarmi fisicamente a Luther per far credere alla gente che stavamo insieme.
In che guaio esattamente mi stavo ficcando?