
Cuori invidiosi
Dopo otto anni passati a seppellire il suo dolore nel lavoro, Ciara ha smesso di fingere di stare bene, perché incontra il CEO miliardario Matthew Harrington. Volano scintille e la chimica tra loro è impossibile da ignorare. Ma Matthew ha dei motivi per tenere chiuso il suo cuore. Ha giurato di rinunciare all'amore, perché non vuole rischiare un'altra delusione. Eppure con ogni sguardo e ogni momento rubato, le barriere tra loro iniziano a crollare. Mentre la chimica tra loro si intensifica, la concentrazione di Ciara inizia a vacillare e Matthew inizia a mettere tutto in discussione. Sarà questa la loro seconda occasione? O sarà solo un'altra delusione?
Capitolo 1
CIARA
Il bagno profumava di sapone costoso e di paura: una paura che mi attraversava da capo a piedi mentre mi aggrappavo al lavandino di marmo.
Guardandomi allo specchio, vidi una persona che non sembrava me. Aveva occhi spalancati e spaventati e guance arrossate. Nonostante il freddo della stanza, sudavo leggermente.
Quella situazione era un vero pasticcio.
Anzi, era proprio un disastro.
Afferrai il telefono prima di ripensarci. Chiamai la mia migliore amica, Olivia Quinn.
Rispose subito, come se sapesse che l'avrei chiamata. «Dimmi che è andata alla grande». La sua voce era piena di speranza, ma stavo per deluderla.
Mi uscì un suono a metà tra una risata e un pianto. «Ho parlato solo per un quarto d'ora prima di scappare in bagno, quindi... tu che dici?»
«Ciara». Pronunciò il mio nome con evidente delusione.
Cercai di spiegarmi: «Mi sono fatta prendere dal panico! Non ha detto nulla, Liv! Se ne stava lì seduto, a fissarmi, con uno sguardo...» Mi interruppi portandomi una mano alla testa.
«Che sguardo?»
Gemetti perché Matthew Caldwell era troppo bello. «Come se fosse stato scolpito dagli dei. E dal vivo è ancora più affascinante! Davvero, Liv, credo che sulle riviste lo facciano sembrare meno attraente di quello che è!»
«Prima di tutto, non è giusto. L'ho visto su Forbes e ora mi sento esclusa. Secondo, lo sapevi già. Matthew Caldwell è sempre stato ricco, di successo e un gran bel vedere. Pensavo avessi un piano! Che fine ha fatto la tua grinta da donna in carriera?»
Risi debolmente e dissi: «Non mi sento una donna in carriera quando qualcuno così perfetto mi sta giudicando. Non sembrava nemmeno interessato a quello che dicevo: non ha fatto domande. Se ne stava lì come se non vedesse l'ora di andarsene». Mi sentivo sull'orlo delle lacrime.
«Se fallisco», dissi piano, rendendomi conto della gravità della situazione, «sono nei guai. Il mio lavoro dipende da questo. Se non ottengo la Caldwell Enterprises come cliente, perderò il posto. E poi? Torno a vivere dai miei a 26 anni? E se dovessi incontrare...»
Non riuscii a pronunciare il suo nome. Olivia sapeva a chi mi riferivo.
Parlò più dolcemente: «Ciara, stai andando alla grande a New York, e ci sei solo da un anno, dopo che il tuo ragazzo storico ti ha lasciata in malo modo. Non tornerai indietro. Non te lo permetterò».
«Ma se fallisco...»
«Allora ci riproverai e dimostrerai a tutti che si sbagliano, perché è quello che fai. È quello che hai sempre fatto».
Espirai, ancora nervosa ma un po' più sollevata. «Hai ragione». Mi guardai allo specchio e annuii con decisione. «Ok. Sono stata in bagno per un bel po'. Potrebbe pensare che sia scappata, quindi è meglio che torni».
«Dacci dentro!»
Dopo i saluti, chiusi la chiamata, repressi la paura e aprii la porta.
Non appena rientrai nella sala riunioni, mi sentii diversa.
Anche se avevo già trascorso 15 minuti con Matthew, vederlo seduto in fondo al grande tavolo di vetro mi colpì ancora. Le sue foto non rendevano giustizia a quanto fosse imponente di persona.
Da vicino era ancora più bello, ingiustamente bello.
I suoi capelli scuri erano perfettamente pettinati e mi facevano venire voglia di toccarli. La mascella forte, gli zigomi alti e gli occhi nocciola intelligenti potevano far fermare chiunque fissassero e mandavano in tilt il mio cervello. Il suo elegante completo gli calzava così bene da mettere in risalto la sua forma fisica.
E il modo in cui si era arrotolato leggermente le maniche, mostrando gli avambracci, rendeva evidente che passasse molto tempo in palestra.
Nessuno dovrebbe avere un aspetto così perfetto, soprattutto uno che non mi aveva nemmeno degnata di uno sguardo.
Non durante la mia presentazione e nemmeno ora.
Persino il modo in cui sedeva, con una mano sul mento, trasmetteva potere e disinteresse.
«Può andare», disse Matthew senza alzare lo sguardo dalle sue carte.
«Come?» Sbattei le palpebre, pensando di aver sentito male.
Si appoggiò allo schienale e mi guardò prima di dire: «Ho visto abbastanza».
La mia bocca si aprì per la sorpresa, ma la richiusi subito. «Ma ho altro da mostrarle».
«Non ho bisogno di vedere altro». Si alzò, si abbottonò la giacca e uscì dalla stanza senza aggiungere altro.
Per un momento, rimasi lì seduta, scioccata. Poi provai un'immensa vergogna. Raccolsi le mie cose, muovendomi lentamente e con attenzione.
Perché, se mi fossi affrettata, avrei potuto scoppiare a piangere.
Uscii dalla sala riunioni in un corridoio vuoto che portava dritto agli ascensori. I miei occhi minacciavano lacrime, ma non lo permisi.
Il mio telefono squillò, facendomi sobbalzare, e lo cercai in fondo alla borsa.
«Ciao, mamma. Posso richiamarti più tardi? Ho appena finito una riunione e non è un buon momento».
«Ci chiedevamo se potessi venire alla festa di compleanno di zia Carol la prossima settimana», disse mia madre, con zia Carol che bisbigliava nelle vicinanze. Solo mia madre poteva ricordarmi immediatamente un altro motivo per cui tornare a casa non era una buona idea.
«Mi dispiace tanto. Mi piacerebbe, ma sono molto impegnata con il lavoro». Mi sentii in colpa per averle mentito, ma cercare un nuovo lavoro sarebbe stato un impegno, giusto?
E sembrava che fosse quello che avrei dovuto fare.
All'improvviso, sentii dei passi nel corridoio, probabilmente i suoi. E si stavano avvicinando sempre di più.
Nascondendomi rapidamente dietro un angolo, sussurrai: «Scusa, mamma, devo andare». Riattaccai prima che potesse dire altro.
Sentii la voce di Matthew nel corridoio, bassa e suadente, e mi fermai ad ascoltare. «Non sembra qualificata. Non sembra sapere cosa sta facendo». Si fermò vicino agli ascensori. «Ho bisogno di qualcuno con più esperienza. È troppo inesperta».
Mi sentii male, anche se non avrebbe dovuto importarmene così tanto. Era un affare, non una questione personale.
O almeno, avrebbe dovuto esserlo. Ma lui l'aveva resa personale.
Aveva ascoltato a malapena la mia presentazione. Aveva alzato a malapena lo sguardo dal computer per tutto il tempo in cui avevo parlato. E il modo in cui mi aveva guardata quando ci eravamo incontrati la prima volta…
Chiusi gli occhi, aspettando di sentire le porte dell'ascensore aprirsi e chiudersi per indicare che se n'era andato. Poi, uscii dal mio nascondiglio, premetti il pulsante per scendere e immediatamente desiderai non averlo fatto.
Le porte dell'ascensore si riaprirono e lui era lì, in piedi all'interno, con le mani in tasca, che mi fissava.
L'aria era tesa. Il mio cuore batteva forte. Non riuscivo a distogliere lo sguardo da lui.
Poi inclinò lentamente la testa. «Allora?» La sua voce profonda era calma. «Entri o no?»

















































