Dirty Little Secret - Copertina

Dirty Little Secret

Em Jay

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Chapter
15
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18+

Riepilogo

Cosa succede quando due persone che non riescono a lasciarsi andare sono costrette ad affrontare i loro segreti più oscuri?

Bailey è un'autrice perseguitata da un passato doloroso e intrappolata in una relazione tossica. Spencer è un ragazzaccio riformato che cerca di lasciarsi alle spalle i suoi errori. Quando le loro strade si incrociano, la chimica è innegabile, ma nessuno dei due è pronto per il legame emotivo e disordinato che segue.

In bilico tra desiderio, tradimento e demoni personali, Bailey e Spencer navigano sulla sottile linea che separa l'amore dall'autodistruzione. Mentre cedono alla tentazione, devono affrontare la verità su chi sono veramente e su cosa vogliono l'uno dall'altra.

Dirty Little Secret è una storia avvincente ed emozionante su un amore proibito, seconde possibilità e segreti che possono dividerci o unirci. L'amore riuscirà a sopravvivere con un passato troppo pesante per essere dimenticato?

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Hailey ed Eric

BAILEY

Bailey rabbrividì quando entrò l'aria fredda; osservò Eric vestirsi e annodarsi la cravatta. Si avvolse nelle lenzuola bianche per coprire la pelle scura e restare al caldo.

«Te ne vai?» Chiese Bailey dolcemente, appoggiando il viso sulle ginocchia.

Eric si sistemò i polsini e si guardò allo specchio prima di voltarsi.

«Sì, Hailey».

Bailey non gli fece notare che aveva sbagliato il suo nome. Si limitò a stringersi ancor di più nelle lenzuola.

«Quando mi farai conoscere la tua famiglia, Eric?»

Lui la guardò con un sorrisetto e parlò in modo da farla sentire una sciocca.

«Presto, tesoro. Molto presto».

Bailey sospirò tristemente.

Glielo diceva da due anni.

«Ciao, Hailey!» Gridò lui, uscendo.

«Mi chiamo Bailey!» Disse lei, ma era già andato via.

Gli occhi le bruciavano mentre nascondeva il viso tra le ginocchia e li chiudeva.

Sospirò profondamente e si alzò, lavandosi con forza. Si sentiva come il segreto di Eric che nessuno doveva scoprire: sporca.

Dopo essersi pulita e cambiata, Bailey decise di uscire. Come al solito, prese le scale e tenne lo sguardo basso mentre attraversava l'atrio.

Sapeva già cosa avrebbe visto, se avesse alzato gli occhi: gente che la compativa, che la disprezzava. Persone deluse da lei.

Non poteva davvero biasimarli. L'avevano vista fare la stessa cosa per due anni. Era delusa persino di sé stessa.

I suoi insegnanti le dicevano sempre:

Puoi fare grandi cose, Bailey.

Sei una ragazza intelligente con un brillante futuro davanti.

Puoi ottenere qualsiasi cosa, se ti impegni.

E ci era riuscita. Si era arricchita facendo ciò che amava: scrivere. Era diventata famosa. Aveva vinto premi e le avevano intitolato persino degli edifici.

Ma quelle persone non sapevano come si lasciava maltrattare da Eric.

Quel fatto rendeva insignificanti tutti quei successi. Qualsiasi traguardo raggiunto sembrava una presa in giro.

Il freddo di New York la fece tornare lucida. Il naso le diventò rosso e le venne la pelle d'oca, ma l'aria gelida nei polmoni le faceva bene.

Bailey camminò per le strade facendo ciò che amava fin da bambina: osservare le persone. Pensava che fosse uno dei motivi per cui era diventata una brava scrittrice.

Osservare sempre gli altri l'aveva aiutata a scrivere storie realistiche nei suoi libri.

Da piccola, passava ore alla finestra a guardare la gente per strada. Dava loro dei nomi e inventava storie. Li faceva innamorare e li portava in avventure di cui non avrebbero mai saputo nulla.

Alcune di quelle avventure erano poi finite nei suoi libri, rendendola un'autrice di grande successo.

Dato il freddo, le strade erano quasi deserte. La gente era dentro i negozi; Starbucks era pieno, così come un altro bar lì vicino.

Un uomo attirò la sua attenzione mentre tornava a casa. Era alto e muscoloso, con alcuni tatuaggi tribali che spuntavano dal colletto della camicia.

Era in piedi davanti a un vecchio bar, con l’aria arrabbiata. Aveva il telefono all'orecchio e stava imprecando ad alta voce.

A quanto pareva, quel ‘cazzo di Vince’ aveva perso qualcosa, e quell'uomo voleva infilare alcune cose in posti molto scomodi.

Bailey rise tra sé e sé. Lui gesticolava molto mentre urlava al telefono; le sue braccia si muovevano ampiamente, facendo sembrare vivi tutti i tatuaggi.

All'improvviso, smise di parlare e alzò lo sguardo proprio verso di lei. La guardò con interesse, la bocca leggermente aperta.

I tatuaggi risalivano lungo il collo, scomparendo sotto la giacca di pelle.

Lei sussultò, abbassando rapidamente lo sguardo e accelerando il passo.

A ogni passo che faceva, poteva sentire il suo sorriso e il suo sguardo sulla schiena.

Decise di ignorarlo e salì i tre piani fino al suo appartamento.

Bailey camminava il più possibile. Come scrittrice, passava la maggior parte del tempo sulla sua comoda poltrona, mangiando cibo spazzatura che chiamava ‘d'ispirazione’.

Chiuse la porta a chiave dietro di sé e si lasciò cadere sul divano.

Blocco dello scrittore. Aveva il blocco dello scrittore. Non poteva, però; era una scrittrice. Gemette, ripensando alla situazione attuale.

Andò al frigorifero, sperando di trovare qualcosa di buono da mangiare per tirarsi su, ma trovò solo scaffali vuoti.

Ultimamente non era andata a fare la spesa perché sembrava portare sfortuna. Ogni volta che ci andava, o la sua agente la chiamava o compariva in una strada vicina. New York era una grande città, quindi Bailey era confusa su come riuscisse a incontrarla così spesso.

Sospirando, pensò a cosa fare. Proprio quando stava per arrendersi e fare un pisolino, il telefono squillò.

Era sua madre. Oh, fantastico. Bailey gemette dentro di sé.

«Pronto?»

«Tesoro», disse la madre, lentamente.

Bailey poteva sentire la disapprovazione nella sua voce. Cosa c'era di nuovo?

«Sì, mamma?»

«Sei rimasta seduta sul divano così a lungo da dimenticare che giorno è?»

Bailey si sentì ferita. Prima che potesse rispondere, l’altra donna continuò.

«Credo di sì. È venerdì. Tuo fratello e le tue sorelle ti stanno aspettando».

Bailey strinse i denti, cercando di non sussultare.

«Non poss...»

«Ti aspettiamo alle sei».

La chiamata terminò. Bailey guardò il telefono, fissando lo schermo vuoto.

Con un gemito arrabbiato, lo lanciò all'altra estremità del divano e lasciò cadere la testa all'indietro contro il cuscino.

Sua madre, Portia Williams, si era sempre creduta intelligente. Anche se, semplicemente, era solo cattiva con le persone che riteneva inferiori. Aveva un modo di fare che urlava: Sono migliore di te. Perché stai ancora respirando la mia aria?

Ovviamente, aveva solo i figli migliori. Si aspettava il meglio. Accettava solo il meglio. Sopportava solo il meglio.

Portia Williams non capiva che non tutti potevano essere i migliori.

Bailey aveva vissuto con sua madre per la maggior parte della propria vita, ormai sapeva che quando diceva meglio, intendeva ~perfetto~.

Bailey non era perfetta. Era troppo grassa, troppo bassa, troppo intelligente e troppo goffa. Troppo Bailey.

«Nessuno può essere perfetto», si disse mentre si metteva il trucco che odiava.

«Nessuno è perfetto», mormorò, infilandosi dei tacchi altissimi.

«Puoi essere perfettamente imperfetto, ma è perfettamente impossibile essere perfetto», disse, indossando un vestito.

Nonostante ripetesse quelle parole, le stesse che diceva dalla terza elementare, faceva comunque tutto il possibile per apparire perfetta per la madre.

Ovviamente, falliva.

«Bailey tesoro, non sai che quel vestito è troppo stretto per la tua... Figura?» Furono le prime parole della donna.

Mentre Bailey entrava nella casa che aveva comprato per la sua famiglia, sentì il desiderio di girarsi e scappare via.

Lorelei, sua sorella, rise con cattiveria, comportandosi più come una bambina di cinque anni che come una venticinquenne.

La sala da pranzo era la prima stanza dopo l'ingresso, attirando naturalmente l'attenzione non appena si entrava. Era perfettamente in ordine, un vero e proprio palcoscenico. Suo fratello, le due sorelle e i genitori erano tutti lì.

Persino il numero dei familiari era perfettamente pari. Si chiese brevemente cosa sarebbe successo se avessero avuto un altro figlio.

«Principessa!» Suo padre si alzò e la abbracciò forte.

Bailey ricambiò l'abbraccio e inspirò il familiare profumo.

«Ehi, sorellona!» Peter, suo fratello, la salutò con un sorriso e un abbraccio.

«Sei più alto di me, adesso!» Guardò sorpresa il fratello minore.

«Sì. Sono cresciuto quest'estate». La sua voce era profonda. Peter aveva sedici anni. «Ma tu non c'eri, quindi...»

Lei gli scompigliò i capelli e gli rivolse un sorriso triste.

«Lo so. Mi dispiace, Pete».

Mi dispiace, ma non tornerò a vivere qui.

«Sorellona!» La sorella più piccola, Lia, aveva solo sette anni. Corse verso Bailey e la abbracciò stretta. Aveva dei jeans in mano e li agitava verso la sorella maggiore.

«Salvami dai vestiti, Bailey. Non smette di mettermi i vestiti».

Bailey rise e le baciò la fronte. «Vorrei poterlo fare».

Lia tornò ferma, facendo tornare la tensione nella stanza.

Lorelei e la madre stavano lì, con aria di disapprovazione e superiorità.

Bailey si morse il labbro e chiuse gli occhi, cercando di non piangere. Portia voleva che fallisse solo per poter ridere e dire ‘Te l'avevo detto’.

«Mangiamo o cosa?» Chiese Peter, e Bailey gli rivolse uno sguardo grato.

Sta per andare tutto in malora.

Bailey giocherellava con l'insalata usando la forchetta. Odiava l'insalata. Tutti gli altri stavano mangiando polpettone, purè di patate, sugo e pane.

«Devi stare attenta alla linea», aveva detto la madre quando le aveva messo davanti l'insalata.

«Cosa ti sei messa?» Chiese Lorelei, una chiara provocazione.

«Un vestito», disse Bailey piano, cercando di non dare a Lorelei motivo di essere cattiva.

«È vecchissimo», continuò Lorelei col solito tono. «Io indosso Prada. È di moda. Lo portano tutti. Vivi sotto un sasso o cosa?»

Bailey spostò un pezzo di lattuga appassita nel piatto, cercando di non rispondere male.

«Almeno il mio l’ho comprato con i miei soldi», disse Bailey piano nel piatto.

Non aveva parlato abbastanza piano. Lorelei si girò di scatto, con un'espressione arrabbiata. Tutti tranne la madre risero leggermente.

«Mamma», si lamentò Lorelei, con gli occhi che si riempivano di lacrime finte.

Fantastico. Ecco che arrivano le lacrime finte.

«Perché sei così gelosa di tua sorella?» La rimproverò sua madre. «È perché è più magra? Più bella?»

«Mamma!»

«Portia!»

Bailey ignorò le proteste di Peter e di suo padre, sapendo che si sarebbero fermati quando sua madre li avrebbe guardati con rabbia.

«Sono stanca di tutta questa cattiveria contro la mia Lorelei!» Ribatté la madre.

Bailey smise di ascoltare, cercando di pensare ad altro. Provò a immaginare le vite dei personaggi del suo libro.

Cosa starà facendo Cynthia in questo momento? Ci pensò e poi rise dentro di sé. ~Niente. A causa del blocco dello scrittore, Cynthia è bloccata nel bel mezzo di una discussione con suo marito.~

Dannazione. Sto fallendo anche in questo.

Fallimento. Era come qualcosa che le stringeva la gola, e lo stomaco le si contorceva.

«Portia, è nostra figlia!»

«Non m'importa».

«Bailey non lo sopporterà per sempre, sai», disse Peter lentamente, guardando con rabbia la madre e la sorella.

Peter continuò, «Prima o poi si riprenderà tutto, la sua casa e i suoi soldi, e io riderò».

Portia, Lorelei e suo padre impallidirono.

Bailey si alzò e guardò tutti al tavolo. Sorrise con gratitudine a suo fratello e alla sorella più piccola.

«Penso sia ora che torni a casa. Ho... Da scrivere».

***

Eric era in piedi vicino alla porta quando Bailey arrivò al suo appartamento.

«Ehi, dov'eri? Dovevamo vederci stasera».

Lei lo guardò, confusa. «Ho cenato a casa della mia famiglia, non hai ricevuto il mio messaggio?»

«Sì, ma avevi un appuntamento con me», disse lui mentre lei cercava le chiavi.

Perché era così ansioso di entrare?

Le si premette contro la schiena, le mani sui fianchi.

«Ti stavo aspettando», disse piano.

Bailey alzò gli occhi al cielo, allontanandosi dalla porta.

«È questo il problema?»

Anche se conosceva già la risposta: sesso. Era sempre quello, no?

«Cosa vuoi dire?»

«Vai a casa, Eric».

Bailey sospirò, stanca per la lunga giornata. Aveva già avuto abbastanza problemi con la famiglia, affrontare anche quello era troppo.

«No, mi hai detto che ci saremmo visti, quindi apri la porta. Non ho tempo per i tuoi drammi!»

Bailey aggrottò le sopracciglia, mettendosi la borsa sulla spalla. «I miei drammi? Dici sul serio?»

«Hailey, apri quella dannata porta e lasciami...»

Bailey spalancò gli occhi mentre Eric veniva coperto da un'ombra grande ma vagamente familiare. L'odore di colonia e fumo li avvolse.

Eric smise di parlare mentre girava la testa per vedere il grande uomo che lo guardava con rabbia dall'alto.

Bailey sussultò. Era lui. Il ragazzo del bar. Cosa ci faceva lì?

«C'è qualche problema?» Chiese con calma, la sua voce risuonava nel corridoio.

Eric scosse la testa. «No, stavo solo... Stavo solo...»

L'uomo inclinò la testa, in attesa, i suoi muscoli che si gonfiavano mentre lo faceva.

«Andando via? Sembrava che stessi per andartene», disse il grande uomo.

Eric scappò via, lasciando Bailey e lo strano uomo. Lui le porse la mano e lei la guardò, notando quanto fosse ferma.

«Spencer. Vivo nell'appartamento di fronte al tuo. Come ti chiami?»

Lei la prese e sorrise. «Bailey. Grazie per il...» Indicò dove era stato Eric, arrossendo. Che modo di conoscere qualcuno, specialmente con il suo aspetto.

Spencer rise prima di sorridere ampiamente. «Che stronzo. Se torna, bussa pure alla mia porta».

Bailey sorrise. «Lo farò».

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