La nevicata - Copertina

La nevicata

Remmy Saga

La baita nel bosco

MAY

Il cervello mi pulsava contro il cranio e non avevo la forza di aprire gli occhi. Mi sentivo intontita, e ogni minimo movimento non faceva altro che peggiorare la situazione. Mi sembrava che qualcuno mi avesse sbattuto la testa contro un muro più volte.

Non ero sicura di dove mi trovassi, dato che ero sdraiata su quello che sembrava un letto, ma l'ultimo ricordo che avevo era quello della mia auto prima che si schiantasse.

Non faceva freddo, e sentivo persino qualcosa di caldo sopra di me, forse una coperta. Udii dei colpi e aprii rapidamente gli occhi, ma dovetti richiuderli all'istante per via della luce intensa.

Poi tentai nuovamente, socchiudendoli con lentezza per proteggerli dai riflettori luminosi, che improvvisamente erano diventati meno intensi. Qualcuno li aveva abbassati.

"Vedo che finalmente ti sei svegliata", disse una voce profonda.

Mi alzai rapidamente a sedere e mi resi subito conto dell'errore commesso, poiché il mio mal di testa peggiorò e mi dovetti portare una mano alla fronte come reazione. Tuttavia, non mi sfuggirono gli occhi smeraldo più belli che avessi mai visto.

Lo guardai di nuovo non appena il dolore si fu leggermente attenuato, e rimasi a bocca aperta alla vista della bellissima creatura che mi stava di fronte e che mi sorrideva.

"Dovresti chiudere quella bocca prima che ti dia un motivo per farlo", disse continuando a sorridermi.

"Come, scusa?" Chiesi, sorpresa, ma chiusi la bocca e provai a non pensarci più. L'uomo era bellissimo e il suo sorriso era quasi beffardo.

"Dovresti prendere degli antidolorifici per quel trauma cranico. Sono sicuro che in questo momento la testa ti stia martellando". Indicò il tavolino, dove si trovavano degli antidolorifici e un bicchiere d'acqua.

Mi misi lentamente a sedere, sentendo una mano che mi sosteneva da dietro. Mi fece venire i brividi lungo la schiena.

Mi girai leggermente e mi ritrovai con il viso a pochi centimetri dal suo. Lo guardai negli occhi, quegli splendidi occhi color verde smeraldo che non mi permettevano d'interrompere il contatto visivo.

"Nessuno ti ha insegnato che fissare è da maleducati?" Mi chiese, chiaramente divertito dalla mia stupidità.

"Nessuno ti ha insegnato il rispetto dello spazio personale?" Replicai, non avendo altre osservazioni da rivolgergli.

"Esuberante. Proprio come piacciono a me", disse ridacchiando.

Mi stropicciai il volto e lo guardai male.

"Chi sei? Come sono finita qui? Per quanto tempo sono rimasta svenuta?" Domandai, cambiando argomento.

"Aiden", rispose lui tendendomi la mano. Fissai le sue dita grandi e mascoline, chiedendomi che effetto mi avrebbero fatto se me le avesse fatte scorrere lungo il corpo.

Mi liberai rapidamente di quel pensiero per evitare l'imbarazzo e allungai la mano a mia volta.

"May", mi presentai, rendendomi conto che mi aveva salvato la vita e che, se avesse voluto farmi del male, lo avrebbe potuto già fare mentre ero svenuta.

"È un nome bellissimo". Prese le pillole e l'acqua e me le porse.

"Ero con il mio cane, Bo, quando abbiamo sentito il clacson di un'auto e lo abbiamo seguito fino a raggiungerti. Eri già svenuta, ti ho tirata fuori dall'abitacolo e ti ho portata nella mia baita".

Vidi Bo, il pastore tedesco, vicino alla porta, che dormiva profondamente.

"È orribile, là fuori: ci sono molti blackout e incidenti. Non sei rimasta svenuta a lungo, probabilmente solo un'ora.

"Non credo che tu abbia una commozione cerebrale ma dovremmo comunque tenerti sveglia per le prossime ore, giusto in caso. Dov'eri diretta?" Mi chiese, mentre prendevo gli antidolorifici cercando di evitare il più possibile il contatto fisico.

Quell'uomo stava facendo risvegliare la mia libido inesistente. Guardai fuori e non vidi altro che neve e neve.

Non c'è modo di tornare a casa stasera.

"Grazie per avermi salvata. Stavo andando a trovare la mia famiglia. Sono arrivata stamattina in aereo, il prossimo fine settimana c'è il matrimonio di mia sorella".

Bevvi l'acqua, realizzando di essere molto assetata. "Posso averne dell'altra, per favore?" Chiesi restituendogli il bicchiere.

"Sì, certo, dammi un secondo", disse entrando in quella che presumibilmente era la cucina. Mi guardai intorno per la prima volta. Il posto era stupefacente.

Si trattava di una baita a due piani, con interni moderni e al tempo stesso con l'aspetto classico del cottage. Non c'erano oggetti personali, ma vidi la mia borsa sul pavimento e tirai un sospiro di sollievo.

Poi cercai il mio cellulare, sperando di poter dire alla mia famiglia che ero al sicuro. Era tardi, e sarei già dovuta essere a casa. Devono essere così preoccupati. Chiamai prima mia sorella Emma, ma la chiamata non si connetteva.

Aiden tornò nella stanza con il bicchiere d'acqua che gli avevo chiesto. Lo presi e lo bevvi di nuovo.

"Hai portato anche la mia borsa. Grazie". Gli restituii il bicchiere vuoto.

"Sì, ho visto che era sul sedile del passeggero e l'ho portata in caso tu avessi bisogno di qualcosa a suo interno".

Si mise comodo ai piedi del divano su cui ero seduta e mi tornò in mente il mio commento sui confini e sullo spazio personali. Non avevo torto.

"Lo apprezzo molto. Avrei dovuto essere a casa due ore fa. La mia famiglia sarà preoccupata. Ho provato a chiamare ma non c'è campo", gli dissi, mentre provavo a contattare mio padre, ancora una volta senza successo.

"Sì, i ripetitori non sono il massimo in questa zona, e la tempesta ha peggiorato ulteriormente le cose. Prova a mandare un messaggio. Porterò il tuo cellulare di sopra, vicino al balcone. Forse lì avrai più fortuna".

Si alzò, aspettando che digitassi il messaggio.

"Sì, sarebbe fantastico, grazie. Sembra che ti ringrazi in continuazione", dissi ridacchiando tra me e me.

Mandai un rapido messaggio a Emma, facendole sapere che stavo bene e che non potevo tornare a casa finché non fosse passata la tempesta. Poi passai il cellulare ad Aiden.

"Mi vengono in mente alcuni modi in cui potresti ringraziarmi", disse sorridendo e facendomi l'occhiolino, e portò il telefono di sopra. Lo guardai allontanarsi, scioccata e incerta se avessi sentito bene.

Poi mi alzai dal divano per sgranchirmi le gambe e assicurarmi di non essere ferita altrove. Sentivo un leggero indolenzimento al petto, cosa comprensibile visto che si erano aperti gli airbag. Speravo di non avere una commozione cerebrale.

Camminai lentamente per il piano inferiore della baita, osservando il posto. C'erano due porte chiuse, la cucina e il soggiorno.

Entrai in cucina. Era splendidamente arredata, con elettrodomestici in acciaio inossidabile, una grande isola di marmo al centro e un bel tavolo da pranzo coordinato sul lato opposto.

Un corridoio conduceva a una stanza con una finestra di vetro scuro di forma circolare, in quel momento coperta di neve, ma che di giorno avrebbe portato una luce stupenda al suo interno.

Sentii un rumore di passi alle mie spalle e mi girai, trovandomi faccia a faccia con Aiden. Alzai lo sguardo e lo vidi osservarmi dall'alto verso il basso. Aveva un profumo così buono, di bergamotto e sandalo. Era così vicino che potevo persino annusare il suo dopobarba.

Era troppo, per me, stare a così stretto contatto con lui. Feci un passo indietro, cosa che non passò inosservata. Era troppo intimidatorio per stargli troppo vicina.

Mi venne voglia di baciarlo, ma sapevo che sarebbe stata una pessima idea. Abbassai lo sguardo e vidi che mi restituiva il cellulare.

La schermata iniziale si illuminò con una foto di me e di mio nipote Mikah: avrei fatto qualsiasi cosa, pur di farlo sorridere. Anche Aiden abbassò lo sguardo sullo schermo e fece una piccola smorfia, che non passò inosservata.

"Tuo figlio?" Chiese.

"Cosa? Oh, no, è mio nipote Mikah, il figlio di mio fratello". Sorrisi, guardando il cellulare.

"Non lo vedo da più di due mesi", dissi, sorridendo tra me e me mentre ci pensavo. Non vedevo l'ora di rivederlo. Mi voltai verso Aiden e notai che adesso mi sorrideva con uno strano luccichio negli occhi.

"Che bel bambino. Ho una nipote della stessa età, Lydia", disse. Il suo sorriso era lo stesso che avevo io quando pensavo a Mikah.

"Hai fame? Ho fatto delle lasagne. Potrei riscaldarle". Si diresse dietro il bancone della cucina e io lo seguii, prendendo posto su uno degli sgabelli dell'isola.

"Sarebbe fantastico. Sto morendo di fame". Prese il piatto dal frigorifero e mi resi conto che non avevo mangiato dal pasto in aereo. Poi guardai Aiden che riscaldava le lasagne, con i muscoli in evidenza sotto la maglietta aderente. Mi mise il piatto davanti e lo ringraziai con un sorriso prima d'iniziare a mangiare.

"Oh wow, le hai fatte tu? Sono deliziose", dissi con la bocca mezza piena. Aiden mi guardò e rise, soddisfatto di sé.

"Sì, mio padre è un ottimo cuoco, ha imparato dai migliori. A proposito, sono riuscito a inviare il tuo messaggio, ma non sono sicuro se potrai ricevere delle risposte prima che la tempesta sia passata. Potresti rimanere bloccata qui per un po'.

"Le strade di questa zona non sono una priorità e non vengono sgomberate subito. Non abbiamo avuto una nevicata come questa da anni. Ad ogni modo, ho il mio generatore, quindi siamo a posto con l'elettricità".

Finii le lasagne nel momento in cui Aiden smise di parlare.

"Oh no! Speriamo che le cose si sistemino presto. Mia sorella non sarà contenta se il suo matrimonio verrà ritardato per colpa mia. E tu? Come sei rimasto bloccato qui?"

Aiden portò il mio piatto al lavandino per pulirlo.

"Come te. Stavo tornando dall'aeroporto e dovevo controllare questo posto, che avrei dovuto affittare per una settimana, e poi sono rimasto bloccato dalla neve".

Tirò fuori due tazze, accese il bollitore e mi si mise accanto, contro il bancone di marmo. Trattenni il respiro senza nemmeno rendermene conto: sapeva l'effetto che aveva su di me.

"Vuoi dire che stanno arrivando delle persone?" Sussurrai, senza nemmeno rendermene conto, incapace di distogliere lo sguardo da lui. Il bollitore fischiava sul retro, ma nessuno dei due riusciva a distogliere lo sguardo l'uno dall'altra.

"Non più, a causa della tempesta di neve. Quindi saremo soli noi due per i prossimi giorni", mi sussurrò con una voce profonda e burbera mentre mi scostava i capelli dal viso. Presi un bel respiro.

"Oh... E adesso?" Espirai, chiedendomi se avrei avuto la forza di aggiungere qualcosa.

Si spostò indietro, dandomi spazio per respirare. Versò l'acqua bollente nella tazza insieme a quella che sembrava della cioccolata calda. Stavo sbavando.

Aiden portò con sé le due tazze, ma invece di mettermene una davanti, iniziò a camminare verso il salotto. Ero confusa, finché non si accorse che non lo stavo seguendo e si fermò a metà strada, voltandosi.

"Non vieni?" Chiese, facendo un cenno verso il soggiorno. Lo seguii e lui posò le tazze sul tavolino.

Si sedette sul divano di fronte alla TV e accarezzò il posto accanto a lui, come a suggerirmi di sedermici. Non sapevo se fosse una buona idea, ma prima che potessi pensarci troppo, feci quello che mi aveva chiesto.

Sembrò soddisfatto che avessi eseguito i suoi ordini, tuttavia mi sedetti il più lontano possibile da lui, all'estremità opposta del divano, che comunque non era troppo lungo e lasciava solo lo spazio per un'altra persona tra noi. Accese la televisione e mi guardò.

"Preferisci qualcosa in particolare?" Mi chiese. Fissai lo schermo e scossi la testa, così lui scelse un film a caso e si mise comodo sul divano.

Mi passò la cioccolata calda e prese l'altra tazza per sé. Il suono della musica introduttiva del film svegliò il cane addormentato.

Mi guardò e inclinò la testa chiedendosi chi diavolo fossi, poi guardò Aiden e si diresse verso di lui. Aiden lo accarezzò e lo grattò sotto il mento.

"Ehi, amico, hai fatto un bel pisolino?" Disse strofinandogli la pelliccia mentre lui si grattava l'orecchio con la zampa posteriore. "Si chiama Bo", disse guardandomi. Bo mi guardò a sua volta, accertandosi che non costituissi una minaccia.

"Bo?" Chiesi, domandandomi perché avesse scelto un nome del genere. Mi chinai per accarezzarlo, e lui si accoccolò contro la mia mano.

"Sì, è un nome che ha scelto mia nipote Lydia quando l'ho preso. Gli piaci", mi rispose finendo di grattarlo dietro l'orecchio.

"È carino", risposi mentre Bo andava in cucina, probabilmente per mangiare il suo pasto. Aiden si mise di nuovo comodo sul divano e sorseggiò la cioccolata calda, e io feci altrettanto.

"Allora, che lavoro fai? Hai detto che sei arrivata in aereo, quindi non sei di queste parti?" Si girò a guardarmi, dimenticando il film che stava passando sullo schermo.

"Oh, in realtà sono nata e cresciuta qui. Mi sono trasferita circa cinque anni fa per aprire il mio forno a Londra. Negli ultimi quattro anni, però, non sono più tornata".

"E tu? Sei arrivato anche tu in aereo, giusto? Che cosa fai?" Chiesi, curiosa di saperne di più su di lui.

"Ho qualche attività qua e là. Vivo in Florida, ma viaggio molto per lavoro. La mia attività principale è quella della riparazione delle auto. Perché proprio Londra?"

Appoggiò una gamba sul divano e inavvertitamente toccò la mia, annebbiandomi i pensieri.

"Ho fatto un corso di pasticceria lì per sei mesi, e mi sono innamorata del luogo, così ho deciso di stabilirmici. Sto cercando qualche zona qui in Nevada per aprire un mio negozio anche lì: una panetteria o un forno, che dir si voglia. Vedremo come andrà".

Sorseggiai la mia cioccolata calda e chiusi gli occhi per assaporarne l'aroma e il gusto deliziosi. Quell'uomo sapeva davvero cucinare e faceva una cioccolata calda fantastica. Cazzo. Doveva essere stato mandato dagli dei per mettermi alla prova.

"Conosco alcuni posti disponibili. Posso mandarti i dettagli una volta arrivato in ufficio". Bevve il resto della cioccolata calda e rimise la tazza sul tavolo.

"Oh, è molto gentile da parte tua. Mi stai aiutando molto. Non potrò mai ringraziarti abbastanza. Sarei ancora bloccata all'interno della mia macchina se non fosse stato per te. Grazie ancora".

Gli appoggiai la mano sul ginocchio, pentendomi immediatamente della decisione. Aiden abbassò lo sguardo sulla mia mano e poi su di me.

"Mi vengono in mente alcuni modi in cui puoi ringraziarmi", disse, leccandosi le labbra e facendomi l'occhiolino. Mise la sua mano sopra la mia e la strinse.

"Co... cosa vuoi dire?" Balbettai cercando di ritirare la mano, ma lui la strinse con forza e io non mi sforzai abbastanza per liberarla.

"Credo che tu sappia cosa intendo". Mi si avvicinò e le sue dita tornarono a scostarmi i capelli dal viso, scendendo poi lentamente fino a posarmisi sulla scapola.

"Non verrò a letto con te", dissi con forza, facendo ridacchiare Aiden che mi si appoggiò contro come per invitarmi ad accoccolarmi sul suo petto.

"Questo lo vedremo". Avvicinò il suo viso al mio: "baciami", mi ordinò.

Volevo davvero farlo, ma al tempo stesso non volevo dargli la soddisfazione.

Tuttavia, le sue labbra erano proprio davanti alle mie e non potevo negare che avessero un aspetto così invitante… Volevo baciarlo e strappargli la camicia di dosso.

Così cedetti alla tentazione e mi avvicinai. Posai la mia bocca sulla sua e le cose ci sfuggirono di mano subito dopo.

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