
Feci del mio meglio per mantenere la calma, anche se sentivo le viscere attorcigliarmisi. Quando guardai gli occhi imperscrutabili del signor Benson, capii d'essere in guai seri.
"Vuole spiegarmi il significato di questo, signorina Pritchett?" Mi chiese sventolando in aria la mia lettera di dimissioni.
Rimasi immobile, senza sapere cosa fare o dire. Il signor Benson era in piedi di fronte a me, con la mano stretta a pugno. Vedevo la sua mascella contratta, come se stesse digrignando i denti.
Non sapevo davvero cosa dirgli. Mi spaventava e mi eccitava al tempo stesso. Lo desideravo e volevo contemporaneamente stare il più lontano possibile da lui.
"Signore, con tutto il rispetto, credo che il significato di quella lettera sia che voglio dimettermi dall'azienda", dichiarai.
Il signor Benson deglutì e abbassò la lettera. Socchiuse il pungo e prese un respiro profondo. "E cosa le ha fatto pensare di potersi dimettere dalla mia azienda?" Chiese.
"Mi scusi, signor Benson, ma l'ultima volta che ho controllato, ero ancora un essere umano libero che ha il diritto di vivere la sua vita come vuole. Nessuno può impormi cosa farne della mia vita, soprattutto non lei. Non credo di essere adatta a farle da assistente personale, e le auguro buona fortuna per la mia sostituzione. Ora, se ha finito di interrogarmi, mi congedo volentieri. Buona giornata". Mi voltai per uscire, ma le parole che uscirono dalla bocca del signor Benson mi bloccarono sul posto.
"Si sbaglia, signorina Pritchett. Lei è esattamente l'assistente personale di cui ho bisogno. Stanotte non sono riuscito a dormire: continuavo a pensare alla sua mano nella mia, all'odore dei suoi capelli, alla morbidezza della sua voce. So che è così anche per lei".
Rabbrividii al suono delle sue parole. Era vero, ma non desideravo lo fosse. Avrebbe portato solo problemi.
"Non sono pronto a rinunciare", disse, avvicinandomisi abbastanza da sussurrarmi all'orecchio. "E non pensi che le basterà andarsene per non vedermi più, perché, tesoro, non c'è posto dove lei possa andare che io non riesca a trovare".
Rabbrividii alle sue parole. Sapere che sentiva questo legame tra noi era una benedizione e una maledizione al tempo stesso. "Non può... non può fermarmi, signor Benson. Io... io lascerò questa azienda e lei non potrà fermarmi", risposi con fermezza, anche se ogni centimetro di me voleva restare.
"No, tesoro, è qui che si sbaglia. Vede, ho il potere di fermarla: ha firmato un contratto con il signor Caldwell, e quando sono diventato proprietario di questa società, quel contratto si è trasferito a me. Quindi lei è ancora legata sia alla società che a me. Se se ne va, viola il suo contratto e posso portarla in tribunale", disse, compiaciuto.
"Non sto violando alcun contratto e non può accusarmi di farlo", dissi. Mi guardai intorno per cercare aiuto, ma l'atrio era vuoto, a parte la guardia di sicurezza alla reception.
Cercai di fare un passo indietro, ma il signor Benson mi seguì da vicino. Il suo sorriso diabolico mi fece rabbrividire. "Certo che posso, fiorellino: sono il suo capo. Adesso prenda questa lettera di dimissioni, la bruci e continui a lavorare per me. O la denuncio per violazione del contratto".
"Mi sta ricattando!" Esclamai.
Ridacchiò, facendo scorrere il suo sguardo sulle curve del mio corpo e provocandomi la pelle d'oca sulle braccia. Mi passò una mano intorno alla vita e mi tirò a sé, facendomi urlare di sorpresa.
"Certo, passerotta, la sto ricattando", mi riposizionò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Ora che l'ho conosciuta, non la lascerò andare. le consiglio di fare la cosa più intelligente: dimenticare questa lettera di dimissioni e continuare il suo lavoro".
La sua testa si abbassò e mi accarezzò il collo, facendomi sussultare. "Non vedo l'ora di lavorare insieme", disse, rilasciandomi bruscamente e facendomi inciampare.
"Mi porti una tazza di caffè, signorina Pritchett", disse mettendomi una mano sulla schiena e spingendomi in avanti verso l'ascensore. Aveva il pieno controllo e non era minimamente spettinato, mentre io ero in uno stato di totale confusione ormonale.
Lavorai per il resto della giornata, continuando a ripetermi che non sarebbe finita lì: per quanto il signor Benson pensasse di aver vinto, non sapeva che quando decidevo di fare una cosa, mi assicuravo di portarla a conclusione a prescindere da tutto.
Avevo deciso di dimettermi da quell'azienda e l'avrei fatto: al diavolo il signor Benson.