All'età di sei anni, Anna si trasferisce dal nonno dopo che i cacciatori hanno ucciso i suoi genitori. Ora, vent'anni dopo, i loro assassini sono stati catturati e giustiziati. Per Anna è finalmente arrivato il momento di andare avanti con la sua vita. A ventisei anni, non ha ancora incontrato il suo compagno e non si sente speranzosa. Ma poi il branco Oborot viene in visita per Natale e sia alfa Viktor che beta Erik dichiarano che Anna è la loro compagna! Anna deve prendere una decisione importante, ma come può scegliere tra i due bellissimi lupi russi?
Età: 18+
Anna
"Ti prego, mamma. Ti prego, papà. Svegliatevi. Ho paura!" Anna singhiozzava sui corpi senza vita dei suoi genitori; erano rigidi e freddi sotto le sue piccole mani. Le si spezzò il cuore.
La sua mente confusa da bimba di sei anni si rifiutava di riconoscere il sangue scuro che macchiava le lenzuola immacolate di sua madre.
Il suo piccolo naso, dall'olfatto potenziato, si rifiutava di credere che l'odore rancido di morte e decomposizione provenisse dai corpi davanti a lei.
"Vi prego". Continuò a singhiozzare incontrollabilmente. L'odore della stanza e la vista dei suoi genitori morti le provocavano conati di vomito. Dallo stomaco vuoto non risaliva nulla.
Non potevano essere morti; avevano promesso di tenerla al sicuro. Come potevano proteggerla dal mondo se non c'erano più?
"Vi prego", disse di nuovo, questa volta un sussurro, mentre il pianto e la tosse scemarono in lamenti sommessi. Il suo piccolo corpo si accasciò tra i genitori, gli occhi le si chiusero.
Il silenzio era insopportabile.
***
Ore prima
Passi pesanti risuonarono attraverso il soffitto e riecheggiarono sulle pareti attorno ad Anna fino a insinuarsi nelle sue orecchie, svegliandola da un sonno profondo e pieno di sogni.
Una rapida annusata le fece capire che erano ancora le prime ore del mattino; intuì che gli uccelli stavano ancora riposando, perché tutto intorno alla casa della sua famiglia regnava il silenzio. Allora chi c'era in cucina?
Dal suo letto, Anna non riusciva a distinguere alcun odore strano proveniente dal piano di sopra, ma le voci sommesse che seguirono l'ennesima serie di passi pochi istanti dopo non erano quelle dei suoi genitori.
Fissando il soffitto, Anna seguì i rumori di chi si aggirava nella cucina e si rannicchiò contro la testiera del letto, coprendosi con il pesante piumone.
Poi la porta della botola sopra di lei tremò sotto il peso di chi vi stava sopra.
Il cuore iniziò a batterle forte, tanto che temeva potesse sfondarle il petto. Mamma e papà non stavano mai svegli fino a quell'ora e non avevano mai invitato degli amici.
Anna seguì il rumore dei passi che percorrevano la stanza sopra di lei per dirigersi verso il corridoio. Udì ancora voci attutite, poi la porta d'ingresso si chiuse sbattendo e la casa piombò nel silenzio.
Ora gli unici suoni che sentiva erano il battito frenetico del cuore e il respiro affannoso.
Voleva chiamare i suoi genitori, ma non riusciva a muovere le labbra.
Da quando aveva memoria, l'unica regola da non infrangere mai era questa: 'Mai salire in superficie prima dell'alba'. Così, Anna rimase in silenzio e aspettò il mattino.
Seduta contro la parete della sua cameretta dipinta di rosa, Anna sbirciò da sotto le coperte.
I colpi e le strane voci che l'avevano svegliata dal sonno sembravano risalire a una vita prima.
La stanza di Anna era un seminterrato riconvertito in camera che si trovava sotto la cucina, dove si erano verificati la maggior parte dei tonfi.
La porta della botola che separava la stanza di Anna dal piano superiore era praticamente invisibile.
Il soffitto sovrastante, che prima aveva tremato per il peso dei passi pesanti, ora era silenzioso. Troppo silenzioso.
Chiunque fosse stato in casa con i suoi genitori se n'era andato da ore e l'alba era finalmente spuntata, lasciando spazio al nuovo giorno.
Anna riusciva a sentire il cinguettio degli uccelli che si svegliavano dai loro nidi sugli alti alberi che circondavano il piccolo cottage.
A questo punto, il padre di Anna sarebbe dovuto scendere a prenderla come ogni mattina. Era domenica e questo significava che sarebbero stati al lago tutta la mattinata a pescare salmoni per cena.
In realtà, avrebbero dovuto trovarsi già lì; suo padre era sempre il primo ad alzarsi.
Era confusa, voleva muoversi da quella posizione angusta in cui si era bloccata, per paura che se avesse mosso un muscolo sarebbe successo qualcosa di brutto.
Anna distese gli arti e allontanò da sé il piumone; lo aveva usato come scudo per proteggersi per un numero imprecisato di ore e lei ormai aveva troppo caldo.
I muscoli le fecero male solo a fare quel movimento.
Scendendo dal letto, Anna provò un sollievo immediato quando si stiracchiò, le braccia alzate sopra la testa e il corpo minuto piegato leggermente all'indietro, per allungare completamente la schiena.
Soddisfatta, attraversò il piccolo spazio che separava il letto dalle scale di legno scricchiolanti che permettevano di raggiungere la porta della botola. Esitò, temendo ancora di fare rumore.
Convincendosi del fatto che non avrebbe infranto nessuna regola, visto che l'alba era ormai arrivata, Anna procedette con la salita.
Fece attenzione a tenere il passo leggero e a non calpestare i punti in cui sapeva che il legno dei gradini era scricchiolante.
Il legno a vista delle scale era freddo contro le sue mani e i suoi piedi nudi, ma lei voleva solo vedere i suoi genitori, e tornare di sotto per cercare le pantofole e i guanti non le sembrava importante.
Una volta raggiunta la botola, Anna allungò la sua piccola mano, consapevole di quanto tremasse, poi afferrò la fredda maniglia di metallo, la ruotò e spinse.
La porta della botola si sollevò per un attimo, poi fece resistenza, lasciandole solo un sottile spazio per sbirciare. Girando la testa un po' a destra in modo che l'orecchio fosse rivolto verso la piccola apertura, si sforzò di sentire.
Dopo un lungo momento di silenzio assoluto, Anna trovò il coraggio di parlare.
"Mamma? Papà?" Esclamò. "Sono bloccata". Nell'attesa che accorressero, Anna cercò di osservare la cucina per quanto era possibile attraverso la piccola apertura.
Alzò leggermente la testa per vedere meglio e vide che la tapparella era ancora chiusa.
La caffettiera che sua madre preparava ogni mattina prima dell'alba era ancora riposta nella credenza montata sulla parete. Forse avevano dormito fino a tardi dopo aver avuto ospiti la notte scorsa?
Dopo qualche istante e nessuna risposta, Anna iniziò a farsi prendere dal panico. Non sarebbero mai usciti lasciandola sola in casa. Non l'avevano mai fatto prima.
L'inquietante silenzio che riempiva la casa la rese facile preda della paura, che la spingeva a tornare indietro, rannicchiarsi nel letto e ad aspettare, come le era stato detto di fare ogni notte, finché suo padre non fosse venuto a prenderla dopo l'alba.
Sopprimendo quell'istinto e concentrandosi sul desiderio di stare con i genitori, raccolse la forza speciale che i suoi genitori le avevano proibito di usare a meno che non si trattasse di un'emergenza e spinse contro la vecchia porta di legno della botola.
Invece di incontrare resistenza, stavolta la botola si aprì, scaraventando in aria tutto ciò che la bloccava.
Un secondo dopo, il tavolo della cucina si schiantò a un metro dalla botola aperta. Anna indietreggiò di un paio di passi, aspettando il suono delle voci dei suoi genitori arrabbiati per il rumore che aveva fatto.
La confusione la attanagliava. Perché il tavolo bloccava la sua porta nascosta?
Dopo un altro lungo momento senza che i suoi genitori si facessero sentire, Anna tornò a sbirciare lentamente e un attimo dopo uscì, tenendo aperta la porta della botola nel caso in cui avesse avuto bisogno di nascondersi di nuovo.
Non c'era niente di meglio della sensazione di sicurezza che si provava quando si era nascosti sotto uno spesso piumone nella propria camera da letto.
Anna si ritrovò a spostare il peso del corpo da un piede all'altro; il pavimento di legno sotto i suoi piedi era gelido.
Di solito suo padre aveva già acceso un fuoco per riscaldare l'intera casa, invece il fuoco non c'era e lei era tutta infreddolita.
Fuori cadeva la neve, ricoprendo di bianco la foresta e il cottage. La casa sarebbe diventata ancora più fredda se non avessero acceso il fuoco al più presto.
Le impronte degli scarponi da neve lasciate dai visitatori qualche ora prima macchiavano il pavimento di legno; faceva così freddo in casa che la neve non si era sciolta del tutto.
Il cuore di Anna accelerò i battiti di nuovo quando notò che alcune impronte di stivali avevano tracce di rosso. Uscì di corsa dalla cucina e attraversò il corridoio.
Non si guardò indietro mentre correva a più non posso, con l'unico obiettivo di raggiungere la stanza dei suoi genitori. I suoi piccoli piedi sguazzarono nella fanghiglia macchiata di rosso mentre correva, facendola scivolare.
Anna percepì un odore terribile quando rallentò fino a fermarsi a un metro dalla porta di quercia semiaperta che bloccava la vista sulla stanza dei genitori.
L'odore le ricordava quella volta che suo padre l'aveva portata a caccia.
Ricordava che si erano imbattuti in un cervo morto e in decomposizione da qualche giorno. Il fetore era stato così forte e sgradevole per il delicato naso in via di sviluppo di Anna che avevano dovuto abbandonare la zona.
Non avrebbe mai dimenticato quell'odore.
Perché mamma e papà avevano un animale morto nella loro stanza?
Su gambe deboli e tremanti, Anna colmò la distanza tra sé e la porta, poi allungò la mano e spinse, rivelando la stanza alla sua vista. Un brivido gelido le salì lungo la schiena.
Rifiutandosi di credere ai suoi occhi, Anna pronunciò le prime parole che le vennero in mente.
"State ancora dormendo?" Chiese con voce pacata. L'odore era più forte all'interno della stanza, ma non c'era nessun animale morto. L'odore proveniva dal letto, da loro.
Ora percepiva anche altri odori. Non riusciva a dare loro un nome o una collocazione. L'odore di diversi estranei saturava l'aria.
Sentiva l'odore di sporco proveniente dalle grandi impronte bagnate che segnavano il pavimento in linee perfette fino al letto, macchiando l'immacolato tappeto color crema di sua madre.
Sentiva l'odore del sangue che sporcava le lenzuola rosa confetto che coprivano i corpi dei suoi genitori fino al collo. Sopra la trapunta, le teste dei suoi genitori riposavano sui cuscini.
Gli occhi erano chiusi e sembravano tranquilli. Ma il loro colorito non era quello giusto e Anna sapeva che il sangue sulle lenzuola ne era la causa.
Lasciandosi sfuggire il singhiozzo che aveva trattenuto finora, Anna si riscosse dal freddo che l'aveva immobilizzata e corse verso il letto. Saltò sopra le coperte, atterrando tra i corpi dei suoi genitori.
Anna li scosse entrambi, pregandoli di svegliarsi.
I passi che aveva sentito durante la notte non appartenevano ad amici dei suoi genitori; chiunque gli intrusi fossero, erano entrati in casa sua e avevano fatto del male ai suoi genitori.
"Ti prego, mamma. Ti prego, papà. Svegliatevi. Ho paura! Vi prego". I suoi singhiozzi incontrollabili continuarono. L'odore della stanza, la vista dei suoi genitori e la combinazione di entrambe le cose le provocarono conati di vomito.
Dallo stomaco vuoto non risaliva nulla. Non potevano essere morti; avevano promesso di tenerla al sicuro. Come potevano proteggerla dal mondo se non c'erano più?
"Vi prego", disse di nuovo, questa volta un sussurro, mentre il pianto e la tosse scemarono in lamenti sommessi. Il suo corpicino si accasciò tra i genitori, gli occhi le si chiusero. Il silenzio era insopportabile
Un'eternità dopo, o almeno così sembrava, Anna sentì un rumore. Alzandosi da dove era stata sdraiata tra i corpi senza vita dei suoi genitori, si sforzò di ascoltare.
Il movimento proveniva dall'esterno del cottage. C'era qualcuno alla porta d'ingresso. Udì chiaramente il suono della maniglia che girava, lo scricchiolio della porta che si apriva e poi il suono delle voci.
"Perché ci è voluto così tanto per trovarli?" Disse una voce maschile profonda. "Dovresti essere il miglior segugio dello Stato".
"Non vedo mio figlio da otto anni, per l'amor di Dio!" Anna riusciva a sentire l'odore della rabbia dell'uomo da dove era seduta; anche solo il potere racchiuso nella sua voce la faceva tremare di terrore.
Il suo cervello non aveva registrato le parole dell'uomo. Le persone che avevano fatto del male ai suoi genitori erano tornate per lei?
"Mi dispiace, alfa". Un'altra voce maschile, anche se più bassa. "Hanno coperto bene le loro tracce. In un posto come questo, così fuori mano, era quasi impossibile trovare un odore..."
"Fermi!" Una voce femminile interruppe gli uomini. I passi leggeri che provenivano dal gruppo si fermarono. "Sentite questo odore?" Anna sentì annusare; erano in grado di percepire il suo odore? La donna ringhiò.
"Guardatevi tutti le spalle".
I passi ripresero a muoversi verso la stanza in cui si trovava Anna. Si fecero più forti man mano che gli intrusi si avvicinavano.
Anna iniziò ad arretrare, strisciando sulle mani e sulle ginocchia, mentre la paura si impossessava del suo corpo. Il bisogno di nascondersi era irrefrenabile, al punto da farla tremare in modo incontrollato e respirare affannosamente.
Non poteva tornare in camera da letto senza incrociare gli intrusi.
Si guardò intorno freneticamente, controllando con lo sguardo ogni angolo della stanza. Prima che potesse agire, i passi si fermarono fuori dalla porta.
Anna tremò per il terrore. Nessuno l'avrebbe protetta ora. La pistola di suo padre era in salotto, i coltelli in cucina e lei era a mani vuote.
Una figura vestita di nero entrò dalla porta. Una donna, notò Anna, con lunghi capelli nero corvino e lineamenti erano molto simili a quelli della madre di Anna.
Un ringhio lasciò le labbra di Anna quando la donna fece per avvicinarsi. La donna lasciò cadere la pistola a terra e gemette, fissando la bambina e i suoi genitori.
I genitori di Anna le avevano detto di non ringhiare mai a chi vedeva, ma il rumore proveniva dal profondo del suo petto, non aveva potuto evitarlo.
La donna si avvicinò lentamente, con le mani alzate come per arrendersi. Fu seguita da altre figure scure.
Le tende della camera da letto erano aperte, ma il sole era ancora nascosto dagli alberi che circondavano il cottage, quindi Anna non riuscì a distinguere i dettagli del viso delle persone dietro la donna.
L'ultima persona che entrò nella stanza, un uomo, lanciò un'occhiata ad Anna, poi ai suoi genitori che giacevano immobili dietro di lei, e gettò la testa all'indietro, emettendo un ruggito terribile.
Il terrore scosse il corpo di Anna e l'impulso di fuggire prese il sopravvento. Si tuffò dal letto e corse verso la finestra.
Non era aperta, ma forse usando la sua forza speciale avrebbe potuto rompere il vetro e scappare. Dove sarebbe andata dopo era un problema che non aveva ancora preso in considerazione.
Qualcuno la afferrò per la vita e la sollevò da terra prima che potesse avvicinarsi alla via di fuga. Anna ringhiò e graffiò le mani forti che la trattenevano.
Quelle mani la fecero voltare. Si rese subito conto che l'uomo che la teneva era quello che aveva ruggito, il che non fece altro che farla piangere e lottare di più. Lui ringhiò profondamente in risposta.
Anna si fermò quando un senso di consapevolezza la investì. Fissò i suoi occhi stretti e pieni di dolore. Conosceva quegli occhi. Conosceva il suo odore. Aveva lo stesso odore di...
"Papà?" Chiese. Lo sguardo dell'uomo si intenerì, poi si appannò.
"No", rispose dolcemente, scuotendo piano la testa. "Sono il papà del tuo papà. Capisci?"
"Nonno?" Riconobbe il suo volto. Suo padre le aveva mostrato delle foto di quell'uomo e le aveva raccontato delle storie su di lui.
"Hai lo stesso odore del mio papà". Lo annusò; le lacrime le offuscarono la vista, si riversarono sulle sue guance. "Puoi svegliare il papà e la mamma, per favore?"
Lui la tirò a sé e la cullò nel calore del suo petto. "Mi dispiace, tesoro mio", le disse accarezzandole la schiena. "Se ne sono andati".