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Cover image for I marchi che ci legano

I marchi che ci legano

2: Capitolo 2

AVA

Mi spostai scompostamente sul sedile. I vestiti freddi e bagnati mi si appiccicavano addosso e non mi sentivo più le punte dei piedi.

Mi chinai leggermente in avanti e guardai la pelle dietro di me. Avevo lasciato un segno umido nel punto in cui si trovava la mia schiena.

"Ti sto rovinando la tappezzeria!"

"Non preoccuparti", disse l'uomo accanto a me senza nemmeno guardarmi.

Mi riappoggiai all'indietro, ancora non del tutto a mio agio. Poi sbirciai fuori dal finestrino e vidi che Miles stava passando con le ultime decorazioni in mano.

Richiuse il bagagliaio e pochi istanti dopo rientrò e si sedette al posto di guida, girò la chiave dell'accensione e l'auto si mise lentamente in moto.

"Dov'eri diretta?" Mi chiese l'uomo, ancora senza guardarmi.

Mi posizionai alcune ciocche di capelli bagnati dietro l'orecchio. "Porthouse Publishing. È in via…"

"Sappiamo dove si trova. Alla Porthouse, Miles". E finalmente mi fissò. "Lavori lì?"

"Mi dispiace, non credo che tu ti sia presentato dopo che ti ho detto il mio nome".

"Cyrus. Cosa fai alla Porthouse?"

"Ci lavoro come grafica".

Mi guardai i piedi, che cominciavano a farmi male, ora che il sangue stava ricominciando ad affluirci. Le dita mi pulsavano e le scarpe mi sembravano irragionevolmente strette.

"Sei brava nel tuo lavoro?"

Alzai un sopracciglio. "Credo di sì, certo". Che razza di domanda era? "E tu cosa fai?"

"Affari". Guardò di nuovo fuori dal finestrino.

"Sto cercando di dedicarmi più all'illustrazione invece che al design", dissi a quel punto, e mi chiesi perché l'avessi fatto. Dopotutto era un perfetto sconosciuto.

Sembrava però che avessi attirato la sua attenzione. Si voltò a guardarmi di nuovo. "Hai esperienza?"

"Solo un progetto, ma piuttosto grande, in realtà".

"Niente che possa aver visto?"

Sentii le guance arrossarsi. "Se hai dei figli, forse. Era per un libro per bambini di persone famose. La mia casa editrice aveva indetto un concorso per trovare un illustratore e l'ho vinto".

"Il libro di Jesse Harrison?"

Annuii.

"Mi è familiare. Ottimo lavoro".

La cosa mi sorprese un po', visto che finora non mi aveva rivolto una parola gentile. Anzi, non aveva quasi parlato.

"Grazie", dissi con un tono un po' troppo eccitato. Feci una smorfia e sprofondai ancora di più nel sedile.

"Non ha mai tentato la fortuna alla Brentstone and Sons?"

"L'ho fatto. Ma purtroppo hanno trovato una soluzione migliore".

"Forse dovresti riprovare".

Armeggiai con i bottoni del cardigan. "Non credo proprio. Non mi va di essere rifiutata due volte. Accetterò la sconfitta e andrò avanti".

L'auto entrò nel parcheggio della Porthouse. La nevicata era aumentata e ora copriva la città con una spessa coltre bianca.

Faceva sembrare tutto tranquillo, soprattutto ora che la luna aveva fatto breccia tra le nuvole e gettava una luce sottile sul paesaggio, facendo scintillare la neve in modo meraviglioso.

Aprii la portiera e scesi dall'auto. "Vado a prendere un altro scatolone per le decorazioni. Torno subito!"

Cercai di camminare senza scivolare sul pavimento coperto di neve, e poco dopo uscii dall'edificio con una grande scatola di cartone in mano.

Quando tornai alla macchina, Miles mi stava già aspettando davanti al bagagliaio aperto, e mi aiutò subito a metterci dentro le decorazioni. Mi riposizionai il cappotto bagnato sulle spalle, presi la scatola e mi girai verso di lui.

"Grazie mille. Vi sono in debito. Non so come potrò mai ripagarvi".

Miles mi sorrise ed annuì. "È stato un piacere".

Guardai verso il lato dell'auto dove era seduto Cyrus. Dubitavo che avrebbe detto la stessa cosa.

Mi avvicinai al suo finestrino e aspettai che lo abbassasse. Ma non lo fece. Pensai di andarmene senza ringraziarlo, ma mi sembrava scortese. Così sgranai gli occhi e diedi un colpetto al finestrino. Finalmente lo aprì, a metà, e sollevò un sopracciglio verso di me.

"Grazie per avermi dato un passaggio", dissi.

Annuì.

Rimasi un attimo in attesa di una risposta, poi mi voltai per andarmene, avendo capito che non l'avrei ricevuta. Stavo per allontanarmi quando sentii nuovamente la sua voce bassa.

"Dovresti davvero riprovare alla Brentstone".

Mi girai di nuovo verso di lui. "Come ho detto..."

"L'offerta è valida fino alla fine del mese".

"Quale offerta?" La sua vaghezza mi stava infastidendo.

"Riprova alla Brentstone e lo scoprirai".

Il finestrino si risollevò. Rimasi lì, perplessa, prima di voltarmi e tornare verso l'edificio, dove trovai Miles che mi teneva la porta aperta.

"Grazie ancora. Mi avete salvato la vita". Ed entrai.

***

Nei giorni successivi all'incontro con Cyrus e Miles, non potei fare a meno di pensare a ciò che mi aveva detto. Mi chiesi cosa facesse alla Brentstone and Sons, visto che ovviamente aveva il potere di fare offerte di lavoro.

E malgrado cercassi di dimenticare l'intera faccenda, stava diventando ogni giorno più difficile.

Alla fine decisi di riprovare alla Porthouse e riuscii ad ottenere un appuntamento con il signor Porthouse in persona, per quel pomeriggio.

Misi delle scarpe con i tacchi invece dei miei soliti stivali, qualsiasi cosa mi aiutasse a sembrare più professionale e adatta alla posizione.

Pensai anche d'infilarmi una matita dietro l'orecchio per sembrare più artistica, ma alla fine decisi di non farlo, non volendo apparire ridicola.

Alzai la mano per bussare alla porta, ma sentii la voce del signor Porthouse che mi chiamava prima che ne avessi la possibilità.

"Signorina Mayweather. Come posso aiutarla?"

Entrai nervosamente e gli sorrisi, sforzandomi di apparire sicura di me. "Mi chiedevo se avesse un minuto per discutere di alcune cose".

Il signor Porthouse mi squadrò. "Sì, ne ho venti da dedicarle, visto che ha fissato questo appuntamento". Non potei fare a meno di percepire un sottofondo di noia nella sua voce. Lo stavo già perdendo.

"Bene". Posai il mio portfolio sulla sua scrivania. "Mi chiedevo se potessimo discutere di nuovo di un trasferimento interno al reparto illustrazioni".

Il signor Porthouse, che si era appoggiato alla sedia con le mani dietro la testa, ora si rialzò e raddrizzò la schiena mettendosi a scrivere al computer.

"Pensavo che ne avessimo già discusso".

"Sì, ma ho pensato che..."

"So cos'ha pensato. Ma solo perché ha vinto un piccolo concorso non significa che la assumeremo come illustratrice. Inoltre, tutti i posti sono già occupati. Non so cosa si aspetti che faccia".

Guardai il mio portfolio. "Ma sono abbastanza flessibile. Mi andrebbe bene anche solo un progetto occasionale, finché non si libera un posto fisso".

Il signor Porthouse smise di scrivere. "Oh, adesso lo farebbe?"

A questo punto la mia speranza era svanita.

Ricominciò a digitare. "Lo terrò presente. Posso fare qualcos'altro per lei, signorina Mayweather?"

"No. Questo è tutto". Presi la mia cartella e mi alzai.

"Ah, questo mi lascia con diciotto minuti che avrei potuto usare per cose effettivamente ~importanti. Che meraviglia".
Mentre mi mordevo il labbro per evitare di rispondergli con un'osservazione piccata, una voce rauca mi risuonò nella testa: "L'offerta è valida fino alla fine del mese..."
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