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Cover image for La sostituzione

La sostituzione

Offerta sul tavolo

JESSICA

Legata. Imbavagliata. Sculacciata. Frustata.

Le parole mi si sono riversate nella mente come una marea rotolante e ho trasalito leggermente mentre aggiungevo involontariamente immagini mentali a ognuna di esse.

Perché il mio capo, tecnicamente parlando, doveva assomigliare a Brad Pitt di Troy? Perché non poteva avere un difetto che mi spegnesse ogni desiderio? Un'attaccatura dei capelli stempiata. Denti brutti. Qualunque cosa.

Avevo lavorato troppo duramente per arrivare dove mi trovavo. Avevo superato così tante difficoltà. Tutte quelle notti a sgobbare fino all'alba all'università. Perché cazzo stavo anche solo considerando di mettere tutto a repentaglio per essere il giocattolo personale di Spencer Michaels?

Una sottomessa. Per l'amor di Dio!

Erano anni che non facevo nemmeno una buona scopata.

Da quando avevo diciotto anni.

Era un segreto che sicuramente non gridavo dai tetti, specialmente essendo una giovane donna in questo tipo di lavoro. Non c'era spazio per la vulnerabilità, per la debolezza, nei consigli di amministrazione.

Ma ora stavo pensando di sottomettermi ai capricci di quest'uomo.

I capricci del mio quasi capo.

Non sapevo bene cosa comportasse la sua proposta, ma senza dubbio mi intrigava.

Forse se...

"Sei d'accordo, Jessica?"

La voce di Calvin si è improvvisamente schiantata sulla riva dei miei pensieri come un'onda stridente.

"Assolutamente!" ho sbottato, cercando di mantenere la calma, come se non fossi appena tornata da un mondo pareallelo. Il ronzio di Calvin e dei nostri partner commerciali che dettagliavano e discutevano i progressi dell'hotel era sembrato così distante.

Merda!

Avevo dimenticato di essere in riunione.

"Fantastico". Calvin mi ha guardato. "Penso che dovremmo finalizzare prima le piastrelle. Poi il resto del design degli interni può essere implementato correttamente. In questo modo abbiamo un'idea di base del look", ha concluso.

"Questa è al cento per cento la mossa migliore", ho risposto, cercando di salvare la faccia. Ma Calvin mi ha solo dato un'occhiata che diceva, spari un sacco di stronzate, e si è voltato di nuovo verso i due soci di mezza età.

"Fantastico, allora questa è la direzione su cui concentreremo la nostra attenzione nei prossimi mesi", ha detto uno di loro alzandosi dal suo posto. "Teneteci aggiornati se ci sono dei cambiamenti al piano".

Mentre i due uomini se ne andavano, mi sono alzata e mi sono distesa le pieghe del vestito, facendo del mio meglio per ignorare lo sguardo consapevole di Calvin. Cristo. Scott ti ha dato un solo lavoro da portare a termine, Jessica. Uno solo!

"Dove hai la testa, bambola?" mi ha chiesto Calvin uscendo dalla sala riunioni e cominciando subito a sottopormi a una sorta di interrogatorio mentre si allentava il nodo della cravatta e si controllava i capelli lucidi in uno specchio.

Mi stupiva come quest'uomo avesse la sicurezza di chiamarmi con un vezzeggiativo senza che io ricambiassi in alcun modo il suo costante flirtare, ma ero così mentalmente esausta che a questo punto non mi importava.

"Cosa vuoi dire?" ho chiesto, mantenendomi sulla difensiva e cercando di fingere di non avere idea di cosa stesse parlando.

"La riunione. Eri con la testa altrove".

"Non ero con la testa altrove... sono solo... solo..."

"Sopraffatta?" ha provato a indovinare. La sua voce tagliente pugnalava il mio ego.

Si è voltato, posandomi addosso i suoi occhi blu cristallino. Quando un ascensore vicino ha suonato, ho pensato di colpire Calvin, usando le tattiche di battaglia come meccanismo di difesa.

Ma, per qualche ragione, ho solo sospirato.

"Ok, mi hai beccata. Sono un po' sopraffatta".

Era vero. Non riuscivo a non pensare a Spencer da quando mi aveva lasciato a bocca aperta nell'atrio la sera prima.

"Primo viaggio in Italia e poi dritta alle riunioni", ha detto Calvin. "Ho capito. Hai bisogno di una pausa. Spencer oggi sta facendo un viaggio nella memoria: visita alcuni vecchi luoghi iconici e i vigneti della proprietà".

Calvin mi si è avvicinato di un passo, i suoi occhi ancora fissi sui miei. Ma anche se ero sicura che quegli occhi avessero funzionato su innumerevoli donne prima di me, non sentii nulla mentre continuava a flirtare.

"Che ne dici se io e te pranziamo a Il Piacere appena fuori dal parco? Conosco i cuochi. Mi assicurerò che ti nutrano bene. Hanno un vino fantastico".

Ed eccoci qui.

Calvin sta cercando di sedurmi. Il suo flirtare in macchina non era solo una battuta scherzosa.

Ma, d'altra parte, una piccola distrazione per la mente - la mia mente, che al momento era piena di pensieri illeciti sulla mia specie di capo - non sarebbe stata poi così male.

"Certo. Sembra bello, signor Walters".

Non è che devi andare a letto con lui.

Calvin ha sorriso, sornione.

"Fantastico. Incontriamoci verso le due circa, bambola", ha detto controllando il suo Rolex d'argento prima di continuare a camminare lungo il corridoio. "E indossa qualcosa di carino".

Cercando di non preoccuparmi di cosa avrebbe pensato Spencer, sono entrata nell'ascensore e mi sono diretta alla mia suite per prepararmi.

SPENCER

La brezza era piacevole. Ho assaporato i caldi raggi di sole sul mio volto. I cinguettii degli uccelli che si accoppiano.

Il morbido sentiero sotto i miei piedi. Cominciavo davvero ad apprezzare la struttura del mondo quando non puoi più vedere un bel niente.

I vigneti erano come avevo sperato, ben tenuti e fiorenti. Le mie due guide mi avevano riferito tutto nei dettagli, e poi avevo chiesto di avere un po' di tempo da solo. I deboli punti rossi che potevo scorgere lungo il sentiero, che sapevo essere uva, mi avrebbero riportato alla proprietà.

Troppo spesso, di recente, mi ero crogiolato nel dolore e nell'autocommiserazione. Questa semplice passeggiata in campagna mi stava riportando alla vita.

Ho afferrato uno dei grappoli d'uva ma ho rapidamente ritratto la mano per un dolore pungente.

Fanculo. Una spina.

Mi sono messo il dito in bocca per succhiare il sangue che gocciolava, poi ho raggiunto di nuovo l'uva, questa volta riuscendo a raccoglierla dalla vite. Ho pensato brevemente di schiacciare quella dannata cosa sotto il mio piede, ma ho stemperato la rabbia, mangiando l'uva e assaporandone il succo.

Posso a malapena vedere, cazzo! Ma posso sentire. Posso assaporare.
Non sono ancora morto.

Avevo perso così tanto, di recente. La mia vista. Isy, mia moglie, e quindi la mia sottomessa.

Non avrei permesso che anche mia figlia fosse presa dai tribunali.

Lei era l'unica cosa buona rimasta nella mia vita. Beh, lei e l'intrigante nuova assunzione.

Ciocche fluenti. Voce di una ninfa. Una silhouette sottile ma sinuosa che potevo appena distinguere nella luce. Era entrata nell'azienda dal nulla grazie a Scott e ora lui l'aveva messa a capo di tutto.

Odiavo l'idea che mi sostituisse. Ma più la guardavo in azione, più mi impressionava.

Volevo dominarla. Necessitavo di farlo. Scoparla senza senso. Farle perdere ogni controllo.

Inappropriato, nella mia posizione? Sì, forse. Ma questa donna mi affascinava. Volevo corteggiarla come si deve. Se avevo intenzione di oltrepassare un limite, tuttavia, avevo bisogno di vedere un po' di reciprocità.

E la sua mancanza di reciprocità mi stava facendo impazzire.

Ma più la mia mente impazziva, più i miei sentimenti si intensificavano e più era difficile stare senza di lei.

Ho bisogno di farla mia.

L'avevo baciata l'altra sera, e le avevo detto del mio desiderio di renderla la mia sottomessa.

E ora ero stanco di aspettare la sua risposta.

Proseguendo lungo il sentiero del vigneto, ho fatto un respiro profondo e ho tirato fuori il telefono dalla tasca.

Sarebbe stata d'accordo.

JESSICA

Il cibo è davvero così buono? O tutto ha un sapore fantastico la prima volta che sei in Italia?

Ho lasciato che il pensiero passasse velocemente, mentre masticavo la mia parmigiana di vitello. Il cameriere mi ha riempito di nuovo il bicchiere di vino. L'ho ringraziato educatamente mentre girava la bottiglia con abilità per evitare che andasse persa anche solo una goccia.

"Si figuri. You're welcome", ha detto, passando agilmente dall'italiano all'inglese prima di dirigersi verso un altro tavolo.

"Com'è il tuo cibo?" mi ha chesto Calvin, che provava un piacere compiaciuto all'introdurmi alla bella vita.

"Fantastico. Questo posto è incredibile".

"Lo è davvero", ha detto, "Stavo pensando che forse potremmo tornare in Italia qualche volta, solo noi due..."

Il mio telefono ha vibrato prima che potesse finire il suo invito incredibilmente inappropriato. "Un momento", ho detto, grata per l'interruzione. Ho controllato lo schermo e il cuore mi è affondato nel petto, contorcendosi.

Spencer
Calvin mi ha scritto che siete andati a pranzo. Vieni fuori.
Spencer
Adesso. Non dopo.
Jessica
E Calvin?
Spencer
No. Solo tu. Vieni ora.

"Spencer ha bisogno di me per qualcosa", ho detto, alzandomi e raccogliendo la mia borsa. "Sembra urgente".

Calvin mi ha dato uno sguardo perplesso e leggermente seccato ma si è illuminato rapidamente. "Spencer, Spencer, Spencer..." ha ridacchiato. "Va bene, allora. Vai pure, bambola. Digli che mi deve questo pasto".

"Va bene", ho risposto, quasi in preda alle vertigini.

Che cazzo c'è di sbagliato in me?

Mentre uscivo dal ristorante, ho sentito le mie guance bruciare alla vista dell'uomo stupendo appoggiato a una limousine in attesa.

"Sali, topolina mia", ha detto Spencer con calma. "Andiamo a fare un giro in macchina".
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