Michelle Torlot
Jasmine
Sentii le urla dall'alloggio mio e di Jason. I ragazzi erano già a scuola e io stavo per preparare da mangiare. Essendo stato di guardia fino alle prime ore, Jason aveva una giornata libera.
Beh, per quanto si possa essere liberi, in quanto beta.
Mi alzai immediatamente e mi diressi verso la porta.
Jason stava per fermarmi, ma ci pensò meglio. Non si scherza con l'istinto materno di una lupa e se ne esce indenni.
Corsi verso una delle stanze degli ospiti di Gabriel, da dove provenivano le urla. Le urla a quel punto si erano trasformate in singhiozzi.
Aprii di colpo la porta per vedere la piccola cucciola che si dondolava avanti e indietro nell'angolo.
"Che cazzo le stai facendo?" Urlai.
Corsi verso il luogo in cui si trovava la cucciola e l'abbracciai. Sedendomi sul pavimento la tirai in grembo.
Lei si irrigidì e iniziò a contorcersi cercando di allontanarsi da me.
"Sshh tesoro, va tutto bene. Ci sono io con te", la rassicurai.
Fissai Gabriel ed Erik.
"Sarà meglio che tu abbia una buona ragione per questo", sibilai, prima di rivolgere la mia attenzione alla cucciola.
Era una cosa piccola e carina per essere un'umana. Non che avessi visto molti umani, ma la nostra storia ci diceva che una delle ragioni per cui eravamo odiati da loro era la differenza nel nostro aspetto.
Superficiale lo so, ma è quello che ci avevano insegnato. Forse non era vero. Speravo di no.
C'erano molti della mia specie che odiavano gli umani, a causa di ciò che facevano. Ma tutto ciò era anni fa. Alcuni di noi nutrivano la speranza che il mondo potesse riappacificarsi.
Vedendo le condizioni di quella cucciola, a quel punto non ne ero così sicura.
La cullai delicatamente e le massaggiai la schiena, poi iniziai a cantare una ninna nanna che cantavo ai ragazzi.
Sembrava tranquillizzarla, anche se stava ancora singhiozzando, sembrava un po' più rilassata.
La presi in braccio e la portai verso la porta.
"Dove stai andando?" Gabriel ringhiò.
Lo guardai male: "La porto a casa mia. La metto a letto. Poi tornerò qui e vi darò una bella lezione".
Portai la cucciola al nostro alloggio, quando entrai dalla porta, Jason sembrava scioccato.
La cucciola stava ancora singhiozzando tranquillamente, ma era molto più calma.
"Che diavolo è successo?" Chiese Jason, il suo viso scuro di rabbia.
Scossi la testa: "Non lo so tesoro, ma ho intenzione di scoprirlo. Per ora la metto nel letto di Ethan".
Jason annuì e aprì la porta della stanza di Ethan. Aveva la sua stessa età, ma era molto più grande. Era più o meno della sua stessa taglia quando aveva otto anni. Il suo letto non era ancora a grandezza naturale.
Le dimensioni sarebbero state comunque più adatte a lei.
La stesi sul letto e le tirai la coperta sopra.
Lei aprì gli occhi e vide Jason.
Pensai che avrebbe potuto ricominciare a urlare, ma era vero il contrario.
"J...Jason?" singhiozzò e tese le braccia.
Jason si chinò e la prese in braccio. Lei gli avvolse le braccia intorno al collo e iniziò a piangere.
Guardai mentre lui le massaggiava delicatamente la schiena e la zittiva. Era sempre bravo con i cuccioli.
Se non fosse stata una cucciola, avrei potuto trasformarmi in una lupa gelosa. Era il mio compagno, dopo tutto. Ma lei era una cucciola ed era umana.
Jason era il primo lupo mannaro che aveva incontrato e come al solito il suo grande cuore si era intenerito.
Gli sorrisi.
"Vedi se riesci a farla addormentare tra un po', eh?"
Jason mi sorrise e annuì.
Lo lasciai con la cucciola. Era il momento di capire cosa avesse fatto quello stupido di mio fratello.
Tornai come una furia nella stanza in cui avevo raccolto la cucciola.
Gabriel ed Erik erano ancora lì. Amy era scomparsa.
"Cosa diavolo le hai fatto? Si fidava di te?" Ringhiai.
Erik, che era seduto sul letto, si alzò immediatamente. Alzò le mani in una finta resa.
"Non è così male come pensi", dichiarò.
Gabriel guardò il pavimento: "No, è infinitamente peggio", sospirò.
Erik gli lanciò uno sguardo. Era pieno di senso di colpa.
Feci un respiro profondo. Cercando di calmare la mia rabbia.
"Dimmi solo cosa è successo".
Gabriel fissò Erik, che sospirò.
"Ok", iniziò Erik, "Ho estratto il proiettile ieri sera...".
"Proiettile?" Lo interruppi.
Erik annuì, "le hanno sparato, immagino che Jason non l'abbia menzionato. Comunque, l'ho tolto e l'ho cucita. È così malnutrita che ho suggerito una flebo. Ma sembra che il suo corpo fosse troppo debole".
"Si è svegliata stamattina dolorante e con la febbre".
Aggrottai la fronte, "questo non spiega perché sia così traumatizzata".
Erik sgranò gli occhi, "Ci sto arrivando".
Misi le braccia conserte e lo guardai male.
Erik sospirò, ma continuò.
"Allora, come stavo dicendo... aveva la febbre, quindi dovevo prenderle la temperatura. Non volevo rischiare che mordesse il termometro. Ha avuto poche o nessuna cura medica prima di oggi".
"Quindi..." esitò, guardandomi, cercando di valutare i miei livelli di rabbia.
"L'ho presa analmente", sbottò.
Lo fissai, ero quasi senza parole.
"Hai fatto cosa?"
Chiuse gli occhi per un secondo e sospirò.
"Questa non è la cosa peggiore".
Strinsi gli occhi, "continua", ringhiai.
A questo punto Gabriel si alzò, passandosi le dita tra i capelli.
"L'abbiamo bloccata mentre lo faceva, poi abbiamo scoperto che avevano abusato di lei".
Lo fissai incredula. Aveva dodici anni.
"Cosa?"
Gabriel scosse la testa e sospirò.
"Sapevamo che era stata picchiata, ha delle cicatrici sulla schiena... ma questo..."
Mi misi una mano sulla bocca, potevo sentire le lacrime che iniziavano a scendere.
"Perché? Perché avrebbero dovuto?" Chiesi, la mia voce si spezzò.
Gabriel si avvicinò e avvolse il suo braccio intorno alla mia spalla.
"Non lo so, Jazzy. Davvero non lo so", sospirò, la sua voce si incrinò.
"Potrei fare altri test", si offrì Erik.
"No!" Gabriel ed io rispondemmo all'unisono.
Guardai Gabriel e sorrisi. Aveva buone intenzioni come sempre.
"Niente più test, niente più test invadenti. Ne ha passate troppe, dobbiamo solo aiutarla a guarire e provare..." Gabriel esitò, "Cercare di guadagnare di nuovo la sua fiducia".
Appoggiai la testa a mio fratello.
"Ce la farai, Gabriel", gli assicurò.
Gabriel sospirò. Sembrava esausto.
"Dai, lascia che ti prepari la colazione, poi faremo in modo che questa stanza venga ristrutturata".
Gabriel si accigliò.
"Una ristrutturazione?"
Sorrisi, "Sì, perché sia adatta a un cucciolo femmina".
Gabriel forzò un sorriso e annuì mentre lo guidavo fuori dalla stanza e tornavo al mio alloggio.