La saga di Wolf Ranch - Copertina

La saga di Wolf Ranch

Renee Rose

Capitolo Sei

BOYD

«Sei così fottutamente bella, dottoressa,» mormorai contro il suo orecchio quando finalmente interruppi il bacio. «Sembra che tu abbia la febbre.» Le mordicchiai il lobo. «Sei tutta accaldata. Quali altri sintomi hai? Umidità tra le cosce?» Sfregai ancora una volta il cazzo duro contro la sua intimità.

«Cristo, Boyd.» Lei lasciò ricadere la testa contro le assi di legno. Sembrava senza fiato.

Avrei voluto infilarmi un preservativo e affondare in quel delizioso calore, ma non l’avrei fatto. Tanto per cominciare, avrei dovuto essere ferito. E poi, lì non si trattava del mio piacere – si trattava del suo.

La allontanai delicatamente dalla parete, così che lei rimise i piedi per terra, poi le aprii il bottone dei jeans. «Devo esaminarti per bene, dottoressa.» Le calai la zip mentre la mordicchiavo lungo il collo.

«Oh... um... wow.» Adoravo quella voce ansimante. «Dovrei essere io a controllare come stai tu.»

Sogghignai, poi le mordicchiai il punto in cui collo e spalla si univano. Il punto in cui avrei voluto morderla e marchiarla come mia. No. No!

«Tu ti prendi sempre cura di tutti. È ora che qualcuno si prenda cura di te.»

Stava ancora pensando troppo, per cui insinuai una mano dentro ai suoi pantaloni slacciati e poi sull’orlo in pizzo delle sue mutandine. Seta e pizzo. Cazzo, volevo vederle, ma mi attenni al mio dovere, che non era affatto un peso. Certo, volevo che si fosse dimenticata della mia ferita, ma volevo anche vederla venire. Volevo vedere il suo volto mentre raggiungeva l’orgasmo grazie alle mie dita. Sentire i suoi versi quando si sarebbe lasciata andare. Ne avevo bisogno più di quanto volessi venire. Sì, lei era la mia compagna. Non c’era alcun dubbio, cazzo, se non mi importava minimamente che mi cadessero le palle fintanto che la mia ragazza avesse un orgasmo.

Le sfiorai delicatamente le labbra con le dita senza altra barriera se non il sottile tessuto delle sue mutandine. Era calda e la seta era bagnata.

La sua figa si contrasse, le si mozzò il respiro. Il suo odore era più forte ora, la sua temperatura corporea che si levava, il sudore che le sbocciava sulla pelle, la sua figa che praticamente ricopriva le sue mutande di un’essenza dall’odore dolciastro.

Mi mossi in cerchio sul suo clitoride. «Mi piacerebbe ripagarti, dottoressa.» Deglutii il suo sussulto con un bacio, incapace di resistere alla sua bocca. Avrei potuto scoparmela con le dita, trovare quel piccolo punto G e sfregarlo mentre le massaggiavo il clioride fino a quando non avesse urlato venendo. Però no. Avrebbe ottenuto di più da me, ed io mi sarei ricordato di ogni dettaglio di quel momento.

Riuscivo a sentire gli uccellini cinguettare fuori dal fienile, il vento che soffiava. Non c’era nessuno nei paraggi. Li avrei sentiti arrivare da molto lontano. Audrey era mia. Ogni ansito. Ogni gemito. Ogni contrazione della sua figa.

«Per le cure che mi hai prestato quando mi sono fatto male,» aggiunsi. Infilai un dito sotto le sue mutandine e lo feci scorrere nella sua essenza. Gemetti. Il mio lupo ringhiò. Quel nettare era tutto per me. Era pronta per il mio cazzo, per farsi marchiare, per accoppiarsi. Per essere mia.

«N-non ce n’è bisogno, davvero.» Impennò i fianchi mentre io le giravo lentamente attorno all’apertura, affondandole dentro. I muscoli della sua figa si contrassero attorno alla punta del mio dito. Era stretta. Calda. Probabilmente mi avrebbe stritolato l’uccello se le fossi entrato dentro.

«Vuoi che mi fermi?»

Lei scosse la testa. «No. Oh, non fermarti.»

Io sogghignai, leccando la sua pelle sudata.

«Forse dovrei,» risposi, fermando il dito.

«Boyd,» praticamente mi implorò.

«Sei una brava ragazza, Audrey?»

Lei aprì gli occhi, sbattendo lentamente le palpebre come a cercare di schiarirsi le idee. «Sempre.»

Già, ci credevo.

«Penso che ci sia una cattiva ragazza dentro di te. Penso che quando ci dai dentro, sei molto cattiva.»

«Io-»

«Ti trovi in un fienile con me, con il mio dito dentro di te.» Con ciò, affondai quel dito dentro di lei lentamente, ma bene in fondo. Lei gemette, aggrappandosi alle mie braccia e contraendosi con forza.

«Le brave ragazze non si fanno scopare con le dita contro una parete,» dissi contro il suo orecchio. Il mio lupo riuscì a sentire il suo cuore accelerare i battiti ed io non potei non notare come la sua figa mi stesse colando su tutta la mano. Sì, ad Audrey piaceva fare cose sporche.

«Le brave ragazze non si fanno leccare la figa.» La baciai lungo il collo, sulle clavicole. Morsi il tessuto della sua maglietta sopra un capezzolo. Poi mi misi in ginocchio e le tirai pantaloni e mutandine lungo le cosce.

Lei miagolò, spostando i piedi a quel cambiamento improvviso. La sua figa era depilata. Dolce. Bellissima. L’odore del suo nettare mi fece ribollire il sangue e, così da vicino, mi fece venire l’acquolina alla bocca. Mi sporsi in avanti e la baciai delicatamente una volta, per poi leccare tra le sue labbra.

Il cappello mi dava fastidio, per cui me lo tolsi, posandolo a terra accanto a me.

Poi, non riuscii a trattenermi. Le calai ancora di più le mutande, così da poterle allargare le cosce. Ne sollevai una e affondai la lingua ovunque – tra le sue labbra, attorno al suo clitoride, dentro la sua apertura gonfia. Era fottutamente dolce come mi ero immaginato. Mentre mi ricoprivo le labbra, il mento... seppi che avrei riconosciuto quell’odore ovunque. Ero marchiato. Chiunque sul ranch avrebbe saputo esattamente dove fossi stato e ciò fece gonfiare il mio lupo di orgoglio e mi rese un gran stronzo possessivo.

«Oh!» Le sue dita affusolate mi si intrecciarono tra i capelli, inizialmente – pensai – per tenersi in equilibrio, poi spronandomi, attirando il mio volto contro la sua pelle bagnata. Io la leccai e la stuzzicai, permisi perfino ai miei denti di sfiorarle il clitoride. Ciò le fece strattonare i miei capelli, provocandomi un dolcissimo dolore.

La sua coscia mi premeva contro l’orecchio, tremante. Il suo ventre fremeva ad ogni respiro e i versi che emetteva – cazzo! Avevo un’erezione più dura di una roccia nel sentire quei piccoli ansiti incalzanti e le sue grida. Mi schizzò fuori del liquido preseminale macchiandomi boxer e jeans. Sarebbe sicuramente rimasto il segno.

Le infilai un dito dentro e pompai mentre le succhiavo il clitoride. La gamba che la reggeva in piedi cedette, ma non avevo intenzione di lasciarla cadere. La sostenni, bloccandola tra la mia bocca e la parete del fienile.

«Boyd. Ommioddio-Boyd

Adoravo il suono del mio nome sulle sue labbra, cazzo, specialmente con quel tremore disperato nella voce, il suo sapore sulla mia lingua, i suoi muscoli interni che vibravano attorno al mio dito spesso.

Gliene infilai un secondo dentro e li arricciai entrambi per accarezzarla, alla ricerca del suo punto G. Nell’istante in cui lo trovai, lei emise un grido strozzato. Quel punto si gonfiò e si irrigidì sotto le mie dita. Io non potei fare a meno di sogghignare contro quel centro perfetto di carne dolce sapendo che fosse tanto reattiva per me. Quella cosa era giusta. Lei era una ragazza molto, molto cattiva.

Sembrò quasi sorpresa del piacere che ero in grado di suscitarle e ciò significava una cosa. Non era mai stata così per nessun altro. Era cattiva. E mia.

Decisi di portarla all’orgasmo lentamente, prima accarezzandole il punto G, poi sfregandolo mentre la scopavo con le dita fino a farla venire. Con forza.

Lei mi strappò i capelli. «Boyd! Porca- oddio.» La sua voce si alzò acuta. «Oh mio Dio!»

Venne, i suoi fianchi che scattavano, la sua figa che si contraeva attorno alle mie dita mentre lei gemeva e ansimava. Non potevo coprirle la bocca o smorzare i suoi versi, non che volessi perdermene nemmeno uno. Erano tutti per me. La mia dolce ricompensa. Rallentai le mie spinte, poi le accarezzai i muscoli interni fino a quando lei non si accasciò, sfinita.

Tirando fuori le dita, me le leccai mentre sollevavo lo sguardo su di lei. Aveva gli occhiali storti, i capelli scompigliati in alcuni punti contro il legno grezzo della parete. «Sei bellissima quando fai la brava ragazza, ma quando sei cattiva... cazzo, Dottoressa.»

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