Fuga dal miliardario - Copertina

Fuga dal miliardario

Kimi L. Davis

Capitolo 7

Tre ore. Quell'uomo aveva impiegato solo tre ore per trovarmi. E io che pensavo di essermene liberata per sempre. Non sapevo se schiaffeggiare me stessa o lui. In ogni caso, il signor Benson mi aveva trovata, ed era arrabbiato.

"Le dispiace dirmi perché è partita in tutta fretta per il Canada, senza informare il suo datore di lavoro?" Chiese.

Eravamo seduti sul divano dell'appartamento di Ingrid, fianco a fianco. Avevo cercato di sedermi sulla poltrona, ma mi aveva fatto sedere accanto a lui con una sua spinta sul polso. Le nostre cosce erano premute l'una contro l'altra, e potevo sentire il calore che irradiava il suo corpo.

"Dunque?" Mi incalzò, facendo sì che il mio cuore, già martellante, si scontrasse ancora più velocemente contro la cassa toracica.

"Beh, mi dispiace, quindi per favore mi chieda qualcos'altro", risposi, maledicendomi per la mia idiozia. Davvero, Hailey? Ma cosa stai facendo?

"Non metta alla prova la mia pazienza, Hailey, l'ho già esaurita. Quindi faccia un favore a entrambi e risponda alla mia dannata domanda".

Boccheggiai, cosa che fece stringere gli occhi al signor Benson. Il cuore mi stava combattendo con la mente: baciare il signor Benson o dirgli di lasciarmi in pace una volta per tutte e andarsene?

"Io... me ne sono andata perché... lei ha detto... ha detto che non potevo dimettermi dalla sua azienda", borbottai, con i battiti cardiaci che acceleravano ulteriormente.

"Vuole sapere perché le ho detto che non poteva dimettersi?" Mi chiese dolcemente, con il respiro che mi riscaldava il viso.

"Perché?" Chiesi.

"Per questo". E mi baciò.

Era una sensazione che non avevo mai provato prima. Le sue labbra erano morbide, si uniformavano alle mie come se fossero state fatte apposta per me. Mi facevano provare cose di cui non avevo mai fatto esperienza con un altro uomo: sentivo il fuoco scorrermi nelle vene, mentre il cuore mi batteva in pura beatitudine.

Afferrai senza rendermene conto il colletto della sua camicia con entrambe le mani, tenendolo fermo. Una delle sue mani si aggrovigliò tra i miei capelli, mentre l'altra mi accarezzava la guancia. All'improvviso mi sentii ribaltare all'indietro e mi resi conto che il signor Benson mi stava spingendo sul divano e che aveva il suo corpo steso sopra il mio.

Lo baciai con ardore: non mi importava più di niente e di nessuno. La mia mente cercò di intervenire, dicendomi che baciarlo era sbagliato, ma la zittii, perché in quel momento mi sembrava giusto: avere le sue braccia intorno a me mi faceva sentire bene. Stare sotto di lui mi faceva sentire bene. Baciarlo era giusto.

Alla fine ci separammo, con il respiro pesante e affannoso. Le mie guance erano arrossate e sentivo il fuoco scorrermi nelle vene.

Per la prima volta da quando l'avevo conosciuto, il signor Benson aveva perso il suo contegno freddo e raccolto. Respirava con difficoltà, come se avesse appena finito di correre una maratona. Il colletto della sua camicia, un tempo impeccabile, era stato stropicciato dalle mie mani. Ma non parve farci caso.

Mi guardò per qualche secondo prima di chinarsi e di accarezzarmi il collo, facendomi inarcare e rabbrividire per la pelle d'oca.

"Oh, Hailey", mi sussurrò contro la pelle, "le cose che voglio farti", posandomi dei baci qua e là sul collo e facendomi sfuggire un gemito involontario. Oddio, quest'uomo sa come baciare.

"Ma", disse poi distaccando improvvisamente le labbra e alzandosi e raddrizzandosi il vestito, "accadrà tutto a tempo debito".

Recuperò il cellulare dalla tasca della sua giacca e premette alcuni tasti prima di portarlo all'orecchio. "Passami a prendere tra cinque minuti", ordinò. Poi interruppe la chiamata e si girò a guardarmi.

Ricambiai lo sguardo, confusa da ciò che stava accadendo.

"Torneremo a New York domani mattina. Il nostro volo parte alle 9 in punto. La mia auto verrà a prenderti alle 6:30". Mi si avvicinò e si chinò fino a portare il suo viso all'altezza del mio: "fatti trovare pronta", sussurrò prima di baciarmi la parte inferiore della mascella.

Ero stordita, incapace di elaborare esattamente ciò che era appena accaduto. Annuii e le sue labbra si incurvarono leggermente verso l'alto. Mi resi conto che era la prima volta che lo vedevo sorridere in quel modo.

Soddisfatto della mia risposta, si girò e uscì di casa.

Sospirai e chiusi gli occhi, ma non riuscivo a pensare ad altro che a quel bacio: era il primo bacio perfetto che avessi mai ricevuto. Mi portai le dita alle labbra, immaginando di avercele ancora premute contro le sue. Se i suoi baci erano così, come sarebbe stato il sesso?

La porta d'ingresso si chiuse sbattendo, facendomi uscire dal mio sogno a occhi aperti. Tirai un sospiro di sollievo quando vidi che si trattava di Ingrid. Posò le sue borse sul tavolino e mi si mise di fronte.

"Cosa ti è successo?" Chiese, ma sembrava più una richiesta.

Sospirai e chiusi gli occhi. "È successo il signor Benson".

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