
La sua calligrafia ordinata ed elegante annienta ciò che resta della mia forza. So che qualsiasi cosa ci sia lì dentro ha il potere di scatenare una nuova ondata di lacrime, singhiozzi e dolore travolgente. E non sono ancora pronta ad affrontarlo.
Mi alzo, vado in camera e la appoggio davanti allo specchio della toeletta. Ho bisogno di tempo per rimettermi in sesto prima di leggerla.
Per qualcuno, forse, il suo gesto potrebbe essere perdonabile, magari persino comprensibile, considerando tutto ciò che è successo prima. Ma non posso ignorare quanto profondamente mi abbia ferita.
Non è solo questione di tradimento fisico, ma di fiducia, di sicurezza. Ha fatto qualcosa di devastante quanto un rapporto completo. L'ha toccata, le ha dato qualcosa che doveva appartenere solo a me dal momento in cui mi ha consegnato il suo cuore, a prescindere dal suo dolore. Ha concesso le sue attenzioni proprio a chi sapeva mi avrebbe distrutto. La donna a cui sarà legato per sempre a causa del bambino che porta in grembo. So che Jake, da ubriaco, può diventare irrazionale, impulsivo, pieno di rabbia, ma una parte di me scuote tristemente la testa.
Forse è quello che merito. Forse è la punizione per essere questo disastro insicuro, spaventato ed emotivo, che l'ha tenuto a distanza così a lungo, anche se non dubito del suo amore.
L'ho visto cambiare per me, stravolgere la sua vita in mille modi. Sono sicura che è pentito di ciò che ha fatto. Sarei cieca a non leggerglielo in faccia, ma non è questo che mi trattiene.
È il timore di non riuscire mai più a fidarmi di lui, lasciando che le mie insicurezze crescano incontrollate, e sapendo che dubiterò di lui ogni volta che mi lascerà sola. Mi chiederò sempre se ha ancora sentimenti irrisolti per Marissa. Mi ha dimostrato che tutti gli uomini, anche quelli che ti amano, possono comunque distruggerti con tanta facilità. È una macchia oscura nella nostra unione quasi perfetta, una cicatrice orribile e indelebile tra di noi.
So di avere le mie colpe. Forse è per questo che non riesco a odiarlo, e forse è per questo che, anche se sto morendo dentro, tutto ciò che voglio è lui. La fonte del mio dolore è la mia unica cura, e per quanto detesti quello che ha fatto, per quanto la rabbia e il dolore mi divorino, non riesco a smettere di desiderarlo. Questo mi fa sentire ancora più confusa e incapace di mettere ordine nei miei pensieri.
Trascorro i giorni seguenti chiusa nella mia solitudine, uscendo solo per fare la spesa e poi tornare subito a casa. Passo ore e ore imbambolata davanti alla TV, guardando terribili programmi e film romantici, che mi fanno venire voglia di lanciare un libro contro lo schermo.
Sarah tornerà presto, e non voglio che mi trovi ridotta così: uno straccio lacrimoso che vive in un mare di cibo spazzatura, incarti di cioccolato e fazzoletti appallottolati.
Dopo un necessario discorso di incoraggiamento e un lungo sguardo critico allo specchio, arrivo al limite della sopportazione del mio umore depresso e del mio comportamento disgustoso. Mi costringo ad alzarmi, stanca di vagare come uno zombie dal cuore spezzato, facendo di tutto per liberarmi da questo vortice di pensieri ossessivi.
Mi tengo occupata pulendo l'appartamento, cancellando ogni traccia delle ore passate a piangere e ad abbuffarmi di carboidrati. Non riesco a sopportare di guardare il mare infinito di vestiti sparsi sul pavimento, tutti crudelmente legati ai ricordi di lui.
Devo rimettermi in sesto e dimostrare a Sarah che posso tornare quella di prima. Fingerò di avere il controllo per lei, apparendo come dovrei e tenendo la casa ordinata come facciamo di solito. Non le mostrerò questa versione distrutta e irriconoscibile di me, quella di cui mi vergogno.
Il suono del campanello riaccende continuamente il dolore del tradimento. Ogni dono più esagerato del precedente – fiori, cioccolatini, gioielli, persino un orsetto di peluche con un cuore spezzato – provoca un fiume di lacrime e mi devasta l'anima.
Dire ai corrieri di riportare indietro tutto è diventato un supplizio. Non faccio altro che scacciarli, singhiozzando e blaterando parole senza senso, implorandoli di portare via qualsiasi cosa sia stata inviata da lui. È troppo da sopportare, e ora ho disattivato il citofono per far credere che in casa non ci sia nessuno.
Non posso biasimarlo per i suoi tentativi. Non passa giorno senza che cerchi di raggiungermi, ma non sono ancora pronta ad affrontare tutto questo... o lui. Sono confusa, sfinita, un caos di emozioni. Mi sento alla deriva, senza un appiglio. Incapace di concentrarmi su qualsiasi cosa.
Non ho mai provato un tormento simile. Credevo che il dolore più grande della mia vita fosse stato quando Jake mi aveva spedita a lavorare nell'azienda di suo padre, ma questa è una tortura persino più feroce.
Di notte, dormo a malapena e, quando ci riesco, lo cerco con il braccio. Lo sogno, ma ogni visione lascia il posto ai miei vecchi incubi, facendomi sussultare contro la testiera in preda al panico. Mi stringo le coperte al petto, lottando con i fantasmi che mi assalgono, cercando disperatamente di tornare alla realtà.
Quelle notti sono le peggiori. Mi sveglio grondante di sudore e paura, scacciando le ombre che mi circondano, con la speranza che sia stato solo un brutto sogno e che mi trovi ancora nel suo appartamento. Avvolta dalle sue braccia, con lui accanto a farmi sentire al sicuro, ma ogni volta il mio corpo si abbandona ai singhiozzi quando realizzo dove sono.
Ho versato così tante lacrime che mi stupisco di averne ancora, eppure sembra esserci una scorta inesauribile, riservata solo a lui. Solo lo sfinimento riesce ad attenuare il dolore, mentre la mia mente rimane costantemente annebbiata dalla stanchezza.
"Emma?" La voce preoccupata di Sarah mi raggiunge mentre strofino il fornello per l'ennesima volta, le sue braccia mi avvolgono appena mi vede. Non l'ho nemmeno sentita entrare. Qualche ora fa, alla fine, ho ceduto: l'ho chiamata mentre preparava le valigie per il ritorno, raccontandole tutto tra i singhiozzi.
"Oh, mio Dio! Sono stata in ansia per tutto il volo, volevo solo tornare da te", mormora, stringendomi forte. Mi abbandono al suo abbraccio, imponendomi di trattenermi e di non crollare. Di non essere quella che si sgretola appena un'amica le chiede come va.
"Sto meglio, Sarah... rispetto agli ultimi giorni". Un senso di torpore ha iniziato ad avvolgermi per la maggior parte del tempo, permettendomi di affrontare le faccende quotidiane in uno stato di automatismo quasi da zombie.
Mi giro tra le sue braccia e scorgo Marcus che si dilegua con le valigie verso la sua stanza. Il classico uomo che fugge davanti alle lacrime femminili, un vero gentiluomo. Jake, invece, le avrebbe asciugate, chiedendomi di raccontargli tutto. Avrebbe deriso Marcus per la sua codardia.
Reprimo il pensiero e mi mordo il labbro.
"Allora, è davvero finita? Stai rinunciando a quello che avevate?" Sarah mi guarda con una profonda preoccupazione. "Ha commesso un errore, Emma... È umano". Le sue parole mi sorprendono e mi fermo, fissandola a bocca aperta.
"Durante la telefonata, mi avevi detto di prenderlo a calci nelle palle, se ricordo bene", replico incredula, leggermente ferita.
"Sì, ma poi ho avuto il tempo di calmarmi e riflettere, Ems... Jake ti ama. Non credo che rifarebbe un errore simile". La sua sincerità è disarmante.
"Non so cosa fare. Sono così confusa", ammetto, abbassando lo sguardo sulle sue mani strette alle mie. Sento un bisogno improvviso di abbracciarla e piangere. Non mi manca la vecchia me che non avrebbe mai permesso quel tipo di contatto. È confortante e così necessario ora.
"Emma, pensaci bene. Avrebbe potuto fare molto peggio... Portarla in albergo e fare sesso. Appena l'ha baciata, ha capito che era uno sbaglio, no?" I suoi occhi azzurri, pieni di speranza, mi scrutano, e io cerco di evitarli.
Non posso negare che il vecchio Jake non ci avrebbe pensato due volte a finire a letto con una ragazza incontrata in un bar, o persino con Marissa, se fosse stato abbastanza ubriaco. L'ha già fatto, e il bambino ne è la prova. Reprimo il pensiero disgustoso dei loro corpi intrecciati, mentre un senso di nausea mi invade alle immagini traumatiche che mi attraversano la mente.
"Quindi, secondo te, dovrei semplicemente dimenticare... Far finta che non sia successo niente?" scatto, allontanando le mani. Tra tutti, mi aspettavo che Sarah fosse dalla mia parte.
"No, certo che no. Ti ha ferita, Emma. Ma credo che tu possa superarlo e tornare da lui quando sarai pronta". Sembra così ingenua e supplichevole. Non voglio questa versione di Sarah. Voglio le sue battute su come lo mutilerebbe nella sua lealtà incrollabile verso di me, pronta a trascinare il suo nome nel fango, insultandolo in ogni modo possibile. Invece sembra quasi difenderlo, risvegliando una rabbia che negli ultimi giorni era rimasta sopita.
"Non è solo il bacio... è a chi l'ha dato!" esclamo, allontanandomi e crollando sul divano. Mi sforzo di soffocare l'ondata di irritazione che monta dentro di me. "Era lei... Marissa. La persona che odio più di chiunque altro, l'unica che può davvero distruggere tutto tra noi". Il solo nominarla mi riempie gli occhi di lacrime, ma le trattengo con tutta la mia forza. Non mentre il suo nome è ancora sulle mie labbra.
"Probabilmente non è stata una scelta, Emma, solo una coincidenza. Qualcuno, chiunque, che si è lanciato su di lui proprio perché era così ferito, così fuori controllo... Non c'era nessuna attrazione". Alza le mani quasi esasperata e incontra il mio sguardo furioso.