La lupa silente 1 - Alfa - Copertina

La lupa silente 1 - Alfa

Elise Ann

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Riepilogo

Quando Poppy viene attaccata da un vampiro per strada, la sua vita cambia per sempre. Mentre la violenza si diffonde, l'alfa Gray del branco dei Lupi Perduti sa che solo il Castello dei Vampiri può aiutarlo a fermare le crescenti minacce. Il cammino di Poppy si incrocia con quello di alfa Gray e, mentre lei cerca protezione, la tensione con i membri del branco è palpabile. Mentre naviga nel pericoloso mondo di vampiri, lupi mannari e politiche di branco, Poppy realizza che potrebbe dover prendere in mano la situazione. Cosa succede quando una donna forte si rifiuta di inchinarsi all'autorità, persino a quella di un potente alfa?

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39 Capitoli

Capitolo 1

Capitolo 1

Capitolo 2

Capitolo 2

Capitolo 3

Capitolo 3

Capitolo 4

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Capitolo 1

Libro 1: La lupa silente

POPPY

Vivere tra i lupi mannari era una sfida, a dir poco. Erano più veloci, più forti e infinitamente più letali di quanto un essere umano potesse mai sperare di essere. Fiutavano la paura o il desiderio da lontano, sfruttando ogni situazione con tutta l'astuzia della loro natura selvaggia. Ma cavolo, lasciavano mance generose.

Quando vivevi alla giornata, contando ogni singolo centesimo, puntavi ai clienti più generosi. Un bel sorriso, qualche attenzione in più e un semplice gesto, come spostarsi i capelli, facevano miracoli. E se non bastava, di solito era sufficiente sfiorare loro una spalla.

Il mio turno da Lenny era appena finito. Avevo i piedi a pezzi e la schiena dolorante. Ma avevo guadagnato quasi il doppio del mio stipendio in mance, quindi non potevo lamentarmi. Avrei avuto abbastanza da mangiare e forse anche qualcosa da mettere da parte per quella settimana.

I lupi mannari mangiavano come se non ci fosse un domani. I vassoi erano così pesanti che a fine giornata sembrava che mi sarebbero cadute le braccia. In effetti, poco prima che il mio turno finisse, stavo quasi per farne cadere uno mentre salutavo dei clienti.

Se fosse successo, avrei perso metà delle mance. Lenny pretendeva che pagassimo di tasca nostra tutto ciò che rompevamo, anche se era colpa dei clienti.

Lenny era un vero stronzo, ma avevo bisogno di quel lavoro, quindi ingoiavo ogni volta il rospo. Per fortuna, ero riuscita a tenere il vassoio in equilibrio e avevo finito il turno con un'altra bella mancia.

Era come manna dal cielo! Avrei avuto abbastanza soldi per bere qualcosa nel locale dove Eva mi aveva invitata quella sera.

Non ero uscita durante la settimana, per compensare l’affitto che avevo appena pagato. Ma spendere soldi solo per il cibo e mettere da parte qualche spicciolo di tanto in tanto non era certo la vita che sognavo.

Anzi, se avessi potuto permettermelo, avrei festeggiato ogni singola occasione! Scatenarmi, ballare, divertirmi... Chi non lo avrebbe voluto?

Così, uscii dal locale senza voltarmi indietro, corsi a casa, feci una doccia veloce e in meno di venti minuti ero pronta.

Stavo giusto aggiungendo l'ultimo tocco di eyeliner quando sentii bussare alla porta. Doveva essere Eva, la mia amica più stretta in quella città.

Non mettevo mai radici nello stesso posto per più di qualche mese. Nemmeno io sapevo esattamente il perché, ma ero sempre stata, in fondo, un’anima solitaria.

Supposi che fosse per questo che mi ero fermata vicino al branco dei Lupi Perduti più a lungo del solito.

«Persa» o «vagabonda» avrebbero potuto essere il mio secondo nome. Vivere tra loro era la cosa più vicina a sentirsi a casa che avessi mai provato.

Comunque, «amica più stretta» significava solo che Eva conosceva il mio nome e sapeva che andavo matta per la pizza e le discoteche. Nel giro di qualche mese me ne sarei andata, e lei si sarebbe dimenticata di me in fretta, come avevano fatto tutti gli altri prima di lei.

Eva ed io ci eravamo conosciute da Lenny circa tre settimane prima. Faceva il turno prima del mio quando avevo iniziato, ma si era fermata per insegnarmi i trucchi del mestiere.

Era scattata subito una bella sintonia tra noi. Nemmeno lei era del posto, ma si era fermata durante il suo viaggio verso sud e non se n'era più andata. Diceva che gli uomini lì erano troppo irresistibili perché potesse pensare di ripartire.

Non potevo darle torto: c'erano degli uomini niente male in quella città. Anche se, a differenza di Eva, non ero così audace quando si trattava di avventure di una notte o partner occasionali.

Eva era una lupa mannara, quindi si sentiva molto più a suo agio con gli estranei di quanto non lo fossi io.

Comunque, avere un'amica lupa mannara aveva i suoi vantaggi. Eva sapeva come spaventare i tipi molesti e non si tirava mai indietro di fronte a un lupo arrabbiato. Nessuno osava infastidirci, né al ristorante né sulla pista da ballo.

«Muoviti!» gridò Eva impaziente da dietro la porta. «La mia amica lavora lì solo fino a mezzanotte. Dobbiamo arrivare il prima possibile per entrare».

Come avesse fatto a farsi amica una buttafuori di uno dei locali più in voga della città restava un mistero. Ma non avevo certo intenzione di lamentarmi, se significava non dover pagare per entrare.

Eva sembrava conoscere tutti e tutti la adoravano, il che voleva dire che nelle ultime tre settimane ero riuscita a entrare gratis in quasi tutti i locali della zona.

Se aggiungevamo qualche ragazzo carino nei locali che ci offriva da bere, le nostre serate fuori erano praticamente a costo zero.

«Sono pronta!» le risposi, afferrando le chiavi e uscendo di corsa dal mio appartamento. «Che la festa abbia inizio!»

Camminammo allegramente verso il centro città, parlando dell'ultima conquista di Eva e ridendo dei suoi tentativi di organizzarmi un appuntamento al buio.

L'aria fredda della notte mi accarezzava il viso, mentre cercavo di mettere da parte i suoi insistenti tentativi di trovarmi qualcuno.

Come avevo già detto, stavo bene da sola. Alcuni uomini alla tavola calda avevano attirato la mia attenzione, certo, ma mai al punto da volerli vedere in un contesto più... privato.

Arrivammo giusto in tempo al locale notturno. L'edificio si trovava sulla via principale, nel cuore della città. Impossibile non notarlo, con tutti quei fari e quelle luci sgargianti.

La lunga fila di persone che speravano di entrare mostrava che era un evento speciale e tirai un sospiro di sollievo quando la buttafuori ci fece cenno di avvicinarci.

«Ciao bellezze! Vi ho riservato un tavolo in fondo», disse l'amica di Eva, aprendo la corda per farci entrare. «Non dimenticatevi di dire il mio nome quando ordinate al bar».

Il modo in cui lo sguardo della donna scivolò sul corpo di Eva mi fece sorgere qualche sospetto su cosa avesse fatto Eva per ottenere quel favore. Era decisamente più che semplice amicizia.

Ma smisi rapidamente di pensarci quando entrammo nell'area principale. Oh. Mio. Dio, pensai. ~Il locale è enorme!~

Eva si girò verso di me con un sorriso smagliante, gridando eccitata. Non avrei potuto essere più d'accordo! La serata sarebbe stata da urlo!

La musica era assordante, il posto era gremito e la gente ballava ovunque: nei corridoi, sulle scale, perfino negli angoli più improbabili.

Dopo aver sistemato i nostri drink gratuiti al tavolo riservato, ci buttammo in pista, ballando con uno sconosciuto dopo l’altro e scaricandoli appena diventavano troppo appiccicosi.

Alla fine di ogni canzone, Eva spariva per scolarsi un altro drink, quasi più velocemente di quanto il barista riuscisse a prepararlo. Uno dei vantaggi di essere una lupa mannara, supposi.

Ubriacarsi era difficile, ma non impossibile, a causa del loro metabolismo estremamente rapido. Avevo sentito dire che bevevano principalmente per il gusto, ammesso che riuscissero a percepirne uno oltre alla sensazione di bruciore provocata dall’alcol.

I drink erano buoni, ero d'accordo, ma non avevo molti soldi e temevo ancora di doverli pagare in seguito, quindi mi accontentai dell’euforia data dal primo drink e continuai a ballare.

Verso le due del mattino, però, la stanchezza ebbe la meglio su di me, e i piedi cominciarono a farmi male.

Cercai Eva con lo sguardo e la trovai intenta a baciarsi appassionatamente con un tipo biondo, pieno di tatuaggi. Onestamente, non capivo come potesse semplicemente baciare uno sconosciuto e portarselo a casa. Non lo conosceva nemmeno!

Mi si poteva pure definire all’antica, ma anche se non mi affezionavo facilmente, avevo comunque bisogno di un minimo di conversazione e di un po’ di corteggiamento prima che un uomo potesse sperare di sedurmi.

Sorrisi alla mia amica e indicai l'uscita, facendole capire che stavo andando a casa. Lei annuì e mi salutò con un cenno della mano, senza staccarsi dalle labbra del ragazzo se non per un rapido respiro.

Vai così, ragazza, pensai ridacchiando tra me e me mentre mi dirigevo verso l’uscita.

La notte era fresca, soprattutto rispetto alla sensazione di caldo e affollamento dentro il locale. Mi avvolsi rapidamente le braccia intorno al corpo, strofinando la pelle per scaldarmi.

Non vedevo taxi in giro, ma non mi importava più di tanto: decisi di tornare a casa a piedi. Certo, mi facevano male i piedi, ma con l’aria fresca della notte sulla pelle, il dolore sembrava già attenuarsi.

E poi, casa mia non era troppo lontana. Anzi, quella passeggiata mi avrebbe fatto bene per schiarirmi un po’ le idee e smaltire l’alcol. Il mattino sarebbe arrivato presto e non volevo sprecare i miei due giorni liberi con i postumi della sbornia.

Camminavo canticchiando tra me e me, ripensando a quanto fosse stata fantastica la serata e, ancora meglio, a quanto sarebbe stato meraviglioso il giorno successivo.

Che lusso! Niente Lenny che mi urlava contro, niente vassoi pesanti da portare in giro. Solo io, la mia coperta e magari un buon libro.

Un'improvvisa sensazione di freddo mi fece fermare. Girai la testa, mentre i peli sulla nuca si rizzavano.

Ero a un incrocio, a soli due isolati da casa. Ma c'era qualcosa che non andava. Non sapevo come facessi a saperlo, ma lo sapevo. Non c'era alcun suono. Nessuna auto. Nessuna persona. Niente.

Non ero così lontana dal centro città. Avevo camminato forse sette o otto isolati, quindi ci sarebbero dovute essere ancora persone in giro, giusto? O forse avevano avvertito la stessa inquietudine che stavo provando io... ed erano andate via.

Così, quando un'ombra emerse dall'edificio alla mia destra, indietreggiai istintivamente. Mi voltai per seguire il movimento che avevo percepito, ma non vidi nulla.

Vidi un'altra ombra muoversi con la coda dell'occhio e mi girai di nuovo. Il mio corpo si irrigidì, i sensi in massima allerta.

Avevo la sensazione che ci fosse solo una presenza nei paraggi... ma quella creatura non era umana. E non era nemmeno un lupo mannaro.

E questo mi metteva i brividi. Avevo passato abbastanza tempo tra i lupi mannari da sapere come comportarmi, o quantomeno cosa aspettarmi da loro.

Gli umani, invece, erano così prevedibili che non avrei mai avuto paura di un vagabondo qualsiasi.

L'ombra si mosse di nuovo e, questa volta, i miei occhi videro un ragazzo, a pochi passi da me. Deglutii a fatica.

C'era qualcosa di... strano in lui. I suoi occhi erano gialli, non luminosi ma spenti. Come se dentro non ci fosse più alcuna traccia di vita.

Fece un passo avanti e il sorriso inquietante che si allargò lentamente sul suo viso sembrava essere vuoto e privo di vita, proprio come i suoi occhi.

Un brivido mi percorse la schiena mentre facevo istintivamente un passo indietro. Ma lui continuava ad avvicinarsi, e con quelle gambe lunghe e magre colmò sorprendentemente la distanza tra noi.

«Buonasera, lupa», disse, con una voce fredda che mi fece rabbrividire ancora di più.

«Io… io non sono una lupa», balbettai, alzando le mani davanti a me. Se si trattava solo di un malinteso, magari mi avrebbe lasciata andare.

«Credo che tu abbia sbagliato persona», suggerii gentilmente, cercando perfino di abbozzare un sorriso rassicurante.

Lasciami solo arrivare a casa.

Lo sconosciuto fece un altro passo verso di me. La sua risata riecheggiò, fredda come il ghiaccio, mentre le labbra si piegavano in un ghigno che metteva in mostra i denti.

Aspetta un attimo... Zanne? Cazzo!

E in un lampo si scagliò contro di me.

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