
Il mio obiettivo finale
Lei ha delle regole: tenere gli affari puliti, proteggere il cuore a ogni costo e, soprattutto, non innamorarsi mai di un atleta borioso. Lui ha una reputazione: sconsiderato, implacabile e impossibile da ignorare. Lei guida un’azienda con disciplina di ferro, mentre lui lotta per dimostrare di essere molto più dei titoli dei giornali. Nessuno dei due ha intenzione di valicare confini, ma quando la manager con tutto da perdere si scontra con il calciatore di successo con tutto da provare, le regole del gioco cambiano.
Le battute si trasformano in scintille, le scintille in caos e, all’improvviso, le regole non contano più. Conta solo il modo in cui lui la fa ridere, la sfida e le fa dimenticare ogni piano che abbia mai fatto.
Capitolo 1
IRELAND
Non ero sicura che indossare una giacca di pelle nera sopra un top corto nero, jeans aderenti sbiaditi e le mie Converse nere consumate fosse abbastanza per entrare nel locale senza attirare qualche sguardo giudicante.
Ma a quel punto, onestamente, non me ne fregava un accidente. Non avevo tempo di tornare a casa e cambiarmi con un vestito corto e tacchi alti.
Era l'addio al nubilato della mia migliore amica e avevo appena finito la revisione finale con il mio team di un gioco da proporre; qualcosa che, potenzialmente, avrebbe potuto portarci all’accordo più importante della nostra carriera. Solo quello mi aveva già prosciugato tutte le energie.
Avrei dovuto essere lì già da un'ora. Un'ora intera. Quindi sì, al diavolo tutto.
Non mi era mai importato vestirmi elegante per occasioni del genere. Non ne vedevo il senso, a meno che non fosse obbligatorio, come per un evento di lavoro o una festa formale.
Se proprio dovevo mettermi in ghingheri, lo facevo. Ma quella era solo una serata tra amiche a bere fino a sbronzarsi. Perché rendersi la vita più complicata?
Almeno, con il mio outfit, potevo sedermi, piegarmi o inciampare senza la costante preoccupazione di mostrare le mutande agli sconosciuti. Meglio comoda che alla moda, no?
Mentre camminavo lungo il corridoio buio che portava all'ingresso del locale, fui subito accolta dal caos: gente già ubriaca, il lampo acuto delle luci stroboscopiche e musica elettronica ad alto volume che sembrava un martello che mi colpiva la testa.
Il basso era così forte che lo sentivo vibrare attraverso il pavimento. Era il tipo di posto che ti faceva girare la testa anche se eri completamente sobria.
Corpi troppo vicini gli uni agli altri; persone che si strusciavano come se stessero facendo un provino per un film porno; e un persistente miscuglio di alcol, profumo, sudore e qualcos’altro che preferivo non identificare.
Feci una smorfia. Di sicuro non era il genere di locale che frequentavo di solito, ma mi ricordai che quella serata non era per me. Era per Samantha.
Mi guardai intorno sperando di vedere qualcuna del nostro gruppo, ma avrei dovuto immaginarlo. Il locale era strapieno.
Sentendomi disperata, tirai fuori il telefono e mandai un messaggio ad Amber.
Incredibile. Quelle stronze.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo. Per quanto avessi voglia di girarmi e uscire senza mai voltarmi indietro, non potevo abbandonare l’addio al nubilato della mia migliore amica. Non dopo che mi aveva scelta come sua damigella d’onore.
Con un respiro profondo, sistemai la borsa sulla spalla, raddrizzai le spalle e mi preparai a farmi strada tra la folla.
Spingendomi tra corpi che si strofinavano, schivando braccia che si agitavano ed evitando più di un drink rovesciato, raggiunsi le scale e finalmente arrivai al secondo piano.
Una cameriera, grazie al cielo, mi accompagnò al nostro tavolo riservato. La zona VIP era leggermente meno caotica, cosa che apprezzai più di quanto potessi esprimere a parole.
Mi lasciai quasi cadere nel morbido divanetto rivestito di velluto e mi tolsi la giacca. La buttai sul sedile accanto a me e presi il menù delle bevande, al centro del tavolo.
Avevo appena iniziato a sfogliare le pagine quando una voce bassa e roca mi sussurrò all’orecchio sinistro, facendomi sobbalzare.
«Ciao, bellissima».
Trasalii, quasi facendo cadere il menù, e mi girai con un'espressione che probabilmente sembrava voler fulminare qualcuno.
Oh, perfetto. Una frase da rimorchio. Classico.
I miei occhi si posarono su un uomo che, purtroppo per il mio orgoglio, era incredibilmente attraente. Stava sorridendo in modo sicuro, arrogante persino, il che rendeva chiaro che era abituato a questo genere di cose. Il suo fascino irradiava da lui come un profumo costoso.
Mi guardai intorno, momentaneamente stordita. Forse speravo che le mie amiche fossero finalmente arrivate o forse cercavo solo una conferma che non stesse davvero parlando con me.
Non ero abituata a essere avvicinata così. I locali non erano esattamente il mio ambiente abituale.
Mi appoggiai leggermente allo schienale e inclinai la testa.
«Sì?» dissi.
Tese una mano con un piccolo sorriso disarmante.
«Sono Micah. Prometto che non sono fastidioso e sicuramente non sono un serial killer. Mi chiedevo solo se volessi un po' di compagnia».
Fissai la sua mano per un secondo, prima di prenderla con riluttanza. La sua stretta era calda, il suo tocco sicuro. Cercai di non analizzare troppo il suo approccio, ma stavo già facendo esattamente quello.
Alle sue spalle, notai un gruppo di quattro ragazzi nel tavolo accanto, tutti intenti a guardarci con un misto di divertimento e curiosità. Dovevano essere suoi amici e anche loro erano decisamente belli. Ma quando il mio sguardo si posò sull’ultimo del gruppo, qualcosa dentro di me andò in cortocircuito.
Era stupendo, il tipo di uomo la cui sola presenza rendeva l'aria più densa. Aveva capelli corti e scuri, occhi intensi sotto quelle sopracciglia perfettamente arcuate, una mascella scolpita con la giusta quantità di barba e tatuaggi che scendevano lungo il collo e intorno alle sue braccia toniche.
E quei muscoli? Magri, forti e pericolosi. Sembrava essere stato scolpito dagli dèi solo per far perdere la testa alle donne. Lo odiavo per questo.
Mi costrinsi a spezzare l’incantesimo e tornai a guardare l’uomo accanto a me.
«Micah, giusto? Piacere di conoscerti». Gli rivolsi un sorriso tirato.
Lui annuì, sfoderando un sorriso ancora più brillante, chiaramente soddisfatto di sé. «Allora che ne dici?»
Mantenni un'espressione leggera, quasi allegra. «Senti, le mie amiche stanno per arrivare. Quindi grazie per l’offerta, ma sto bene così. Sono sicura che ci siano altre ragazze qui dentro che farebbero carte false per passare del tempo con te».
Indicai la pista da ballo, dove diverse donne stavano palesemente cercando di spogliare con lo sguardo lui e i suoi amici.
Guardò in quella direzione, ma la sua attenzione tornò su di me altrettanto rapidamente. Ci fissammo per un momento, il suo sguardo stranamente intenso. Alla fine, un sorriso storto tirò gli angoli della sua bocca.
«Wow! È un rifiuto netto?»
Non risposi, ma l’espressione sul mio viso parlava da sola.
Lui rise, alzando le mani in segno di resa.
«Ok, ho capito. Visto che non vuoi la mia compagnia, posso almeno sapere il tuo nome?»
«Umm... mi chiamo Ireland».
Annuì e mi rivolse un altro di quei sorrisi che avrebbero potuto farmi vacillare, se fossi stata una donna più debole.
«Ci vediamo in giro, Ireland».
E così, senza aggiungere altro, se ne andò. Lo seguii con lo sguardo, sbattendo lentamente le palpebre, cercando di capire che diavolo fosse appena successo.
Non mi aspettavo di essere avvicinata, tanto meno corteggiata, ma la serata aveva chiaramente altri piani.
Mentre guardavo di nuovo verso l'altro tavolo, i miei occhi incontrarono quelli del semidio. Mi stava ancora guardando, studiandomi. Sentii il calore salirmi sul collo.
Le sue labbra si piegarono appena e non riuscivo a decifrare quel gesto. Era un mezzo sorriso? Una smorfia? O una curiosa combinazione dei due?
Qualunque cosa fosse, rendeva il suo viso ancora più pericolosamente bello.
Non avevo idea di come gestire quel livello di fascino con un minimo di grazia, così feci l’unica cosa che potevo fare: finsi che nulla mi avesse minimamente colpita e tornai a fissare con decisione il menù delle bevande.
Girai la pagina per mantenere l'illusione di calma, ma il cuore mi batteva ancora forte nel petto. Sentivo il suo sguardo su di me, il peso di quegli occhi che mi sfiorava la pelle come elettricità statica prima di un temporale.
Qualunque cosa ci fosse tra noi, era troppo strana e troppo carica per essere niente.
Scossi la testa e cercai di concentrarmi sui nomi dei drink, ma un pensiero continuava a pulsare più forte del basso che martellava attraverso il locale.













































