Goldy Lomotey
Mi svegliai in una camera da letto che sicuramente non era la mia e girai lentamente intorno ammirando ogni dettaglio, dalle pareti grigio acciaio ai poster di automobili, persino la piccola scrivania con un computer portatile.
Mi avvicinai alla cassettiera accanto al letto e osservai la mia mano che si spostava lentamente verso la maniglia.
"La cameriera andrà a chiamarla. Torna subito qui", sentii una voce severa che mi fece fermare la mano.
"No", udii la voce di Giovanni prima di notare la maniglia della porta girare.
Corsi velocemente verso il letto e mi ci gettai sopra.
"AHHH!" urlai mentre rimbalzavo sul materasso e atterravo sul pavimento.
"Cosa stai facendo?" sentii Gio chiedere ridacchiando. Mi misi lentamente a sedere e guardai verso la porta dove lui si trovava con uno sguardo imbarazzato.
"Niente", risposi velocemente, alzandomi in piedi.
"Mmm", borbottò, entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
"Cosa c'è che non va?" domandai mentre si sedeva sul letto accanto a me.
"Niente. Come ti senti?" cambiò argomento.
Mi morsi il labbro e scrollai le spalle. "Me la caverò", risposi piano, evitando il suo sguardo.
"Puoi parlare con me".
Feci un respiro profondo e scossi la testa. "Sto bene", mentii.
"Non è vero... guardami", sussurrò mentre mi metteva un dito sotto il mento e mi girava la testa verso di lui.
Alzai lentamente lo sguardo e mi mordicchiai il labbro fissando la sua espressione intensa.
"Io… vedo il suo corpo ogni volta che chiudo gli occhi".
"Lo so, principessa. Ma alla fine passerà, fidati". Appoggiò con delicatezza il palmo sulla mia guancia e sorrise dolcemente.
Lasciai che il mio viso affondasse nella sua mano e sorrisi a mia volta. Incrociò i suoi occhi con i miei e iniziò ad avvicinarsi lentamente.
"I tuoi genitori mi hanno detto di dirti... oh, mi dispiace", esclamò una signora vestita da cameriera entrando nella stanza.
Lui alzò gli occhi e si capì subito che era infastidito, ma ero felice che fosse entrata in quel momento. Aveva ancora una fidanzata, o qualunque cosa fossero l'uno per l'altra.
"Va tutto bene", la rassicurai, allontanandomi da lui.
"Cosa volevano che mi dicessi i miei genitori?" chiese alla cameriera tenendo gli occhi puntati su di me.
"La cena è pronta", lo informò lei piano, guardando per terra.
"Bene. Puoi accompagnare la mia ospite nella stanza libera in modo che possa darsi una rinfrescata?" domandò lui, alzandosi e dirigendosi verso la porta di fronte al letto.
La cameriera annuì e mi guardò timidamente. Mi alzai adagio, evitando gli occhi di Gio, e la seguii.
Attraversammo la camera e il corridoio, passando davanti a molte, moltissime stanze, fino a raggiungere quella degli ospiti. Seguii lentamente la cameriera dentro, stupefatta.
"È bellissima".
"Proprio così", rispose nervosamente.
"Io sono Luna", le porsi la mano con un sorriso.
"Cataleya", rispose stringendola.
"Ehm, dov'è la doccia?" Lei indicò una porta di fronte al letto.
"È lì, signorina".
"Chiamami Luna, Cataleya", la esortai con un piccolo sorriso.
"Va bene, signorina Luna".
"No, solo Luna", ridacchiai, scuotendo la testa.
"Okay, Solo Luna", ripeté, guardandomi con curiosità.
"Cosa? No, io..."
"So cosa volevi dire, Luna", le sfuggì una risatina.
Sorrisi e indicai il bagno mentre mi avviavo in quella direzione. "Dovrei fare la doccia adesso".
"Va bene", annuì.
Entrai nel bagno e mi lavai velocemente con una spugna in più che mi aveva dato lei.
"Cataleya?" la chiamai piano uscendo dal bagno. Mi guardai intorno ma vidi solo una stanza vuota.
Mi diressi verso il letto e notai un bellissimo abito da sera sul letto. Asciugai e idratai rapidamente il mio corpo prima di indossare il vestito.
Mi sedetti allo specchio e applicai il lucidalabbra e il mascara. Mi alzai e guardai il mio riflesso, prima di rendermi conto che l'abito aveva una cerniera sul retro che non avevo chiuso.
Mi allungai all'indietro e iniziai a girare su me stessa cercando di tirare su la zip.
"Cosa stai facendo?" sentii Gio chiedere da dietro di me.
Smisi di girare e lo guardai, mordendomi timidamente il labbro. Stava benissimo. Indossava una camicia bianca con un paio di jeans neri e si era sistemato i capelli all'indietro.
Notai che aveva lasciato volutamente due bottoni in alto slacciati.
Mi mordicchiai il labbro nervosa e guardai i tacchi che Cataleya aveva lasciato lì per me, consapevole fin troppo bene che lui si era accorto che lo stavo squadrando.
"Stavo cercando di chiudere la zip del mio vestito", dissi piano girandomi per mostrargliela.
Avvertii le sue mani calde sulla schiena e mi irrigidii. Mi rilassai solo quando il profumo della sua colonia prese il sopravvento sui miei sensi.
Sentii le ginocchia indebolirsi e sarei caduta se le sue mani non mi avessero raggiunto la vita per tenermi in piedi. Mi girai lentamente per guardarlo con aria imbarazzata.
"Stai bene?" mi chiese con un'espressione preoccupata.
"Mmm-mmm. Sì, grazie". Scrutai i suoi bellissimi occhi e mi morsi il labbro, facendo scendere il suo sguardo sulla mia bocca.
"Dovremmo andare", borbottò prendendo la mia mano nella sua e accompagnandomi verso la porta. Intrecciò le nostre dita e io non mi opposi, ma rimasi in silenzio mentre lo seguivo da vicino.
"Dov'è la ragazza?" sentii una voce chiedere quando arrivammo nella sala da pranzo. Timidamente mi spostai accanto a Giovanni e mi morsi il labbro nervosa.
"Salve", salutai sottovoce. Alzai lo sguardo per vedere Bebe che veniva verso di me e sorrisi mentre mi abbracciava forte. Mi prese la mano e mi fece sedere di fronte a lei con Gio accanto.
"Ah, quindi sei tu quella che sembra piacere così tanto a mio figlio".
Guardai il padre di Giovanni che era identico a lui e lo fissai con gli occhi spalancati prima di scuotere la testa.
"È lei", intervenne Gio appoggiando la mano sulla mia coscia.
Rimasi zitta, pensando che non volesse che i suoi genitori sapessero di Brittany.
"Non sembra un granché", commentò suo padre, squadrandomi dall'alto in basso.
Mi morsi il labbro e abbassai di nuovo lo sguardo.
"Penso che sia bellissima. Dentro e fuori. Inoltre, è meglio di quella Brittany", obiettò Bebe, rivolgendomi un sorriso caloroso.
La ricambiai e giocherellai con le dita in grembo.
"Certo che sì", borbottò il padre di Gio. "Non fraintendermi, è bellissima, ma resterà con noi quando lo scoprirà? Ti vuole solo per lo status e i soldi?"
Giovanni si irrigidì accanto a me e capii che si stava arrabbiando. Misi delicatamente la mia mano sulla sua appoggiata ancora sulle mie ginocchia.
"Con tutto il rispetto, signore, non voglio nulla da Gio né da nessun altro della sua famiglia. I miei genitori mi hanno cresciuta meglio di quanto potessi desiderare.
Non ho bisogno di status o di denaro. Non mi serve niente da voi e, quanto a restare nei paraggi, non ho intenzione di andarmene", dichiarai con la massima calma possibile.
Il padre di Giovanni mi fissò con gli occhi sbarrati prima di sorridere e battere la mano una volta, e giuro di aver visto un misto di orgoglio e rispetto balenare nel suo sguardo.
"Mangiamo", esclamò ridacchiando. "Mi piace", bisbigliò a Gio con un occhiolino.