Nathalie Hooker
Aurora
Accoppiamento...
Orma...
Coppia significativa...
Vero amore...
Crescendo nella società dei lupi, ho sentito spesso queste parole nel nostro villaggio.
Sì, hai letto bene. Società dei lupi.
Sono un lupo mannaro. Che tu ci creda o no, noi esistiamo. Infatti, viviamo tra gli umani, a loro insaputa.
Di solito, camminiamo tra le persone nella nostra forma umana e sviluppiamo la capacità di trasformarci in lupi solo una volta compiuti i diciotto anni.
E quando questo accade, troviamo il nostro compagno.
Vedi, la Dea della Luna ha progettato un compagno significativo per ognuno di noi. E una volta che lo troviamo, non amiamo nessuno tranne quella singola persona per il resto della nostra vita.
Non molti di noi hanno questa possibilità, però. Al giorno d'oggi, è raro che un lupo trovi la sua metà.
Soprattutto perché il nostro numero diminuisce ogni giorno di più, a causa della caccia incessante che ci danno umani e inseguitori ribelli.
I miei genitori sono stati alcuni dei pochi fortunati a potersi sposare con il proprio compagno.
Mio padre incontrò mia madre a un raduno dei villaggi vicini e si innamorò subito perdutamente. Sfortunatamente, però, mia madre morì mentre dava alla luce me: Aurora Craton.
Mio padre si risposò a causa del dolore e la sua seconda moglie, che divenne la mia matrigna, prese le redini della famiglia Craton.
Mio padre era un guerriero del nostro branco, il gamma per essere più precisi, ma cinque anni fa ha perso la vita mentre era in servizio.
Ora, a solo qualche giorno di distanza dal mio diciottesimo compleanno, non riesco a trattenere il nervosismo all'idea di incontrare finalmente il mio lupo.
E, cosa più importante, trovare il mio compagno.
"Aurora! Hai finito con il bucato? La cena è pronta", gridò la mia matrigna dall'interno della casa.
"Sto arrivando, Montana", gridai mentre appendevo l'ultimo indumento al filo. Per un istante rivolsi il viso al cielo, godendomi il calore che il sole offriva.
Era una vista rara, poiché vivevamo in un piccolo villaggio chiamato Iliamna, in Alaska.
Il nostro branco, chiamato Luna di sangue, viveva tra gli umani, che non erano a conoscenza della nostra esistenza.
Quando entrai in casa, fui accolta dall'orrendo grugno della mia matrigna.
"Perché ci hai messo così tanto? Sto morendo di fame!" abbaiò.
"Avresti potuto iniziare senza di me", dissi a mezza voce mentre mi sedevo a tavola e davo la prima forchettata al piatto.
Una cosa, però, bisognava riconoscerla a Montana: la sua cucina era eccellente.
"Allora, Rory... tra un paio di giorni diventerai maggiorenne, giusto?" chiese la mia matrigna.
Alzai lo sguardo dal piatto, cercando di intuire dove volesse andare a parare. "Eh? Oh... sì", borbottai, riportando la mia attenzione sul mio pasto.
"Sai... è ora che tu inizi a guadagnare i tuoi soldi. La pensione di Rodrick inizia a scarseggiare".
La guardai di nuovo, quasi soffocando il mio cibo. "Scusa?"
"Sì, già non erano molti soldi, cara. Per di più, doverla dividere tra noi due non ha fatto altro che consumarla più in fretta", disse, decisa, "Quindi ho preso la decisione di fare il tuo nome per la casa del leader. Hanno un disperato bisogno di cameriere, dato che è la festa di compleanno dell'alfa".
"Hai fatto cosa!?" gridai, scattando in piedi. La sedia alle mie spalle cadde con un tonfo sordo".Come hai potuto?"
"Ora, ora, Rory! È ora che tu dia una mano con le spese qui", rispose Montana, con un sorriso mellifluo, quindi incrociò le braccia.
"La festa dell'alfa è uno dei più grandi eventi dell'anno. Hanno bisogno di tutto l'aiuto possibile".
Poi, alzando le sopracciglia, aggiunse: "Pensaci: forse incontrerai il tuo compagno quella notte".
Non potevo crederle. Non riuscivo a trovare le parole per esprimere la mia indignazione, quindi mi limitai a sbuffare con forza, e corsi in camera mia. Non potevo più sopportare la sua presenza.
Non è che fosse una cattiva persona: in fondo, mi aveva praticamente cresciuta dopo la morte di mio padre.
Era così fastidiosa, però, alle volte. Soprattutto quando dava per scontato che qualsiasi cosa decidesse per me fosse la scelta migliore.
Presi il mio telefono e video chiamai la mia migliore amica, Emma Johnson.
"Ehi amica!" mi salutò lei, con un'orribile maschera nera sul viso.
"Che diavolo hai sulla faccia?" Le chiesi, alzando un sopracciglio.
"Oh, è una maschera al carbone", disse lei, indicandosi il viso con un dito, "Tracy me l'ha raccomandata, così ho deciso di provarla". Quindi diede un'alzata di spalle, infilandosi un Cheetos in bocca.
"Allora, qual è il piano per il tuo compleanno?", proseguì Emma, trattenendo a stento un gridolino. "Devi essere super eccitata per il fatto che stai per compiere diciotto anni. Incontrerai il tuo compagno!", gridò con gioia.
Alzai gli occhi al cielo.
"Io non vedo l'ora di compiere diciotto anni", proseguì Emma Emma.
"Prima di tutto" la interruppi io, "non sono sicura che incontrerò mai il mio compagno. Sai che è qualcosa che accade solo una volta nella luna blu".
Quindi mi rotolai sul letto e abbracciai il mio orsacchiotto. "Oltretutto, il giorno del mio compleanno lavorerò, quindi non posso fare molto".
"Cosa vuol dire che lavorerai quella sera?", sussultò Emma. "Oh mia Dea. Non hai mica..." Mi lanciò uno sguardo sospettoso.
"No, non io. Ma Montana sì". Dissi alzando di nuovo gli occhi al cielo.
"Cosa?! Perché l'ha fatto?" chiese Emma, sconcertata.
"Ha detto che sarebbe stato il modo migliore per me di trovare il mio compagno".
"Oh, andiamo! Non può fare sul serio!". Le narici di Emma dilatarono dall'indignazione. "A volte davvero non capisco la tua matrigna, amica".
"Sì, beh... non c'è molto che io possa fare. Andrò allo stupido ballo, lavorerò la notte, guadagnerò i miei soldi e tornerò a casa". Dissi, soffocando uno sbadiglio.
"Beh... se lo dici tu...", rispose Emma, poco convinta. Quindi proseguì: "Ti chiamo più tardi. Mi tolgo questa cosa dalla faccia e prendo qualcosa da mangiare. Ti voglio bene, tesoro", disse, saltando fuori dal letto.
"Io di più".
Riattaccai e mi distesi sul letto.
È davvero così importante per me trovare il mio compagno?
Non è nemmeno più così comune.
E se fosse un tipo strano?
Una domanda dietro l'altra si rincorsero nella mia mente, prima che il sonno prendesse il sopravvento.
Mi svegliai un paio d'ore dopo. Scesi dal letto e mi diressi al piano di sotto per scoprire che ero sola in casa.
"Montana deve essere uscita", pensai ad alta voce prima di tornare nella mia stanza. Non avevo voglia di mangiare, quindi non mi disturbai a preparare qualcosa per la cena.
Come al solito, la mia matrigna era fuori, quindi non dovevo preoccuparmi neanche di lei. Ma le sue stupide parole continuavano a ripetersi nella mia mente.
Che succede se incontro il mio compagno quella notte?
Me ne andrò subito con lui?
Gli piacerò? Mi piacerà?
"Ugh! È così fastidioso!" sbuffai, stringendo il cuscino.
Il giorno dopo, mi svegliai con il rumore martellante di colpi sulla porta della mia camera.
"Sono sveglia, sono sveglia!" Gridai. Mi girai e mi alzai dal letto. Quindi mi trascinai verso la porta e l'aprii. La mia matrigna si affacciò nella stanza.
"Cosa vuoi?" chiesi.
"Tesoro, dovresti essere già vestita a quest'ora. Devi essere a casa del capo tra un'ora", disse lei sorridendomi.
"Perché?" chiesi, esasperata.
"Cosa intendi per 'perché'? Ne abbiamo già parlato, Aurora", ribatté lei.
"No, non l'abbiamo fatto! Hai preso la decisione per me!" risposi, alzando la voce. "Sai una cosa? Andrò, e spero di trovare il mio compagno, così che possa portarmi via da questo posto e da te!" e le sbattei la porta in faccia.
Un'ora dopo ero vestita e stavo andando a casa del capo, borbottando su quanto fosse miserabile la mia vita.
Ancora non sapevo che...
"Probabilmente dovrei scusarmi con Montana quando torno a casa", pensai a un certo punto, tra me e me.
Mentre mi avvicinavo alla casa, non potevo fare a meno di sentirmi infastidita dalla sua grandezza: era esageratamente enorme.
Quante persone vivevano qui?
Una guardia attendeva all'ingresso. Mi squadrò dalla testa ai piedi, prima di parlare.
"Motivo della visita?"
"Umm, sono stata assunta come cameriera per aiutare con la celebrazione della festa dell'alfa", risposi, un po' intimidita.
"Nome?" chiese, tirando fuori una cartellina.
"Oh, um... Aurora Craton, signore", riuscii a squittire.
La guardia fece scorrere un dito sulla lista, quindi annuì. Mi ci volle un secondo per capire che significava che potevo entrare.
Ero stata a casa del leader solo una volta, quando mio padre era ancora vivo.
Avevo circa sei anni e stavamo giocando insieme nel parco quando lui fu convocato per una riunione urgente.
Dato che non aveva nessun altro con cui lasciarmi con così poco preavviso, mi portò con sé.
Ricordo che mi aveva fatto sedere su una sedia appena fuori dalla sala riunioni.
"Resta lì, Rory. Non ci metterò molto". Mi aveva accarezzato la testa ed era entrato in una stanza piena di altri lupi mannari.
Mentre ero seduta lì, un uomo enorme in fondo al corridoio aveva girato l'angolo e si era diretto a passo svelto verso di me.
Aveva lunghi capelli neri come l'inchiostro, occhi scuri come l'onice e un orribile squarcio sul viso.
Accanto a lui c'era un ragazzo, con una zazzera degli stessi capelli neri e occhi azzurri. Stava discutendo con l'uomo più anziano.
"Ma io sono il futuro alfa, papà! Dovrei essere alla riunione con te!"
Erano l'alfa del branco e suo figlio.
"Non sei ancora pronto per incontri come questo, figliolo", aveva risposto l'alfa con con voce piatta e sguardo fermo.
Quando si erano avvicinati a dove ero seduta, ero scivolata velocemente dalla sedia e avevo chinato la testa in segno di rispetto.
Era quello che mio padre e gli altri abitanti del villaggio facevano sempre quando vedevano l'alfa.
I due non hanno dato segni di notare la mia presenza, anche se erano in piedi proprio di fronte a me. Continuarono semplicemente a discutere.
"Hanno ucciso mia madre! Quei bastardi l'hanno uccisa e voglio che paghino!" aveva urlato il bambino a suo padre.
Stava tremando e le lacrime minacciavano di scendere dall'angolo degli occhi.
Suo padre era rimasto lì, senza espressione, prima di parlare finalmente.
"Figlio, quando sarà il momento, ti unirai a noi nella sala riunioni. Ma per ora, continua con le tue lezioni di difesa", aveva detto l'uomo mentre afferrava il pomello della porta.
"Vendicherò tua madre", aveva detto l'alfa con tono grave, prima di scomparire dietro la porta.
Avevo sollevato appena la testa per vedere il ragazzo che fissava la porta. I suoi occhi erano rossi di lacrime non versate, le sue mani erano strette nei pugni.
Alla fine mi aveva notata. Si voltò verso di me con uno sguardo, asciugandosi rapidamente le lacrime con il braccio.
"Da quanto tempo sei lì? Chi ti ha fatto entrare?", aveva chiesto, continuando a fissarmi.
"Um... papà è stato chiamato per una riunione importante con l'alfa e gli anziani, signore". Risposi rapidamente, chinando la testa ancora una volta.
"Chi è tuo padre? Come si chiama?" aveva chiesto, ancora non convinto.
"Rodrick Craton, signore", avevo risposto agitando le mani.
"Craton? Tuo padre è il gamma?" aveva chiesto, più pacatamente questa volta.
All'epoca non avevo molta familiarità con gli status del branco. Sapevo che c'era l'alfa, il leader. Poi c'era il beta, il suo secondo in comando.
E il gamma, che era responsabile della strategia e dell'organizzazione di tutti gli eventi e le riunioni.
Poi c'erano gli anziani, i guaritori - o lupi medici -, i guerrieri, gli inseguitori e i pacificatori.
Allora sapevo che papà aveva un ruolo importante nel branco, ma non capivo ancora quanto grande fosse.
"Um... sì?" risposi.
"È una risposta o una domanda?", aveva ribattuto in modo beffardo.
"Um... risposta, signore. Mio padre è il gamma", dissi, cercando di parlare con più sicurezza.
Mi guardò per un momento, poi scosse la testa e agitò la mano in segno di congedo.
"Continua con... qualsiasi cosa tu stia facendo, immagino". E con questo, aveva girato i tacchi e se ne era andato.
"Tu, laggiù!" fui riscossa dai miei ricordi dal suono di qualcuno che mi urlava contro.
Una signora sulla cinquantina stava camminando verso di me il più velocemente possibile. Il suo viso era adornato da un cipiglio.
"Sei una delle cameriere volontarie per il gala?" mi chiese schietta.
"S-Sì signora. Sono Aurora Craton, signora", dissi, chinando la testa.
Sentii un leggero tocco sulla mia spalla e alzai la testa per vedere la signora che si teneva la mano sulla bocca.
"Rory?" chiese lei.
"Sì, signora", risposi, non capendo il suo cambio di atteggiamento.
Lei mi sorprese lanciandosi in un grande abbraccio.
"Oooh, Rory! L'ultima volta che ti ho visto eri solo una bambina. Guarda come sei cresciuta!" Mi spinse indietro, squadrandomi dalla testa ai piedi.
"Hai già trovato un compagno?", chiese.
"Ummm, no, signora. Non avrò diciotto anni ancora per un paio di giorni. Ti... ti conosco?". chiesi.
"Oh! Mi dispiace, bambina mia. Io sono Kala. La capo cameriera della casa del capo e la levatrice del villaggio. Conoscevo tuo padre, quando era il gamma del branco. Conoscevo anche tua madre".
Il suo volto divenne triste. "Ero lì il giorno in cui lei..." si interruppe. "Mi dispiace di non averla potuta salvare, cara".
Le misi una mano sulla spalla per rassicurarla. "Va tutto bene, Kala", dissi con un sorriso. "È un piacere conoscerti".
"Allora, sei qui per aiutarci per la grande serata di domani, eh?" chiese, mentre iniziava a camminare nella direzione da cui era venuta.
La seguii.
"Sì, signora. La mia matrigna ha fatto il mio nome. Mi dispiace dire che non sapevo nemmeno che fosse necessario un aiuto", dissi, grattandomi la testa con un dito.
"Beh, grazie a Dio l'ha fatto. Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile", disse lei. Mentre parlava, aprì due grandi porte dorate che conducevano a un'enorme sala.
Non c'è da stupirsi che abbiano bisogno di tutto l'aiuto possibile, pensai.
Quel posto era enorme!