Kelsie Tate
ELLA
Dopo essermi scontrata con Zane e Mariah, tornai in cucina, furiosa. Sembrava che non fosse cambiato nulla dopo tutto quel tempo.
"Cos'è successo?" chiese mia madre, guardando il cibo rovinato.
Alzai gli occhi al cielo. "Qualcuno mi ha sbattuto una porta addosso". Mia madre sbuffò e tornammo al lavoro, sostituendo il vassoio caduto.
"Tesoro, puoi portare quest'acqua a Declan? Sta per finire".
"Sì", risposi. Spinsi il carrello con le brocche attraverso la sala da ballo fino al bar. "Ecco l'acqua, Dec".
"Grazie, Ells, mi hai salvato. Questi ragazzi svuotano i drink più velocemente di quanto io riesca a prepararli". Gli feci un sorriso caloroso prima di tornare indietro.
All'improvviso, mi schiantai contro il petto di un uomo, solido come un muro di mattoni. "Mi dispiace, scusami". Abbassai la testa in segno di sottomissione, sperando che, chiunque fosse, mi lasciasse passare.
Ricevetti un grugnito in risposta e alzai lo sguardo per incontrare quello di Zane. Spalancai gli occhi e indietreggiai istintivamente. "Perdonami, alfa", mormorai a bassa voce, uscendo di corsa dalla stanza.
Tornai in cucina, in iperventilazione. Mia madre mi raggiunse subito, con la voce preoccupata. "Ells Bells, cosa c'è che non va? Cos'è successo?"
"Non di nuovo", riuscii a farfugliare, passandomi le mani sul viso e tra i capelli. Scivolai lungo il lato dell'isola e mi sedetti sul pavimento, con le ginocchia al petto.
"Non di nuovo?" Mia madre era confusa. "Ella, cosa sta succedendo?"
"N-non r-riuscirei a sopportare tutto di nuovo. L'ho dimenticato! La mia attrazione per il legame è f-finita!" balbettai, cercando di controllare il respiro. "Ma lui è ovunque!"
Mia madre si chinò davanti a me, appoggiando le mani sulle mie ginocchia. "Sapevi che sarebbe stata dura, anche dopo due anni. Fai un respiro profondo e ricordati che non siete compagni".
Inspirai a fondo, ripensando alla sofferenza che Zane mi aveva causato.
Il dolore straziante del rifiuto e i mesi di offese verbali da parte dei membri del branco. Lui non aveva dovuto affrontare tutto ciò, se l'era squagliata per due anni.
"Nessuno mi vuole, mamma. Non sono niente. Sono solo una piccola omega insignificante", borbottai.
"Ella, tu non sei una nullità! Chi te l'ha fatto credere?" chiese Sophie severa.
"Tutti, mamma! Hai visto come mi trattano alcune di queste persone. Per tutta la mia vita, il branco mi ha mostrato il mio posto. È per questo che Zane mi ha rifiutata. Non ero abbastanza per lui".
Vedevo la rabbia negli occhi di mia madre. Fece un respiro profondo e mi accarezzò i capelli. "Tesoro, tu sei abbastanza per la persona giusta per te".
Dopo un po', decisi di alzarmi e di continuare il mio lavoro. La serata si concluse senza altri incidenti e mandai mia madre a casa.
"Posso occuparmi io della cucina, tu vai a casa a riposarti. Tornerò presto". Le diedi un bacio e la salutai.
Pulii e misi via i vassoi, riempii i contenitori con gli avanzi e li riposi nel frigorifero, lavai i piatti e riordinai la cucina.
Infine, impilai tutte le scatole in un angolo per portarle in magazzino la mattina dopo. Mi tolsi il grembiule e mi avviai verso l'uscita della casa del branco.
Quando aprii la porta e misi piede fuori, per poco non mi scontrai di nuovo con lui!
"Ci rivediamo, omega". Zane mi guardò, con un sorrisetto sul volto.
Ero stanca e non ero dell'umore giusto. "Ho un nome, sai". Lo superai e iniziai a scendere lungo la collina.
"E quindi, cosa vorresti dire?"
Mi voltai verso di lui. "Mi stai seguendo?"
"Sì".
"Beh, smettila".
Mi afferrò la mano e io trasalii. "Pensavo che avessimo già chiarito come devi rivolgerti al tuo alfa".
Alzai gli occhi al cielo. "Sono esausta, possiamo finirla qui? O meglio ancora, possiamo rimandare a domani..."
"Finire cosa?" Mi fissò confuso.
"Zane, ovviamente sei qui per lanciarmi altri offese. Mi hai già rifiutata, lasciami in pace", gemetti.
"Ella", replicò, guardandomi dritto negli occhi, "non sono qui per essere crudele".
Risi amaramente. "Certo che lo sei. Altrimenti perché mi staresti parlando?"
Zane alzò le spalle. Strappai la mano dalla sua presa e mi allontanai di nuovo.
"Esatto. Quindi, a meno che non si tratti della tua colazione di domani, per favore, lasciami stare. Hai già fatto abbastanza".
Zane ringhiò prima di risalire la collina.
Non riuscivo a crederci. Mi sdraiai sul letto a fissare il soffitto. "Che faccia tosta, quel tipo!" pensai ad alta voce.
Sentivo la mia lupa guaire sommessamente nella mia testa. Perché non ci lascia in pace? Forse ci vuole!
"Ne dubito", risposi mentre mi addormentavo.