I confini della ragione - Copertina

I confini della ragione

Michelle Torlot

Capitolo 4

DAMON

Sbatto la porta del mio studio talmente forte che il suono riecheggia in tutta la stanza. Mi dirigo verso la scrivania e spazzo via tutto quello che c'è sopra, compreso l'elenco dei tributi che stavo guardando prima.

Come diavolo si permette alfa Stone a mandarmi una nanerottola tanto patetica con una lupa quasi selvaggia? Beh, può riprendersela, lo costringerò a mandarmi un tributo adeguato.

Raccolgo il telefono dal pavimento. Per fortuna è ancora intero. Comincio a comporre il numero, ma con la coda dell'occhio vedo un lampo. Sta per arrivare un temporale.

Mi viene in mente la nanetta incatenata fuori, ma allontano subito il pensiero. Non è un pensiero umano: è il mio lupo che mi spinge queste immagini nella testa.

"Un buon alfa protegge i più deboli", mormora.

È una frase che ho già sentito, e il mio lupo lo sa bene.

***

DICIOTTO ANNI PRIMA.

Guardo i pugni di mio padre che si abbattono sull'uomo di fronte a lui. Non si è nemmeno preoccupato di trasformarsi… Non ne ha bisogno.

Lo guardo con occhi sbarrati mentre continua a picchiare duro. Quest'uomo ha mancato di rispetto a mio padre davanti al resto del branco, quindi ora io e tutti i miei compagni siamo costretti ad assistere alla sua punizione, e forse anche alla sua morte.

Papà ha insistito perché iniziassi presto il mio addestramento da alfa. Non ho ancora un lupo, ma lui insiste che devo imparare. Anche mio fratello Marcus mi osserva, sporgendosi in avanti con impazienza a ogni nuovo colpo.

Marcus è più grande di me di due anni e sta già prendendo lezioni. Mia madre non ne è contenta, pensa che otto anni siano troppo pochi. Nonostante ciò, mio padre è l'alfa e la sua parola è legge, anche per mia madre.

Io sono felice. Voglio imparare. Voglio diventare un buon alfa come lui.

L'avversario di mio padre cade a terra, ma non si rialza. Si trascina in ginocchio davanti a lui e gli porge il collo.

Mi aspetto che mio padre lo uccida, ma non lo fa. Gli tende una mano e lo aiuta ad alzarsi. È acciaccato, sanguinante e malconcio, ma è ancora vivo.

"Va' dal guaritore", gli ringhia mio padre.

L'uomo si allontana zoppicando e papà viene verso di me e Marcus.

Alzo lo sguardo su di lui. "Perché non l'hai ucciso?" Gli chiedo.

Mio padre sorride e si inginocchia in modo da guardarmi dritto in faccia.

"Un buon alfa protegge i più deboli. A volte dobbiamo far capire ai membri del nostro branco che sono più deboli di noi, ma quando lo riconoscono e si sottomettono a noi, è il momento di mostrare loro misericordia.

"È il momento di proteggerli, perché così impareranno cosa significa essere guidati da un vero alfa".

Mio fratello sgrana gli occhi, ma per sua fortuna mio padre non se ne accorge. Se lo avesse visto, Marcus si sarebbe trovato in un mare di guai.

***

PRESENTE

Scuoto la testa. Maledetto lupo. Ecco perché non ha ucciso quella di Ember James, anche quando era chiaro che lo meritasse. Ha bisogno di protezione, non solo di una punizione. Credo di essere d'accordo, ma non riesco a farmelo piacere.

Riprendo a comporre il numero di qualcuno che, al contrario, posso punire eccome. Conrad Stone non è un debole, ma è un pessimo alfa. È ora di dargli una lezione.

"Stone", sospira quando risponde al telefono.

Ancora non sa che sono io, ma presto lo verrà a sapere.

"A che diavolo di gioco stai giocando, Stone?" Ringhio. "Mi hai mandato una nanerottola inutile. Sapevi che la sua lupa è praticamente selvatica? È per questo che l'hai spedita qui?"

Riesco quasi a sentire l'odore della sua paura al telefono, e quando risponde sento un tremito nella sua voce. Vigliacco!

"Selvatica?" Ansima. "Perché le hai permesso di trasformarsi? Le femmine non hanno il controllo sui loro lupi, ecco perché non permetto loro di trasformarsi! Se lo fanno, ci sono i maschi a disposizione, pronti a sottometterle".

Alzo gli occhi al cielo. Non posso credere alle parole di questo bastardo. Ecco perché la lupa di Ember mi era apparsa tanto aggressiva. Eppure, anche un lupo aggressivo non è così stupido da sfidarne un altro quattro volte più grande di lei, e di sicuro non un alfa.

"Te la rispedisco indietro, voglio che mi mandi un guerriero al posto suo", ordino a Stone.

Segue un lungo silenzio.

"No. Non posso… Non voglio che torni… Sarebbe una situazione insostenibile".

Stringo la mascella. Quindi Stone pensa di potermi appioppare i suoi problemi. "Che situazione?" Ringhio.

Esita, ma sa che è meglio non mentire. "È stata rifiutata dal suo compagno. Lui è una risorsa preziosa per questo branco, mentre lei non serve più a nulla ora".

Sento il mio lupo cominciare ad agitarsi, brama di uscire allo scoperto. Vuole fare a pezzi alfa Stone. Lo respingo.

A differenza della piccola Ember James, io ho il pieno controllo del mio lupo, ma per quanto riguarda Conrad Stone siamo sulla stessa lunghezza d'onda

Faccio un respiro profondo. "E la sua famiglia? Dove sono?"

Conrad sospira. "I genitori sono morti… Ha un fratello. Gli ho detto che è meglio così".

Stringo i denti. Forse è meglio per Stone, ma non per Ember James, e nemmeno per suo fratello. "Prenderò il fratello come tributo", ringhio.

Conrad balbetta al telefono. "Ma… No… Tu… Lui è il mio gamma", sbotta alla fine.

Guardo verso la finestra. Ember è un gamma? Se il fratello lo è, allora lo è anche lei; i ruoli del branco sono tramandati da membro a membro della stessa famiglia. Quello di gamma è un ruolo importante, è il terzo in comando se dovesse succedere qualcosa all'alfa e al beta.

Ma allora perché Stone me l'ha mandata come tributo? Non ha senso.

"Perché l'hai spedita qui, se è una gamma? Perché non mi hai mandato il suo compagno?" Chiedo.

Stone sbuffa una risata. "Le femmine non hanno valore in questo branco, inoltre, senza un compagno non mi serve a nulla".

Non riesco a credere alle mie orecchie, ma tutto quello che è successo prima comincia ad avere un senso. "Mandami qui il fratello, o verrò a prenderlo personalmente.

"In quel caso, quando me ne andrò non resterà nulla di te e del tuo branco", ringhio.

"Ma… ma…" Ricomincia a balbettare Stone.

"Fallo arrivare al punto di prelievo domani all'alba, o non vivrai abbastanza a lungo per pentirtene", sbraito.

Chiudo la telefonata con foga, poi vado alla finestra e guardo fuori. I lampi squarciano il cielo e la pioggia cade a catinelle.

Guardo la lupa sotto di me, incatenata al palo. Giace immobile, il mucchio di carne intatto ai suoi piedi.

"Proteggi i più deboli", mi ripete il mio lupo. A volte lo odio, soprattutto quando so che ha ragione.

Esco dal mio ufficio. La casa è tranquilla: la maggior parte del branco si è ritirata nelle proprie stanza, tranne Joshua, che siede in salotto con un bicchiere di whisky in mano. Alza lo sguardo quando passo.

Mi fermo e lo guardo. Lui aveva visto quello di cui io non mi ero accorto? Sospiro. Certo che sì. È il mio beta. Fare l'avvocato del diavolo fa parte del suo lavoro. Avrei dovuto ascoltarlo.

"Voglio portare la lupa dal medico del branco", lo avviso. "Ho bisogno che torni nei territori del branco della Luna Calante per prelevare un altro tributo".

Joshua mi guarda e aggrotta le sopracciglia. "Un altro?"

Annuisco. "Quel bastardo di Stone sapeva esattamente cosa stava facendo quando ci ha spedito qui la nanetta. Non si aspettava che la lasciassimo vivere. Ora dovrà mandare un altro tributo, altrimenti il trattato è da considerarsi nullo, chiaro?"

Joshua annuisce. "Ti farò sapere se ci sono problemi".

Esco e mi dirigo verso la lupacchiotta. Mentre mi avvicino sento già il suo respiro affannoso. Non mostra alcuna intenzione di volersi svegliare.

Piove talmente forte che sento l'acqua gocciolarmi dalle punte dei capelli. Lei ha il manto bagnato fradicio. Quando mi abbasso per toglierle il collare d'argento mugola, ma gli occhi rimangono chiusi.

"Trasformati", ringhio. Il mio comando da alfa si fa sentire.

Sento le sue ossa scricchiolare e riassestarsi. È un processo un po' più rapido rispetto a quando si è trasformata da ragazza a lupa, ma non è comunque un bello spettacolo.

Una volta tornata in forma umana, Ember giace nuda e tremante. Dalle labbra le sfuggono dei piccoli singhiozzi.

La prendo tra le braccia. Non pesa praticamente nulla.

"Mi dispiace", mormora tra i denti.

La zittisco e mi stringo il suo corpo esile al petto, sperando che il mio calore la riscaldi un po'. Ha dei lividi viola scuro addosso, i segni della caduta di quel pomeriggio, quando uno dei miei lupi l'aveva scaraventata a terra.

Mi metto in collegamento telepatico con il medico del branco. Vive nel nostro ospedale, quindi quando arrivo è già pronto e ci aspetta.

Sono sicuro che sa chi è Ember. Dopo la scenata di prima, ora tutto il branco lo sa.

La adagio su uno dei letti. "Devi sedare la sua lupa… Non ne ha il controllo". Esito prima di aggiungere: "E il suo compagno l'ha recentemente respinta".

Il dottore annuisce in segno di comprensione. Ora capisco perché la sua lupa ha deciso di sfidarmi. Desiderava morire, ma io non le permetterò di arrendersi così facilmente.

Mentre il medico cerca di infilarle l'ago nella pelle, Ember tenta di liberarsi, così le afferro le mani e gliele blocco sopra la testa. "Stai ferma, Ember", le ordino, "è per il tuo bene".

Non lo dico con il tono dell'alfa, ma lei obbedisce comunque, mugolando mentre l'ago le entra nella gamba. Dopo pochi secondi i suoi occhi cominciano a chiudersi, ma l'espressione del viso è di pura agonia e mi mette a disagio.

Ora è abbastanza debole che non ho più bisogno di tenerla ferma. Senza pensarci troppo, alzo una mano per accarezzarle delicatamente la guancia, dove scende una lacrima.

"Dormi, Ember", le dico, sforzandomi di sembrare gentile. "Ti terremo al sicuro. Ora sei una di noi".

"Proteggi i più deboli". Ecco cosa mi ha sempre insegnato mio padre… Ed è esattamente quello che intendo fare.

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