Jessica Morel
Guardando la porta grigia e anonima del numero 14 di Pearl Street non si potrebbe mai immaginare cosa si nasconda alle sue spalle. Sono le 21.00 di un venerdì sera, e i newyorkesi in tenuta da discoteca si affrettano a camminare in tutte le direzioni, senza quasi degnare di uno sguardo l'ingresso non segnalato.
Un uomo di mezza età in abito a tre pezzi, con i capelli raccolti in una pettinatura ordinata, si ferma a contemplare la porta come se non l'avesse mai vista prima.
La sua mano destra è posizionata in modo protettivo sulla schiena del suo compagno, un uomo magro sui vent'anni, con la postura di un coniglio spaventato, come se potesse scappare da un momento all'altro.
L'uomo più anziano si guarda intorno come per assicurarsi che nessuno stia prestando loro attenzione, poi bussa con decisione alla porta: due colpi, una pausa, poi altri tre.
Un uomo corpulento, con l'atteggiamento imperturbabile di un buttafuori, apre e lancia a entrambi uno sguardo di valutazione. "Buonasera, senatore Taylor", dice. "Il controllo dei vestiti è al solito posto. Il suo amico la sta già aspettando".
Il senatore Taylor fa un brusco cenno di assenso e spinge il suo compagno all'interno. Una volta chiusa la porta, si rivolge al buttafuori. "Non pronunciare mai più il mio nome dove la gente lo può sentire, imbecille", sibila.
Il buttafuori fa un'alzata di spalle senza scusarsi. "Mi dispiace, senatore. Il suo sottomesso viene con lei o l'aspetta alla porta come un bravo ragazzo?"
"Viene con me", sbotta il senatore. "Non ha dimostrato di sapersi gestire da solo senza supervisione. Non è vero, Connor?"
"Sì, padrone", dice prontamente il giovane, quasi con un tono robotico.
Poi, camminando con il passo sicuro di un habitué di questo locale, il senatore Taylor gira l'angolo e raggiunge una grande cabina armadio. "Spogliami, schiavo", ordina.
Connor inizia a togliere con cura la giacca del senatore, scuotendola prima di appenderla a una gruccia di legno, seguiti dal gilet, dalla camicia, dalla cintura e dai pantaloni. Appendendo ognuno a una gruccia differente.
Al di sotto di tutto, il senatore Taylor indossa un attillato body di pelle nera con cinghie incrociate su di un petto sorprendentemente muscoloso, con minuscoli pantaloncini che lasciano poco all'immaginazione.
"Adesso spogliati anche tu", dice, "e in fretta. Non dobbiamo far aspettare il nostro ospite".
***
Il club è molto più grande di quanto sembri dall'esterno.
Al di là della sala di controllo degli abiti, una receptionist con il suo body in pelle offre braccialetti di colori diversi agli avventori che entrano. Alle sue spalle, un lungo bar occupa una parete, di fronte a una specie di pista da ballo.
Ma la maggior parte delle persone non ballano: si baciano, si palpeggiano, si frustano, si contorcono, in due, o tre, o in gruppi più numerosi. In fondo alla parete c'è un palco rialzato con un'enorme croce di Sant'Andrea, per ora vuoto.
Una porta a destra del palcoscenico conduce all'interno dell'edificio, in stanze private dove gli avventori possono consumare i loro tormenti più intimi.
Ai bordi della pista da ballo ci sono tavoli e separé color rosso vino, e a uno di questi tavoli siede una donna sulla settantina, austera e completamente vestita, con l'aria leggermente sdegnata di chi si sente fuori luogo.
Il senatore Taylor le si avvicina, tenendo Connor a un guinzaglio che è attaccato a un collare chiodato. "Siediti", ordina, e Connor si mette a sedere accanto al separé.
"Sinceramente, James", dice la donna osservando il senatore Taylor accomodarsi a sua volta accanto a lei, "non c'era un posto più... decoroso dove poterci incontrare?"
"Hai interrotto il mio intrattenimento del venerdì sera, Fiona", risponde il senatore. "Il minimo che puoi fare è venire tu da me. Inoltre, non c'è niente di meglio di questo posto per quanto riguarda la privacy. Che succede?"
"Abbiamo un problema", gli risponde Fiona. "Michael è morto".
"Merda". Il senatore Taylor emette un fischio basso. "Non sapevo nemmeno che fosse malato".
"Nessuno di noi lo sapeva", interviene Fiona. "Sembra che stesse giocando a carte coperte".
"Comunque, qual è il problema? Ora che ce ne siamo liberati non lo avremo più tra i piedi. Voglio dire" - le lancia un'occhiata inquisitiva- "mi dispiace per la tua perdita e tutto il resto…"
"Mio figlio l'ho perso molto tempo fa", dice la donna, con tono tagliente. "Questo però introduce una nuova variabile in una situazione già instabile".
"Quale nuova variabile? Con la scomparsa di Michael, il consiglio di amministrazione nomina un nuovo amministratore delegato. Noi due siamo i due quinti del consiglio di amministrazione, non dovrebbe essere difficile trovare qualcuno che sia favorevole ai nostri interessi".
"Se il mondo procedesse in modo ordinato, sì. Ma sembra che Michael avesse le sue idee. Hanno già letto il testamento".
Il senatore Taylor fischia di nuovo. "È stato veloce. Quindi ha nominato un successore?"
Fiona sorride in modo ironico. "Indovina".
"Aspetta, Scarlett?" Il senatore Taylor si sporge in avanti, dissolvendo ogni traccia di disinvoltura. "Ma la conosce a malapena! Ha fatto uno stage in azienda per due estati e da quello che ho sentito non è interessata a far carriera. È per questo che mio figlio ha deciso di rompere con lei, in effetti".
"Ed è per questo che ti ho chiamato". Fiona appoggia una mano su quella del senatore Taylor. "Hai più informazioni su mia nipote di quante ne abbia io. Non ho mai parlato con la ragazza: pensi davvero che rifiuterà il posto di amministratore delegato quando le verrà offerto?"
"Difficile dirlo. Jase dice che non le interessa ricevere favori e che non ha lo stomaco per la leadership. Ma quando ti capita una cosa del genere tra le mani…"
"Possiamo fare qualcosa per incoraggiarla a rifiutare?"
Il senatore Taylor sospira, allontanando la mano. "Ci penserò. Tu sì che sai come rovinare la serata di un uomo, Fiona".
La donna stringe le labbra e si alza. "Ti lascio al tuo divertimento, allora. Buona serata". Attraversa la stanza, con i tacchi che ticchettano contro il pavimento di piastrelle dure.
Il senatore Taylor aggrotta le sopracciglia, poi rivolge la sua attenzione a Connor, che si trova seduto a terra ai suoi piedi. Il giovane non ha mosso un muscolo durante tutta la conversazione. "Non hai sentito nulla di tutto ciò, capito?"
"Sì, padrone", dice Connor, con gli occhi ancora spalancati da coniglio spaventato.
Il senatore si alza in piedi. "Ho bisogno di sfogarmi un po', dopo questa brutta notizia, e ho un nuovo frustino che voglio provare. Vieni". Strattona bruscamente il guinzaglio e trascina Connor verso le stanze private.